domenica 2 maggio 2021

V DOMENICA DI PASQUA ANNO B (2/05/21)

Le letture di domenica scorsa erano corte e semplici, mentre oggi sono lunghe (soprattutto la prima) e difficili (il vangelo), e meritano una spiegazione adeguata che rimando all’incontro di lunedì sera che si può seguire via internet. Perciò vorrei proporvi una semplice riflessione che ruota intorno a una parola

che compare 9 volte in queste letture, la parola “gloria”. Nel brano degli Atti c’è Stefano che parla della gloria di Dio che si manifesta nella storia delle vicende del popolo di Israele; nella lettera ai Corinzi, Paolo parla della sapienza che Dio ha stabilito per la nostra gloria, e chiama Gesù il Signore della gloria; nel vangelo Gesù parla della sua gloria che egli aveva prima che il mondo fosse; per due volte chiede al Padre: glorificami; per due volte afferma che anche lui glorifica il Padre e dice anche: io sono glorificato in coloro che tu mi hai dato, riferendosi a noi (cioè Gesù dice che in noi risplende la sua gloria). Ma “gloria” è una parola che si ripete almeno 12 volte anche nel rito della Messa: 4 volte nel Gloria (gloria a Dio nell’alto dei cieli, noi ti glorifichiamo, ti rendiamo grazie per la tua gloria immensa, tu solo l’Altissimo nella gloria di Dio Padre); dopo la lettura del vangelo quando tutti dite: gloria a te o Signore; nel Credo quando diciamo che Gesù verrà nella gloria e che lo Spirito santo è adorato e glorificato; nei prefazi che di solito terminano dicendo: cantiamo a una sola voce la tua gloria; subito dopo, nel Santo, quando cantiamo: i cieli e la terra sono pieni della tua gloria; al termine delle preghiere eucaristiche quando si dice: per Cristo, con Cristo e in Cristo, a te, o Padre, è l’onore e la gloria per tutti i secoli dei secoli; infine, dopo il Padre nostro, quando tutti proclamano: tuo è il regno, tua è la potenza e la gloria nei secoli. Per non parlare, infine, di una preghiera che ripetiamo tante volte e che comincia proprio con questa parola: gloria al Padre, e al Figlio e allo Spirito santo. Insomma, questa parola, gloria, è molto inflazionata, ma cosa significa, che cos’è questa gloria di Dio? Mi viene da sorridere perché, se dovessimo analizzarla bene, per spiegare cos’è la gloria di Dio occorrerebbe ancora più tempo che spiegare le letture di oggi. Allora mi limito a dire due cose molto semplici, ma che secondo me sono stupende, che hanno spiegato in alcuni loro interventi sia Papa Francesco sia un grande biblista, padre Silvano Fausti. Nella Bibbia, non solo nelle letture di oggi, la parola “gloria” che compare circa 470 volte, quindi è una parola davvero importante. Padre Fausti spiega come la parola ebraica “gloria”, kavod, vuol dire peso, consistenza, e quindi la gloria indica il peso di una persona, non quello del corpo, se uno è grasso e pesa di più o è magro e pesa di meno, ma quello che vale una persona. “Tu si che vales”, come recita il titolo di un noto talent televisivo, ma questa è la gloria che cercano gli uomini: è quando uno pensa di valere, e quindi cerca la felicità, in base a ciò che ha, a ciò che sa fare, se ha salute, soldi, fama, successo, potere, se è ammirato e lodato da tutti, e così va a finire che poi sta sempre male perché tutta la vita cerca di avere tutte queste cose e di ottenere consenso dagli altri, di essere accettato da tutti, e questo è impossibile: oltretutto, succede che non appena uno ha ottenuto qualcuna di queste cose, poi non gli basta mai. E’ la gloria del mondo di cui parla Gesù. Una gloria vana, cioè vuota, una vanagloria: ci sentiamo vuoti e cerchiamo di riempirci, come quando si ha fame. E a furia di riempirci di cose diventiamo pesanti, non solo nel corpo, ma nello spirito, non riusciamo a volare, siamo schiavi di noi stessi e degli altri e viviamo male la vita. Invece, quanto pesa Dio? Cioè, qual è, cos’è la gloria di Dio, quanto vale Dio? Dio non pesa niente, è leggero come l’aria, perché tutto quello che è che ha lo dona, perché non pensa a sé, ma a donare a noi la sua stessa vita, il suo stesso amore. Lo spiega bene il Papa col suo linguaggio sempre molto semplice e profondo. La gloria di Dio è “amore puro, folle e impensabile, al di là di ogni limite e misura. Quante volte immaginiamo Dio padrone e non Padre, quante volte lo pensiamo giudice severo piuttosto che Salvatore misericordioso! Ma Dio a Pasqua azzera le distanze, mostrandosi nell’umiltà di un amore che domanda il nostro amore. Noi, dunque, gli diamo gloria quando viviamo tutto quel che facciamo con amore, quando facciamo ogni cosa di cuore. La vera gloria è la gloria dell’amore, perché è l’unica che dà la vita al mondo. È il contrario della gloria mondana, che arriva quando si è ammirati, si è lodati, si è acclamati: quando io sto al centro dell’attenzione. La gloria di Dio, invece, è paradossale: niente applausi, niente audience. Al centro non c’è lui, ma noi”. E dunque la gloria di Dio siamo noi quando diventiamo leggeri come Dio perché ci svuotiamo della nostra vanagloria che ci fa riempire di cose pesanti e ci riempiamo della gloria di Dio, del suo amore che riversiamo sugli altri. E il Papa conclude ponendoci una domanda: “Qual è la gloria per cui vivo? La mia o quella di Dio? Desidero solo ricevere dagli altri o anche e soprattutto donare agli altri?”.