domenica 14 settembre 2025

14/09/25 ESALTAZIONE DELLA SANTA CROCE (ANNO C)

Chi non conosce il cristianesimo potrebbe pensare che siamo un po’ folli a celebrare una festa chiamata “Esaltazione della croce”. Come si fa a esaltare uno strumento di morte? Sarebbe come istituire una festa per la sedia elettrica o la ghigliottina! Eppure noi non adoriamo una croce qualunque: noi 

adoriamo Gesù crocifisso e risorto. È la sua Pasqua che trasforma il segno della morte in segno di vita e di amore. La croce è il luogo in cui Dio si rivela. Alla domanda: “Chi è Dio?”, possiamo rispondere: è quell’uomo appeso alla croce che prende su di sé il male del mondo senza restituirlo. Se l’avesse fatto, l’umanità si sarebbe già distrutta. Invece, come dice il Vangelo: “Dio non ha mandato il Figlio nel mondo per condannare il mondo, ma perché il mondo sia salvato per mezzo di lui”. Nel Vangelo che abbiamo appena letto, Gesù parla della sua morte sulla croce rifacendosi all’episodio molto particolare che abbiamo riascoltato nella prima lettura. Nel deserto il popolo viene morso da serpenti velenosi. Il deserto è il simbolo della fatica e della prova; i serpenti rappresentano tutto ciò che ci “morde” dentro: paure, egoismo, rancori, rabbia. Dio dice a Mosè di fare un serpente di bronzo e di metterlo in alto su un’asta: chi lo guarda viene guarito. Perché? Perché quel serpente di bronzo non morde, non restituisce il male. Mostra il veleno, ma non lo riporta indietro. Gesù sulla croce fa lo stesso, ma in grande: prende su di sé tutto il nostro male, i nostri errori, le nostre paure… e non ce li restituisce. Al contrario: mentre gli uomini lo uccidono, lui dona la vita di Dio. Ecco perché diciamo che Gesù, con la sua croce, ha redento, salvato il mondo. Da cosa? Dalla paura della morte, perché ci mostra che, chi vive come lui nell’amore, non muore mai. La morte non ha l’ultima parola. Ci salva dall’idea che Dio sia un mago che risolve i problemi al posto nostro, mostrandoci che Dio è Colui che ci dona il suo Spirito, che ci cambia dentro, così possiamo affrontare la vita in modo nuovo, vincendo il male con il bene. Se capiamo questo, impariamo a smetterla ad arrabbiarci con Dio perché sembra non intervenire per fermare il male nel mondo (guerre, violenze, odio). Dio interviene, eccome, se noi, però glielo permettiamo. Non è Dio che deve ascoltare noi: siamo noi che dobbiamo ascoltare Lui, lasciando che agisca dentro di noi e ci trasformi. Non è Dio che deve aiutarci, ma siamo noi a dover aiutare Dio ad agire dentro di noi, lasciandogli spazio. E qui entra in gioco Maria, che oggi festeggiamo come patrona. Si chiama “Addolorata”, perché ci piace immaginarla in lacrime sotto la croce. Ma il Vangelo dice che Maria, presso la croce di Gesù, stava in piedi. Non piegata dalla sofferenza, ma forte, perché ha capito che la strada di Gesù non è una sconfitta. È la strada della vita vera. Maria ci insegna a non restare spettatori, a non fermarci per paura o rassegnazione, ma a fare come lei: un passo avanti nella fede. All’inizio di questo nuovo anno, anche a noi viene detto: “Fatti avanti! Sii pellegrino di speranza!” Non vivere come se tutto fosse già perso. Porta speranza, pace e amore nelle tue amicizie, nella tua famiglia, a scuola, nel lavoro, nella città. Fissiamo lo sguardo sulla croce e diciamo con coraggio: “Eccomi, Signore!”. Lui cammina con noi. E con Lui possiamo davvero farci avanti.