domenica 13 giugno 2021

III DOMENICA DOPO PENTECOSTE (ANNO B) 13/06/21

Capire il nesso che unisce queste letture è facile, ma capire cosa questa Parola eterna di Dio continua a ripetere a noi, uomini e donne che viviamo in una società così diversa da quella in cui queste pagine furono scritte, è molto più difficile. Partiamo dal vangelo dove Gesù sancisce l’indissolubilità del 

matrimonio citando la stessa frase che compare nel brano del libro della Genesi poi ripresa anche san Paolo nella lettera agli Efesini, e cioè: l’uomo lascerà suo padre e sua madre e si unirà a sua moglie e i due diventeranno una carne sola. Gesù aggiunge: l’uomo non separi ciò che Dio ha congiunto. Molti sposi scelgono questa pagina del vangelo per la celebrazione del loro matrimonio. Una frase molto impegnativa. Ma come si giustifica questo comando del Signore? Lo spiega san Paolo quando dice: questo mistero è grande: lo dico in riferimento a Cristo e alla Chiesa! “Mistero” non significa qualcosa di misterioso, ma si riferisce al progetto di Dio. Qual è il progetto di Dio? Che l’uomo e la donna che si amano diventino segno, sacramento, dell’amore di Dio per noi. Perché il primo comandamento vieta di farsi immagini di Dio? perché l’immagine di Dio su questa terra è quando un uomo e una donna si amano con lo stesso amore di Dio. Detto altrimenti: vedendo in che modo si amano un uomo e una donna uniti in matrimonio, si dovrebbe vedere il volto di Dio. Per questo il matrimonio è indissolubile, perché l’amore di Dio è indissolubile, non si può stracciare come qualsiasi contratto. Due persone si possono dividere, ma se sono diventati una cosa sola, come Cristo è una cosa sola con noi, se si dividono è come se si mutilassero. Vedete, il matrimonio non lo hanno inventato né gli ebrei né Gesù, esiste da sempre in tutte le culture e le tradizioni del mondo, da sempre, ma nella visione cristiana assume un significato altissimo. Non è un semplice contratto con valore civile che si può stracciare. Non è nemmeno il coronamento dell’amore, quindi non è un di più: se fosse un di più avrebbero ragione quelli che dicono che il matrimonio non aggiunge niente al loro amore. Questo può valere per il matrimonio civile. Il matrimonio cristiano non è il coronamento, ma il fondamento dell’amore tra i due sposi. È chiaro che se una coppia non ha questa visione del matrimonio perché di fatto non vive un cammino di fede cristiana, allora non ha alcun senso che si sposi in chiesa. Detto questo, però, anche per i cristiani, sorgono problemi e domande non da poco, alle quali la Chiesa fa ancora molta fatica a rispondere. Se il vangelo è sempre un annuncio di gioia, in che modo questo comando del Signore è un annuncio di gioia per tante coppie che purtroppo vivono un matrimonio infelice, per cui, per il loro bene, sarebbe meglio invece che si separassero? Come fa ad essere un annuncio di gioia per quelle coppie che sono divorziate e si sono rifatte una vita con un’altra persona? E come fa ad essere un annuncio di gioia per le coppie omosessuali? Vedete, io, personalmente, mi dissocio da tutti quelli che hanno risposte certe e sicure a favore o contro queste situazioni, anche perché non abbiamo nessuna parola certa di Gesù su questi argomenti. Per cui è giusto chiedersi: ma il comando di Gesù è un punto di partenza o di arrivo? L’ideale del matrimonio è certamente questo e tutti i suoi discepoli devono tendere a questo ideale, ma Gesù, nel suo modo di comportarsi, ha sempre tenuto conto della fragile condizione umana e delle tante fatiche della vita, ha mostrato che Dio ci ama così come siamo, senza mai pretendere una perfezione morale che, nel nome del senso del dovere, invece di portare gioia arrivi a provocare frustrazioni e infelicità e quindi, come sta insegnando Papa Francesco, occorre guardare e seguire caso per caso e non esporsi mai a giudizi temerari e affrettati, perché Dio vuole sempre e solo la gioia dei suoi figli. Tra l’altro, se ora ci mettessimo a spiegare bene questa pagina di vangelo, ci accorgeremmo che le cose che dice Gesù sono prima di tutto la risposta a una precisa domanda che gli avevano fatto i farisei, e cioè se era lecito a un marito ripudiare la moglie. Questo perché ai tempi di Gesù, gli scribi e i farisei ritenevano che un uomo potesse ripudiare sua moglie per qualunque motivo, e che questo fosse il volere che Dio aveva comunicato a Mosè. La donna non aveva alcun diritto di decisione, era l’uomo a decidere tutto. E la risposta di Gesù è anzitutto per spiegare che la possibilità concessa da Mosè che un uomo ripudiasse la moglie non corrispondeva al volere di Dio: non è volere di Dio che l’uomo sia padrone della donna, perché uomo e donna godono della stessa dignità e dei medesimi diritti. Una rivoluzione di pensiero, quella di Gesù, che ancora oggi, purtroppo, fatica ancora ad essere accettata, anche nella Chiesa, pur con i tanti passi in avanti che sono stati compiuti. Nei vangeli le donne sono sempre presentate positivamente, contrariamente agli uomini, e addirittura poste ad un livello superiore. Peccato che già nella chiesa primitiva, questo messaggio di Gesù incontrò non pochi ostacoli. E qui, a questo punto, dovrebbe cominciare un’altra predica per spiegare bene le altre due letture che, se non vengono capite bene (e di solito non sono capite per niente), sembrano confermare la superiorità dell’uomo sulla donna, quando invece non è così. Ma di questo parlerò nell’incontro di lunedì sera di spiegazione della Parola di Dio.