domenica 18 gennaio 2015

II DOMENICA DOPO L’EPIFANIA

Come un re, quando fa un banchetto, ricolma di regali i suoi invitati offrendo loro cibi succulenti e vini prelibati, allo stesso modo il Signore, dice il profeta Isaia nella lettura di oggi, vuol fare due regali a tutti i popoli della terra: il primo è che tutti vedano il suo volto e il secondo è la vittoria sulla morte. Ebbene, questi regali, Dio ce li ha fatti grazie a Gesù. Gesù infatti ci ha fatto vedere il vero
volto di Dio e con la sua Pasqua ha vinto la morte. Per questo san Paolo, nel brano ai Colossesi che abbiamo letto come epistola, dice: state attenti a non farvi ingannare da nessuno, perché il mistero di Dio ce lo ha rivelato Cristo, Dio abita nella carne di Gesù e noi, della stessa carne di Gesù, grazie a
Gesù, possiamo a nostra volta essere pieni di Dio, abitati da Dio, quindi conoscere il suo volto e partecipare alla vittoria sulla morte. Davvero con Gesù Dio ha celebrato le sue nozze con l’umanità: è questo che ci manifesta Gesù. Davanti ai Magi Gesù manifesta che Dio rivela il suo volto a tutti i popoli della terra; col suo Battesimo al Giordano che abbiamo celebrato domenica scorsa Gesù, mettendosi in fila coi peccatori, manifesta che nemmeno il peccato può separarci da Dio, e le nozze di Cana che abbiamo letto nel vangelo di oggi sono la terza epifania del Signore, che nel vangelo di Giovanni sono il primo segno col quale Gesù manifesta la sua gloria, e allora guardiamo da vicino questa pagina di vangelo per capire cos’è questa gloria che Gesù ci manifesta. Dobbiamo decifrare bene tutti i simboli che vengono raccontati, anche perché in questa scena, come in tutte le altre in cui si raccontano i miracoli, non è importante il miracolo in sé, come se Gesù volesse dimostrare chissà che cosa facendo giochi di prestigio. Bastava andare da qualche parte a comprare il vino e farla finita lì. Se avete notato, non si parla mai dello sposo e della sposa, tranne alla fine, quando quello che dirigeva il banchetto chiama lo sposo per complimentarsi con lui perché il vino servito alla fine era più buono di quello servito all’inizio. Ma lui, fa notare Giovanni, non sapeva che era stato Gesù, e attribuisce il merito allo sposo. Vuol dire che lo sposo è Gesù. E la sposa chi è? E’ Maria. Notate che Gesù non la chiama madre, ma donna, lo stesso termine che userà per chiamare la samaritana, e donna vuol dire sposa, colei che ama lo sposo, che ama Dio. Ora, durante quelle nozze viene a mancare il vino. Il vino è un segno preciso. Mentre il pane e l’olio sono necessari per vivere nell’area mediterranea, il vino è un di più, ma è quel di più necessario che rallegra il cuore dell’uomo, è il simbolo della gioia, dell’ebbrezza, dell’amore e della vita, perché se si vive solo per mangiare si è bestie, l’uomo vive per gioire. È l’esperienza che tutti proviamo: nell’esistenza, ad un certo punto ci manca l’essenziale; magari abbiamo abbondanza di pane, di olio e di tutto, manca semplicemente l’unica cosa che dà senso alla vita: l’amore, la gioia, la festa. E Maria rappresenta l’umanità aperta a Dio e che si accorge che manca il vino e che questo vino solo Dio può donarlo. E qui c’è questa frase strana: donna, che vuoi da me? non è ancora giunta la mia ora. Una frase che significa il contrario di quello che sembra in apparenza. “Che vuoi da me” fa parte del linguaggio diplomatico di quel tempo, e se la dicevano due alleati per ricordarsi i loro doveri reciproci. “Che vuoi da me” significa quindi: so bene cosa vuoi, vuoi che io intervenga perché senza vino non c’è gioia. Tanto è vero che la frase “non è ancora giunta la mia ora” in alcuni codici del vangelo è scritta col punto di domanda, e quindi vuol dire: l’ora è venuta, è adesso. Tanto è vero che la risposta di Maria fa capire che ella ha inteso le parole di Gesù in un senso positivo: tra te e me c’è qualcosa di preciso, c’è un’alleanza, l’ora è giunta e quindi passiamo all’opera, e perciò dice ai servi di fare tutto quello che Gesù avrebbe ordinato. C’erano lì sei anfore di pietra vuote e che servivano per le purificazioni dei giudei. Sei è il giorno della creazione dell’uomo: vuol dire che sta per accadere una nuova creazione. Sono di pietra come le tavole della legge dell’amore di Dio data a Mosè, ma sono vuote perché rappresentano una vita senza senso, quando anche la nostra vita religiosa appare senza senso, veniamo anche a messa tutti i giorni, preghiamo, ma ci ritroviamo vuoti, tristi, stanchi, senza amore, quando rinunciamo ai desideri di gioia più grandi che portiamo nel cuore e conduciamo una vita sciatta.
Sono per la purificazione e quindi rappresentano i vari riti religiosi per avvicinarsi a Dio. Gesù vuole che vengano riempite con l’acqua che rappresenta i nostri desideri di vita. E Gesù dirà, sempre nel vangelo di Giovanni, di essere lui l’acqua viva che zampilla per la vita eterna, e lo dirà ad un’altra donna, ad un’altra sposa, la samaritana. E dice ai servi: ora prendete di quest’acqua, attingete! Quest’acqua è lui, è la sua Parola: ascoltate la mia Parola che è quella di Dio. Ma è acqua, diciamo noi. No, non è più acqua, ormai quell’acqua è vino che realizza i nostri desideri di vita e di amore più profondi. Qualunque cosa vi dica, fatela, fate la sua parola, e la sua parola cosa ci dice di fare allora? Che se ci lasciamo riempire da Dio, l’acqua diventa vino. Ecco allora qual è la gloria di Dio che Gesù manifesta alle nozze di Cana: la gloria di Dio è la nostra gioia, è il sentirci amati da lui come una sposa dal suo sposo, capire che lui realizza a modo suo i desideri più profondi che portiamo nel cuore, perché i desideri più grandi che abbiamo sono quelli di essere amati e di amare nel modo giusto e di avere la vita eterna, e Gesù li realizza ora, se ora facciamo quello che lui ci dice. Non è un caso che nell’ora della morte compare ancora Maria ai piedi della croce, e Gesù la chiama ancora “donna”, e affida Maria a Giovanni e Giovanni a Maria. Se Maria e Giovanni, con la forza di Dio, si amano tra di loro come Dio ama noi, si realizza la gloria di Dio, perché la sua gloria è quando noi ci amiamo come Lui ama noi, e amandoci così la vita diventa una festa di nozze e abbiamo la vita eterna.
Pensate come sono lontani dallo sperimentare la gloria di Dio coloro che, in nome della libertà di pensiero e di parola, stampano giornali satirici dove vengono derisi i più profondi sentimenti di milioni di persone e come sono altrettanto lontani da questa gloria i fondamentalisti islamici che decidono di rispondere con atti di efferato terrorismo, oltretutto in nome di Dio. Davvero, più meditiamo il vangelo, più ci accorgiamo di quanto continui ad essere rivoluzionario il suo messaggio.