Le letture di questa domenica ci dicono una cosa importantissima che è questa: non c’è nessun uomo che sia escluso dall’amore di Dio tranne chi pensa solo a star bene lui, a suoi interessi privati, al proprio tornaconto, al proprio orticello e si disinteressa dei bisogni degli altri. Chi vive così, attenzione, non è
Dio non lo ami. È escluso dall’amore di Dio nel senso che si autoesclude lui dal suo amore, dal suo Regno. Beato chi prenderà cibo nel Regno di Dio viene detto a Gesù. Il Regno di Dio è quando gli uomini riconoscono che Dio è Padre, si sentono figli e amano gli altri come fratelli. Prendere cibo nel Regno vuol dire che a costoro Dio dona come cibo sé stesso, il suo amore, la sua forza, la sua pace, la sua stessa vita immortale. E Gesù, nella parabola, spiega che è proprio così, perché Dio prepara per tutti questo banchetto, invita tutti, non vuole che ci siano posti liberi, ma se uno non vuole mangiare con gli altri perché prima viene lui e i suoi interessi, significa che lui non si ritiene figlio, non considera gli altri come fratelli e Dio come Padre, e quindi si autoesclude dal Regno di Dio. Mangiare insieme è segno di comunione, per questo l’eucaristia non è una celebrazione privata. Vuol dire che quando uno dice “vengo a Messa, ma me ne sto in disparte, prego per conto mio, non partecipo attivamente, oppure me la guardo da casa da solo, non mi sento parte di un unico popolo” non sta facendo la comunione col Corpo di Cristo, perché non si sente membro di questo corpo. E’ chiaro che questo non vale solo per il momento della Messa, ma riguarda il modo abituale di vivere poi la propria esistenza, quando si tratta di dare il proprio contributo per la costruzione di una comunità. Non importa (questa è l’altra cosa bellissima e importante che emerge dalle letture di oggi) che tu sia straniero o eunuco (diceva il profeta Isaia): tu puoi essere menomato o appartenere a un popolo diverso da Israele, basta che tu sia uno che ama il Signore e osserva la sua legge, che è sempre una, la legge dell’amore, e allora potrai abitare nella casa del Signore. “Il Signore si rivela a chi lo teme” diceva il ritornello del salmo. Temere il Signore vuol dire riconoscere la sua grandezza, quindi che Dio non possiamo possederlo, sarebbe come pretendere di tenere l’acqua in un pugno, ma possiamo solo accoglierlo. San Paolo approfondisce questa cosa rivolgendosi agli efesini che non erano ebrei. Gli ebrei, come lui, si ritenevano il popolo eletto, nel senso che credevano che Dio amasse solo loro, e dice agli efesini: con Cristo tutti i muri sono abbattuti, non c’è differenza di razza, esiste una sola razza, perché Dio considera tutti come suoi figli, anche voi, e dimora in voi col suo Spirito. Non importa che tu sia povero, storpio, cieco, zoppo (come abbiamo letto nel vangelo), Dio ama anche te. In altre parole, a volte noi pensiamo di essere esclusi dall’amore di Dio o, peggio, pensiamo che qualcuno sia escluso dal suo amore, a seconda del suo credo, del suo essere più o meno peccatore, della sua provenienza, della sua condizione fisica o morale. No, non è così: Dio vuole raggiungere tutti col suo amore, ed è il suo amore a purificarci e a trasformarci. Il problema è un altro: quando tu proprio non vuoi lasciarti raggiungere dal suo amore perché escludi gli altri. E’ per questo che Dio si è fatto carne in Gesù, in un uomo che non era nessuno, ultimo tra gli ultimi, nato e vissuto in una sperduta provincia dell’impero romano, un personaggio che non era un capo religioso, non era un uomo di potere, era considerato un peccatore e fu crocifisso come un maledetto da Dio. Vuol dire che quando io escludo qualcuno, sto escludendo Dio.