lunedì 27 giugno 2022

26/06/22 III DOMENICA DOPO PENTECOSTE (ANNO C)

Cominciamo col dire che da questa domenica in avanti, per capire il criterio col quale sono scelte le letture nel nostro rito ambrosiano, bisogna sempre partire dalla prima lettura. Ogni domenica viene proposta una pagina che segue in ordine cronologico gli avvenimenti della storia della salvezza 

raccontata nelle pagine dell’Antico Testamento, mentre la pagina di vangelo e i brani di san Paolo ci forniscono una delle tante chiavi di lettura con la quali interpretare cristianamente la prima lettura. Purtroppo, si comincia oggi con uno dei testi più importanti e difficili di tutta la Bibbia. Dico purtroppo perché spiegarlo in un’omelia è impossibile, quando lo si spiega in una catechesi vengono due persone ad ascoltare, e così resta un brano ancor oggi compreso poco e male da tutti. C’è chi lo prende alla lettera credendo che sia un racconto storico, che Adamo ed Eva siano due personaggi reali, che all’inizio dell’umanità ci fossero serpenti parlanti e che le mele, a quei tempi, per dirla con una battuta, costassero l’ira di Dio. Anche qui, tra parentesi, è pazzesco che ancora si parli della mela di Eva quando, lo abbiamo ascoltato tutti, nel testo non si parla di nessun albero di mele. Ed è proprio preso alla lettera che induce molte persone a credere che questo racconto sia solo una favoletta. In realtà, questo è un racconto col quale l’antico popolo di Israele provava a rispondere ai grandi interrogativi sul modo sbagliato degli uomini di vivere il rapporto con Dio; sul perché nel mondo ci sono il male, le sofferenze, la morte; quali sono le cause dei conflitti tra l’uomo e la donna. Un racconto mitico, cioè una parabola per raccontare non qualcosa che è accaduto in un tempo lontano, ma che accade sempre, e si usano immagini simboliche, come il giardino, gli alberi, il serpente, che vanno interpretate. Quindi, anche Adamo ed Eva, non sono due personaggi della storia, però sono molto reali, nel senso che Adamo ed Eva siamo noi, sono gli uomini e le donne di sempre. Ora, al di là di tutte le spiegazioni che andrebbero fatte non solo del senso complessivo, ma di ogni singola parola e frase di questo racconto, c’è una frase dell’altrettanto difficile brano di san Paolo, che indica qual è il punto sul quale, chi ha scelto queste letture, vuol farci riflettere in questa domenica, e che giustifica la scelta poi del brano di vangelo molto natalizio. E’ la frase in cui Paolo dice: dove con Adamo abbondò il peccato, per mezzo di Gesù Cristo sovrabbondò la grazia. Cosa sia il peccato emerge nel racconto della Genesi: credere che Dio sia nemico della nostra gioia, che Dio sia un inquisitore che vuole metterci i bastoni tra le ruote, lì pronto a punirci quando sgarriamo, uno da cui fuggire, di cui avere paura. Infatti, quali sono le prime parole che Adamo dice a Dio? “Ho avuto paura”. Questo è il peccato del mondo, il peccato di Adamo, il peccato di ogni uomo: avere di Dio un’immagine distorta, falsa, menzognera. Davvero Adamo ed Eva siamo noi, sono i nostri secondi nomi. Gesù è colui che ci salva da questo peccato, perché è colui che ci rivela il vero volto di questo Dio, un Dio unicamente buono, fonte solo di vita e di amore, di cui non avere paura, da cui non fuggire. Ecco spiegata allora la scelta del brano di vangelo. A Giuseppe viene detto, anzitutto, “non temere”, cioè non avere paura. Il figlio che nascerà da Maria dovrai chiamarlo Gesù, perché il nome Gesù significa appunto “Dio salva”. E’ così che Giuseppe deve chiamare Dio, un Dio degno di fiducia, da cui non fuggire. Se il nostro secondo nome è Adamo ed Eva, il nostro terzo nome, quello più bello, che ci dona il Signore, è Giuseppe e Maria, perché è come loro che il Signore vuole ciascuno di noi.