domenica 20 giugno 2021

IV DOMENICA DOPO PENTECOSTE (ANNO B) 20/06/21

Chi pensa che Dio è severo e punisce chi sgarra, ad una lettura superficiale delle letture di oggi ne avrebbe la conferma: le città di Sodoma e Gomorra vengono distrutte e la moglie di Lot che si era voltata indietro diventa una statua di sale; nella parabola del vangelo Gesù parla di Dio che si comporta 

come un re che uccide quelli che avevano rifiutato l’invito alle nozze, arrivando ad incendiare la loro città e, non contento, fa legare e gettare fuori dalla sala un invitato che non indossava l’abito nuziale; e per finire san Paolo che fa un elenco di dieci categorie di persone che non erediteranno il regno di Dio, e leggendo l’elenco, ci siamo dentro un po’ tutti, chi più chi meno. Ora, siccome queste pagine della Scrittura si contrappongono a tutte quelle che invece presentano il volto di un Dio completamente diverso, per fortuna, vuol dire che vanno comprese bene, altrimenti si prendono fischi per fiaschi: Dio diventa un tiranno e un assassino oltretutto molto lunatico, una specie di mostro da cui sarebbe meglio fuggire. Partiamo dalla prima lettura e cominciamo col dire che il racconto della distruzione degli abitanti e delle città di Sodoma e Gomorra non è un fatto storico, cioè non è mai accaduto. O meglio. Antiche leggende raccontavano l’esistenza di queste probabili antiche città che sorgevano nella zona intorno al Mar Morto e vennero distrutte da qualche cataclisma. Allora fu redatto questo racconto per provare a spiegarne la causa: evidentemente gli abitanti di queste città avevano compiuto dei crimini incredibili e Dio le aveva distrutte. La liturgia ci ha fatto leggere solo alcuni versetti sparsi qua e là di questo racconto che occupa due capitoli del libro della Genesi. In precedenza, Abramo aveva accolto tre uomini che poi si erano rivelati essere Dio stesso. Il valore dell’ospitalità, a quei tempi, per chi viveva in quelle terre, era ritenuto un obbligo primario. Pensate cosa voleva dire per un pellegrino nel deserto non ricevere ospitalità: voleva dire andare incontro alla morte. Vale lo stesso oggi per tutti i migranti sui gommoni nel Mediterraneo, al di là delle questioni politiche. Come Dio accoglie noi col suo amore, così dobbiamo fare noi gli uni verso gli altri, e chi accoglie l’altro come fratello accoglie Dio come Padre, dirà Gesù. Ebbene, il peccato di cui gli abitanti di Sodoma e Gomorra si sarebbero macchiati e per il quale sarebbero stati puniti, leggendo tutto il racconto, era che non praticavano l’ospitalità, perciò Dio mandò due messaggeri in casa di Lot, il nipote di Abramo che viveva lì, ma gli abitanti, invece di accoglierli, andarono da Lot con la pretesa che glieli consegnasse per poter addirittura abusare di loro, e questa fu la goccia che fece traboccare il vaso e segnò la distruzione delle città, e anche la morte della moglie di Lot che, fuggendo, si voltò indietro, come per dire: dal male occorre prendere le distanze e fuggire, non averne nostalgia. Nel racconto si dice che diventò una statua di sale perché ancor oggi, in quella zona, vi sono stalagmiti di sale di forma quasi umana. Quindi, vedete, questo è un racconto teologico, simile alla parabola di Gesù, che racconta quali sono le conseguenze per chi non accoglie l’amore senza misura di Dio, rappresentato nella parabola dal banchetto nuziale, al quale banchetto i capi del popolo di Israele avevano declinato l’invito a parteciparvi: le conseguenze sono la distruzione, l’annientamento, la morte. In questi racconti è Dio in prima persona ad agire nel compiere questi castighi, comportandosi di fatto peggio di tutti gli altri. Gesù stesso, o l’evangelista, utilizza nella parabola il medesimo modo di pensare di quel tempo, ma è chiaro che le cose non vanno lette così, perché questo stride con il cuore di tutto l’insegnamento di Gesù, quello di un Dio unicamente buono che infonde solo amore e perdono. E quindi, l’insegnamento che si vuol dare è: attenzione, quando noi uomini, invece di ospitare, accogliere l’amore gratuito di Dio e riversarlo sugli altri, lo rifiutiamo, il risultato drammatico è che andiamo incontro solo a morte e distruzione, e quanto questo sia vero è sotto gli occhi di tutti. San Paolo lo spiega ancora meglio: chi vive nella logica del possesso, del pensare solo a sé e ai propri interessi a discapito degli altri, non eredita il regno di Dio, perché non riconosce Dio come Padre, se stesso come figlio, gli altri come fratelli, e quindi si autodistrugge come persona. Notate: Paolo non scrive che chi vive così non merita il Regno di Dio, ma che non eredita il Regno di Dio. L’amore di Dio non si merita, è solo un dono da accogliere, come è appunto un’eredità. Nessuno lo merita, ci è dato gratis. Ma se io non lo accolgo, è come se decidessi di smettere di respirare o di mangiare: cioè muoio. E non è colpa di Dio, ma colpa mia. Capite come, lette così, queste letture, come tutta la Parola del Signore, sono una gioiosa notizia, certo, però, proprio attraverso questo linguaggio forte e drammatico, vogliono stimolarci a non prendere sottogamba le scelte che compiamo, nella consapevolezza che il Signore non cessa di infondere su tutti il suo Spirito, però poi spetta a noi accoglierlo e seguirlo, con tutto ciò che ne deriva.