domenica 25 aprile 2021

IV DOMENICA DOPO PASQUA (25 aprile 2021)

Nella quarta domenica di Pasqua, conosciuta come domenica del buon Pastore, si celebra la giornata mondiale di preghiera per le vocazioni, e quest’anno cade nell’anno che il Papa ha voluto dedicare a san Giuseppe che, nella sua vita ordinaria, ha compiuto cose straordinarie, e questa è già una prima cosa 

molto bella da considerare. Vocazione vuol dire chiamata: il Signore chiama ciascuno di noi a compiere cose straordinarie nella nostra vita ordinaria, di tutti i giorni, cioè a fare della nostra vita un capolavoro. Pensate che bella prospettiva alzarsi al mattino, soprattutto quando non si ha voglia e subito pensiamo a tutte le fatiche e i problemi che ci aspettano, pensando invece che il Signore non cesserà di accompagnarci con la sua grazia perché possiamo vivere la giornata facendo cose straordinarie. Nel messaggio che il Papa ha scritto in occasione di questa giornata, dice che san Giuseppe ci suggerisce tra parole chiave per la vocazione di ciascuno: sogno, servizio, fedeltà. Io vorrei riprendere le cose che scrive il Papa a proposito di queste tre parole collegandole con le tre brevi letture di oggi. La prima parola è SOGNO. Il Signore parlò a san Giuseppe per quattro volte in sogno. Il sogno indica la nostra interiorità, dove albergano i nostri pensieri e sentimenti più profondi, cioè i nostri desideri, i sogni, appunto, di realizzare la nostra vita. Se questi sogni provengono da Dio noi possiamo fare come san Giuseppe, che si fidò di questi sogni che lo portarono dentro avventure che mai avrebbe immaginato, oppure no. Dipende, e qui mi collego con la pagina del vangelo, se consideriamo o no Gesù il pastore della nostra vita, fidandoci di lui che ci conosce più di quanto noi conosciamo noi stessi, e quindi imparando ad ascoltare la sua voce, la sua parola e a seguirlo. E’ la sua Parola che ci fa capire se i nostri sogni provengono da Dio o da altro. E così veniamo alle altre due parole chiave citate dal Papa che aiutano a capire quando i sogni vengono da Dio o meno. La prima è SERVIZIO. Dai Vangeli emerge come San Giuseppe visse in tutto per gli altri e mai per sé stesso. Ci crediamo che la vita ha senso, che noi ci realizziamo non per quello che abbiamo, non cercando di avere, ma per quello che doniamo agli altri? E qual è la fonte a cui attingere per imparare a vivere in questa logica? È l’Eucaristia. La prima lettura è un delizioso quadretto che spiega quello che può succedere in ogni eucaristia, nel bene e anche nel male. Si dice che nella casa dove i discepoli di Gesù erano riuniti c’erano delle lampade, che rappresentano la Parola di Dio che viene proclamata, ma c’è un ragazzo seduto sulla finestra che invece di ascoltare questa Parola dorme (come capita a tanti di noi quando siamo in chiesa, magari anche adesso), e perciò cade e muore, perché solo Dio ha parole di vita eterna. Ma Paolo scende e lo rianima. Questa è la forza dell’Eucaristia: che uno diventa capace, come Paolo, di dare vita ai morti, di prendersi cura, di mettersi al servizio degli altri, come ha fatto Gesù, con la stessa forza di Gesù che proviene dalla Parola e dal Pane di vita di cui ci nutriamo. È così, è con questo spirito, che dovremmo uscire di chiesa; è questa la vocazione a cui Dio chiama tutti, e poi ognuno vivrà questo servizio a modo suo. Se tra i nostri sogni non c’è il desiderio di voler mettersi liberamente a servizio degli altri, uno può essere prete, suora, coniugato, genitore, dottore, avvocato, muratore, ma non realizzerà mai la sua vita e vivrà sempre come morto, anche se viene a messa tutti i giorni. E così veniamo all’ultima parola indicata dal Papa per capire se i nostri sogni vengono da Dio o no, la parola FEDELTA’. San Giuseppe fu fedele perché in mezzo alle prove non si lasciò dominare dalla paura, non era una banderuola che andava dove va il vento, ma continuò a fidarsi del Signore. E qui diventano illuminanti le parole che Paolo rivolge al giovane Timoteo e che abbiamo letto prima. Ognuno le senta come rivolte a sé. Provo a rileggerle così: non prendere come scusa che sei troppo giovane per osare o troppo vecchio per cambiare, ma sii di esempio nel tuo modo di parlare, di comportarti, di vivere la carità e la fede. Non perdere tempo, non rimandare a domani nel dedicarti a leggere e meditare la Parola di Dio che poi devi annunciare e testimoniare con la tua vita. Non trascurare, ma coltiva i doni che Dio ti ha fatto, perché tutti vedano che tu sei una persona che fiorisce, non che deperisce, e per far questo vigila su di te, cioè non guardare con invidia chi è bravo e con orgoglio e presunzione chi sbaglia, non preoccuparti di voler cambiare gli altri o il mondo, ma cerca di cambiare te stesso in quello che non va e di gioire per le cose buone che fai, e così salverai te stesso e tutti gli altri.