domenica 25 aprile 2021

II DOMENICA DI PASQUA (11 aprile 2021)

Il punto è che per credere non basta che uno ti dica: ho visto il Signore. Io potrei anche dirvi di aver visto gli extraterrestri o la Madonna, ma i casi sono due: o vi fidate ciecamente di me e di quello che vi dico, oppure no, e fino a quando la Madonna o gli extraterrestri non li vedete anche voi, non potete 

sapere se vi sto mentendo o se dico il vero. . Per quanto riguarda la risurrezione di Gesù è la stessa cosa. Domenica scorsa leggevamo i versetti del vangelo di Giovanni dove si racconta l’incontro di Gesù Risorto con Maria Maddalena, e oggi abbiamo letto il seguito, quello che accadde la sera, e poi quello che accadde otto giorni dopo. La Maddalena aveva detto ai discepoli che aveva visto Gesù risorto, ma essi non le credettero fino a quando non lo videro anche loro. E così Tommaso, che quella sera non era presente, non credette a quello che gli dissero i suoi discepoli: solo quando lo vide risorto ci credette. Vuol dire che non sempre per credere basta fidarsi. Occorre farne esperienza diretta, come per tutte le cose. Ma c’è un’altra cosa ancora più importante: o credere in certe cose ci cambia la vita, in meglio, o altrimenti credere non serve a nulla. Io, personalmente, credo alla comunità scientifica che assicura che bisogna vaccinarsi, e non vedo l’ora di vaccinarmi, però poi, saranno solo i risultati positivi o negativi a dirmi se la mia fiducia era riposta bene o male. Così come io non ho difficoltà a credere a quelli che mi dicono che in quel ristorante si cucina la trippa più buona della Brianza, ma se a me la trippa non piace, questo fatto non interessa niente. So che Napoleone è morto il 5 maggio, conosco la poesia del Manzoni “Ei fu”, però la mia vita, coi suoi problemi, va avanti lo stesso uguale anche se fosse morto il giorno dopo e se non conoscessi la sua vita o se nemmeno sapessi chi è Napoleone. Lo stesso vale per la risurrezione di Gesù. Vederlo risorto, cambiò la vita dei suoi discepoli: da conigli divennero leoni, come testimoniano le pagine degli Atti degli Apostoli che la liturgia ci propone in tutto il tempo di Pasqua. Se così non fosse stato, non sarebbe nato il cristianesimo e noi non saremmo qui. Ma noi siamo punto a capo, perché noi non abbiamo visto il Signore risorto. Se siamo qui è perché ci crediamo, e ci crediamo perché ci fidiamo non solo di quello che videro i suoi discepoli, ma soprattutto perché quello che videro cambiò la loro vita completamente. Ma neanche questo è sufficiente. Occorre che anche noi possiamo fare in qualche modo la loro esperienza, e soprattutto che questa esperienza cambi la nostra vita completamente, altrimenti resta solo un’operazione intellettuale, come sapere a memoria una poesia. Ecco, il vangelo di oggi e tutti i vangeli che raccontano l’incontro di Gesù risorto coi suoi discepoli, sono scritti, lo scrive Giovanni nell’ultimo versetto del vangelo di oggi, perché crediamo che Gesù è il Figlio di Dio, ok, ma, aggiunge, perché, credendo, abbiamo la vita nel suo nome. Cioè, perché questo credere ci cambi la vita, se no non serve a niente credere. Ma sono scritti per farci capire in che modo noi oggi possiamo fare la stessa esperienza che fecero i discepoli che videro queste cose, per dirci: guardate che noi non siamo meno fortunati di loro. E il vangelo di oggi ci dà almeno tre indicazioni importanti. Essi videro Gesù, anche Tommaso, la sera, in mezzo a loro, e riconobbero che era lui per via dei segni della crocifissione che aveva sul corpo, altrimenti non lo avrebbero riconosciuto, questo è fondamentale. Cosa ci sta dicendo l’evangelista? La sera richiama l’ultima cena, quindi l’eucaristia, e i segni della croce richiamano l’amore assoluto di Dio che Cristo ha manifestato sulla croce. Quindi ci sta dicendo: Gesù risorto, oggi come allora, né più né meno, si rende presente in mezzo a noi con la sua parola e col suo corpo e il suo sangue quando celebriamo l’eucaristia, quando siamo riuniti nel suo nome (dove due o tre sono riuniti nel mio nome, io sono in mezzo a loro), come adesso, ma il suo corpo è fatto dai volti di tutti gli uomini e le donne che noi siamo chiamati ad accogliere come fratelli prendendoci cura delle loro ferite con lo stesso amore di Dio (dove c’è l’amore c’è Dio, possiamo fare esperienza dell’amore di Dio). Vedete dunque come non basta dire il Credo, ma sentire viva la presenza del Signore nella nostra vita e che questa cosa ci cambi la vita, in positivo. Gesù, nel vangelo di oggi, per tre volte ripete “Pace a voi”, e non è un augurio: davvero l’incontro con lui dona pace, cioè piena felicità. E io domando a me, prima di tutto, e a voi: ma davvero è così? Davvero il nostro credo ci fa sentire nella pace in ogni circostanza e ci fa vivere e affrontare la vita, con i suoi problemi, e anche la morte, con uno sguardo diverso o no? Questa è una questione molto seria. La prova che Gesù è risorto siamo noi se cambia in meglio la nostra vita.