lunedì 20 giugno 2022

II DOMENICA DOPO PENTECOSTE (ANNO C)

Sono stupende le pagine della Scrittura che ci offre la liturgia di questa domenica. Proviamo a ripercorrerle insieme. Il testo del Siracide, all’inizio loda il Signore per la sua grandezza e le sue misericordie, concludendo che quando uno finisce di enumerarle, sta solo cominciando, e quando si 

fermasse, si sentirebbe sopraffatto. Poi prosegue parlando della piccolezza dell’uomo davanti a Dio, della precarietà della sua vita, così breve, durasse anche cent’anni, che non gli basta nemmeno per capire chi sia l’essere umano, qual è la sua utilità, quale il suo bene e quale il suo male, perché i pochi o tanti giorni di una persona, rispetto all’eternità, sono come una goccia dell’acqua del mare o un granello di sabbia. Come è vera questa cosa. Ho letto che se dovessimo calcolare il tempo trascorso dalla nascita dell’universo a quando sul pianeta terra è comparso l’uomo immaginando che l’universo è iniziato un anno fa, 365 giorni fa, ebbene, il momento in cui è apparso l’uomo sulla terra, rispetto ad ora, sarebbe solo circa 3 secondi fa. Vengono subito in mente le considerazioni e le domande del famoso salmo 8 che mi sarei aspettato di leggere subito dopo, mentre sono state scelte le parole del salmo 135 che loda le meraviglie della creazione. Nel salmo 8 avremmo letto: “se guardo il cielo, la luna, le stelle, chi è mai l’uomo perché tu, o Dio, abbia a ricordartene? Eppure, lo hai fatto di poco inferiore agli dei, di gloria e splendore lo hai coronato”. Secoli dopo, san Paolo, nel brano della lettera ai Romani, riflettendo sulla rivelazione operata da Cristo, conferma questa intuizione del salmo scrivendo: tutta la creazione geme e soffre nelle doglie del parto affinchè nascano figli di Dio. Cosa vuol dire? Vuol dire che quell’uomo che è comparso solo 3 secondi fa rispetto all’universo che è iniziato 365 giorni fa, quell’uomo che sembra niente, è chiamato dal Padre a diventare suo figlio, ad assomigliargli, a diventare come Lui, a immagine di Cristo. Cos’è dunque l’uomo, a cosa può servire, qual è la sua utilità, qual è il suo bene, cioè qual è lo scopo della nostra vita? Diventare figli di Dio, diventare come Dio. Addirittura, dice Paolo, questo riguarda tutta la creazione, nel senso che tutta la creazione è destinata ad essere manifestazione di Dio, non solo gli uomini, ma gli uomini sono le uniche creature dotate di coscienza e di libertà, che possono quindi rispondere o non rispondere a questa chiamata, accogliendo e seguendo lo Spirito santo che il Signore ha riversato su ciascuno, oppure facendo il contrario. Per questo il parto è faticoso e doloroso: siccome figli di Dio non si nasce, ma si diventa assomigliando a Gesù, per diventare uomini e donne nuovi a immagine di Cristo, per essere partoriti come figli a immagine di Gesù, occorre un lungo e lento cammino di conversione. Giudicando il modo in cui vive da sempre l’umanità, capace di compiere cose meravigliose, ma anche i delitti più efferati, è sotto gli occhi di tutti quanto sia lento e difficile questo parto. La storia umana, infatti, continua ad essere costellata da guerre, ingiustizie, malvagità. Perché c’è solo un modo per diventare figli di Dio: riconoscersi figli di questo Dio che è Padre amando gli uomini come fratelli, operando dunque per la giustizia. Ed è quello che Gesù esorta a fare nelle chiarissime parole del vangelo di oggi: cercate il Regno di Dio e la sua giustizia. Ogni tanto, per fortuna, qualcuno, anche tra di noi, risponde a questo appello; spesso, invece, rispondiamo picche. Perché? Perché la nostra unica preoccupazione è: che cosa mangeremo, che cosa berremo, cosa indosseremo? Cerchiamo di capire bene queste parole. Gesù non sta dicendo che dobbiamo vivere a braccia conserte aspettando che tutto ci piova dal cielo. Il cibo e il vestito rappresentano i bisogni fondamentali dell’uomo. Il presupposto è che uno abbia di che nutrirsi e vestirsi. Gesù si sta rivolgendo non a chi vive nella miseria, che non ha di che nutrirsi o vestirsi, ma a chi ha già quanto basta e più di quanto basta per avere una vita dignitosa, eppure, vive la breve esistenza della sua vita con la paura di perdere quello che ha, con l’ansia di accumulare, di avere, di possedere. La crisi economica e il rincaro dei prezzi, anche oggi, in fondo non cambiano di molto il tenore di vita di chi vive nella miseria: nulla aveva prima e nulla continua ad avere. Cambiano piuttosto l’alto tenore di vita di noi che abbiamo più del necessario: per questo stiamo male e scoppiano le guerre. E infatti conclude: invece di preoccuparvi di avere sempre di più, cercate piuttosto il Regno di Dio e la sua giustizia, cioè fate in modo che tutti abbiano di che nutrirsi e vestirsi. Se vi occupate del bene degli altri, volete che il Padre che si occupa di dar da mangiare agli uccelli e a vestire i fiori del campo, non si occupi di voi? Ora, non è che Dio si occupa di noi facendo piovere la manna dal cielo, altrimenti non ci sarebbero fame e ingiustizie nel mondo. Dio si occupa di noi donandoci il suo Spirito che rende gli uomini capaci di superare ogni ostacolo e di occuparsi degli altri, perché nessuno sia nel bisogno. Così si diventa figli di Dio, facendo diventare la nostra vita pane per gli altri, non mangiando gli altri. E questo è il senso dell’eucaristia che la festa del Corpus Domini ci richiama: siamo chiamati a diventare corpo del Signore. Noi partecipiamo all’eucaristia per essere trasformati nel pane di cui ci nutriamo, cioè per essere partoriti come figli a immagine di Gesù. Da qui nasce la domanda che tutti ci interroga: davvero è questo quello che cerchiamo, o le nostre preoccupazioni nella vita sono le altre? Questo è il problema: così facendo andiamo in ansia proprio per quelle cose di cui Gesù ci ha detto di non andare in ansia, e viviamo male la nostra esistenza. Per fortuna, già lo diceva il Siracide, siccome Dio ci conosce bene, allora continua ad avere pazienza, riversando il suo perdono con abbondanza.