venerdì 29 novembre 2024

24/11/24 II DOMENICA DI AVVENTO (ANNO C)

L’Avvento è il tempo che la Chiesa ci offre per imparare a vivere la nostra vita nell’attesa dell’avvento, cioè della venuta, del Signore. Lo ripetiamo ad ogni Messa nel Credo quando diciamo che Gesù verrà 

nella gloria, quando ripetiamo che viviamo nell’attesa della sua venuta e quando, dopo il Padre nostro, il prete prosegue dicendo che, con la misericordia del Signore, vivremo liberi dal peccato e sicuri da ogni turbamento, nell’attesa che si compia la beata speranza e venga il nostro salvatore Gesù Cristo. Noi non stiamo aspettando la venuta di Dio nella carne di Gesù, perché il natale di Gesù è già accaduto 2000 anni fa, ma il ritorno glorioso di Gesù risorto, sempre vivo e sempre presente con la forza del suo Spirito. La venuta nella gloria di Gesù vuol dire che la potenza dell’amore di Dio che Gesù ha mostrato sulla croce, finalmente tutti l’hanno accolta, e così si realizza il suo sogno, quello di essere tutto in tutti. Perciò, l’Avvento è il tempo in cui contemplare il sogno di Dio per ogni uomo, di farci diventare come lui, di diventare suoi figli come Gesù, e avere così la sua stessa vita immortale, vivere per sempre, risorgere. L’Avvento, quindi, ci richiama il senso e il destino della nostra vita, e ci apre alla speranza cristiana, una virtù che non viene da noi, ma è dono di Dio: la speranza che il nostro destino è buono, nonostante le apparenze che spesso ci fanno pensare il contrario. Si chiama speranza e non certezza, perché deve realizzarsi, e questo dipende da noi, se accogliamo o meno il suo Spirito e diventiamo collaboratori di Dio nel costruire il suo Regno di giustizia, pace e verità, diventando così figli del Regno, come recita il titolo dato dalla liturgia a questa seconda domenica di Avvento. Il Regno di Dio, che Gesù ci ha insegnato a invocare nella preghiera del Padre nostro, prima di tutto è una realtà interiore, è rendersi conto di essere abitati da Dio per lasciarci guidare da lui e diventare suoi figli amando gli altri come fratelli. E questa cosa, ha ripercussioni molto pratiche, concrete, politiche, economiche, certo, perché tocca il modo col quale viviamo i rapporti con le persone, le più vicine e le più lontane. Questo è il sogno di Dio che siamo chiamati a realizzare. Un sogno ben espresso dalle parole del profeta Isaia e del salmo. Isaia parla di un futuro nel quale gli egiziani, nemici storici di Israele, parleranno la stessa lingua degli israeliti e avranno la loro stessa religione. Non solo gli egiziani, ma anche gli assiri, nemici degli egiziani e degli israeliti, dice Isaia, andranno in Egitto, e gli egiziani in Assiria, e insieme a Israele adoreranno tutti l’unico Signore. Il salmo, addirittura, parla di Gerusalemme, chiamata Sion, perché costruita sul monte di Sion, la città di Dio, che vedrà come suoi figli non solo gli ebrei, ma proprio tutti i popoli delle città e dei paesi nemici di Israele: Babilonia, cioè i popoli dell’oriente, Raab, che sarebbe l’Egitto, cioè i popoli dell’occidente, Tiro (una città della Libia) e la Filistea (che sarebbe l’attuale striscia di Gaza), cioè i popoli del Nord, e infine l’Etiopia, cioè quelli del Sud. Pensate come questo sogno di Dio sia lontano dalla sua realizzazione. E san Paolo, nel brano agli Efesini, che anche loro non erano israeliti, dice che proprio questo è il disegno che Dio ha da sempre e che Gesù ci ha rivelato: per questo, scrive Paolo, io devo annunciare a tutte le genti questa cosa. Dio ha abbattuto tutti i muri, quindi, quando noi li erigiamo non stiamo diventando figli del Regno, stiamo tardando la venuta del Signore. Ecco allora il richiamo alla conversione del Battista nel vangelo di oggi. Ma, dice sempre il Battista, non basta convertirsi, abbandonare la via del male, raddrizzare i sentieri: occorre venire battezzati in Spirito santo, che non vuol dire immediatamente ricevere il Battesimo, ma vuol dire lasciarsi inzuppare (la parola “battesimo” significa proprio immersione) dall’amore di Dio, accogliere la sua venuta, appunto, affinchè sia poi questo Spirito, lo Spirito del Padre e del Figlio, a darci la forza di vivere come figli e come fratelli di tutti. Pensate a quale orizzonte sconfinato di fiducia e speranza ci apre il tempo di Avvento e la Parola di Dio di questa domenica, contro tutti i catastrofismi di chi, vedendo come vanno male le cose nel mondo, vive rassegnato, angosciato e disperato (cioè senza speranza) i giorni indubbiamente sempre più oscuri che l’umanità sta vivendo anche oggi.