domenica 5 marzo 2023

05/02/23 II DOMENICA DI QUARESIMA (ANNO A)

Come molti di voi, anch’io ho ascoltato recentemente qualche canzone dell’ultimo Festival di Sanremo e mi hanno colpito quelle di molti cantanti che piacciono ai nostri ragazzi un po’ per la musica (che è tutta uguale, ma pazienza), ma anche perché le parole, i testi, riescono ad interpretare bene i loro 

sentimenti. E occorre prendere atto che sono sentimenti cupi, tristi, angoscianti. Vi faccio degli esempi perché mi sono scritto alcune frasi (lascio da parte tutte quelle volgari, che sono tantissime, e non è un bel segno: vuol dire che c’è un’ignoranza pazzesca, e se della lingua italiana si conoscono solo le parolacce, vuol dire che se ci si mette a fare discorsi seri uno non riesce a capirli). Le frasi che mi sono segnato sono queste: “vite frammentate senza verità; noi perse senza un perché; non so nuotare in una vasca piena di squali; io lavoro per non stare con te, preferisco il rumore delle metro affollate a quello del mare, meglio soli su una nave per non sentire il peso delle aspettative; quando mi hai letto la mano ci hai visto mille problemi e mille guai; vivo come viene, vivo il male, vivo il bene, vivo come piace a me; aiutami a sparire come cenere; a volte chiedere aiuto ci fa paura; siamo due cause perse”. Queste parole sono drammatiche perchè, se piacciono così tanto vuol dire che siamo di fronte ad una generazione di persone che sentono dentro di loro un profondo senso di vuoto che poi porta a vivere da arrabbiati, delusi, a non essere mai contenti, a isolarsi, a compiere gesti estremi di violenza. E qui mi vengono due cose. La prima è che nel corso della storia ci sono state moltissime musiche e canzoni che esprimevano gli stessi sentimenti di disperazione, perché cambiano i tempi e le mode, ma il cuore dell’uomo è sempre lo stesso. Però erano scritte da gente che almeno sapeva suonare e cantare, artisti che i nostri ragazzi non conoscono nemmeno, e così ascoltano solo immondizie musicali eseguite da ragazzotti oltretutto stonati che vengono spacciati per artisti. Giacomo Leopardi non era certamente un cantante, però, per esempio, 200 anni esprimeva gli stessi sentimenti scrivendo testi poetici che sono tra i vertici della letteratura italiana senza bisogno di farsi tatuaggi e piercing, di imbrattare muri o distruggere il palco di un teatro per esprimere la sua disperazione. La seconda cosa che mi viene da dire è che mi dispiace che non si riesca a capire che di queste cose parla anche la Bibbia. Sembra quasi che la Bibbia, il vangelo, Gesù, Dio, non c’entrino niente con tutte queste cose, con i problemi, i dubbi, le difficoltà, le domande di tutti noi. Un esempio su tutti ce lo offre oggi il lungo racconto della samaritana. Pensateci un attimo. Lasciamo da parte tutti i significati simbolici di questo racconto che ho avuto modo di spiegare nei dettagli molte volte in questi anni e proviamo, invece, oggi, a metterci semplicemente nei panni di questa donna. Anzitutto, il fatto stesso che fosse una donna non era un vantaggio perché le donne, ai tempi di Gesù, come anche oggi, purtroppo, dopo 2000 anni, in molte parti del mondo, era considerata un essere inferiore rispetto all’uomo. Poi apparteneva al popolo dei samaritani che era odiato dagli ebrei, infatti si stupisce che un uomo ebreo come Gesù si fosse fermato a parlare con lei. Poi aveva una fede traballante, non sapeva in quale Dio credere e si chiedeva se il vero Dio da adorare fosse quello degli ebrei o dei samaritani. Anche in amore non era messa bene, visto che aveva avuto sei uomini. Insomma, era una donna triste e disperata, alla ricerca di un pozzo dove trovare l’acqua che finalmente l’avrebbe dissetata, cioè la gioia. Se fosse vissuta oggi, avrebbe vinto lei il Festival di Sanremo raccontando la sua storia. Solo che la sua storia improvvisamente cambia in meglio quando incontra Gesù e scopre che Gesù poteva placare la sua sete di gioia con un’acqua che zampilla per la vita eterna. Gesù è la risposta alla nostra disperazione.  Sono tanti i pozzi ai quali noi andiamo ad attingere acqua, come la donna, pozzi che non ci dissetano mai. Questi pozzi sono i tanti venditori di fumo che con le loro parole ci incantano, proponendoci ricette per la vita che poi si rivelano inconcludenti. Ma allora perché Gesù interessa così poco? Una delle canzoni del festival diceva: “voglio una vita come Vasco”, perché penso quando Vasco Rossi, quarant’anni fa, a sua volta, cantava “voglio una vita come Steve McQueen”. Sarebbe interessante scoprire che vita volesse, a sua volta, Steve McQuenn, tenendo conto che i giovani di oggi non sanno neanche chi fosse Steve McQueen e, magari, neanche Vasco Rossi. Gesù è diventato uno dei tanti: quanti canterebbero che vogliono una vita come Gesù? Forse, ma non è detto, almeno noi che siamo qui. Nonostante tutto sono ancora tante le persone che chiedono i sacramenti dell’iniziazione cristiana per i loro figli, ma sia per molti genitori sia per i figli, questi restano solo dei riti che restano lì, che non cambiano la vita: in chiesa ci ritornano da morti per il loro funerale. Perché? Perché, in mezzo a tanta disperazione e smarrimento, si continua ad essere più interessati a conoscere le vicende di Fedez e di Chiara Ferragni anziché abbeverarsi dell’acqua che ci dona il Signore? A quella donna, l’incontro con Gesù cambiò la vita. In meglio, naturalmente. Che sia così anche per noi. La Quaresima serve a questo.