domenica 22 febbraio 2015

I DOMENICA DI QUARESIMA ANNO B

Penso che sia sbagliato vivere la Quaresima come tempo lugubre, di penitenza, di rinuncia e, in fondo, di tristezza, sia perché nella vita i motivi per cui essere tristi sono già tanti, sia perché il Signore è colui che viene a portarci la gioia, e dunque non vuole affliggerci con ulteriori pesi. Piuttosto la Quaresima è il tempo nel quale imparare a riscoprire il dono del Battesimo, cioè le
conseguenze del Battesimo, e infatti la Quaresima nasce come tempo di preparazione al Battesimo che i catecumeni avrebbero ricevuto la note di Pasqua. È interessante. Gesù ha appena ricevuto il Batesimo nel quale manifesta la sua scelta di vita: mostrare agli uomini che Dio è Padre vivendo da Figlio che si fa fratello, e per questo riceve la forza dello Spirito santo. Ed è proprio lo SS, abbiamo leto, che conduce Gesù nel deserto per essere tentato dal diavolo. Cosa vuol dire? Che compiere le scelte giuste non è difficile. La cosa difficile è portarle avanti. Lo SS che ci ha fatto diventare figli di Dio e fratelli tra noi e che abbiamo ricevuto nel Battesimo non ci fa diventare angeli, ma ci porta nel deserto, e cioè a fare verità dentro di noi, per essere tentati, perché noi abbiamo a scegliere se vivere o no in questo modo. La tentazione è buon segno. Quando siamo tenta[ vuol dire segno che s[amo facendo la scelta giusta, e con[nuare a portare avan[ le scelte giuste non è facile: fare il bene è difficile perché ci si scontra col male che è dentro di noi. Per questo Gesù ci ha insegnato a pregare dicendo al Padre liberaci dal male, ma non dalla tentazione, piuttosto a chiedere che nella tentazione Dio non ci abbandoni, ma ci aiuti a fare la scelta giusta. Dunque la tentazione non è una cosa negativa. Il bene costa. Il male è facile è banale. Fare il bene costa fatica e occorre allenamento. Ecco allora il modo giusto di intendere la penitenza quaresimale: allenamento a vincere la tentazione di non vivere da figli e fratelli, di non vivere seguendo lo Spirito dell'amore in ogni ambito della vita, animati da una consapevolezza ben espressa da San Paolo nel brano che abbiamo ascoltato. Che finché siamo nel corpo siamo in esilio lontani dal Signore, e quindi che la nostra patria non è qui. Ma il Signore ha messo in noi la caparra del suo Spirito dentro di noi che ci da la forza di combattere, un combattimento che Paolo chiama tribolazione. E sono tre i pilastri coi quali vivere questo allenamento. Il primo è l'ascolto assiduo della Parola di Dio: non di solo pane vive l'uomo ma di ogni parola che esce dalla bocca di Dio. Non accontentarsi di ascoltarla la domenica in chiesa, ma riprenderla in settimana personalmente, magari lasciandosi guidare ogni giorno dalla Parola che viene proclamata nelle messe feriali, e ognuno può e deve cercare il modo per farlo, ad esempio non lasciandosi sfuggire e scegliendo tra le tante proposte che vengono fatte e che trovate sul notiziario. Il secondo pilastro dell'allenamento è il digiuno, ma non il banale fioretto di rinunciare a dolci e caramelle, cosa gliene frega al Signore di questo digiuno? Abbiamo letto nella pagina del profeta Isaia queste dure parole: nel giorno del digiuno voi curate i vostri affari, angariate i vostri operai, digiunate fra litigi e alterchi, le vostre acque sono piene di melma e fango. Il digiuno è dal compiere il male verso il fratello, è non mangiare gli altri, ma diventare come Gesù eucaris[a, farsi mangiare dagli altri, diventare noi pane che si spezza e vino che dà gioia e vita agli altri. E dunque, terzo pilastro conseguenza inevitabile dei primi due, è la carità in tutte le sue forme, dal riconciliarsi con Dio al riconciliarsi coi fratelli con cui si è in perenne guerra, dalla carità vissuta in famiglia a quella vissuta nel lavoro, fino al tenere in considerazione le proposte di carità che ogni anno ci vengono proposte dal gruppo missionario piuttosto che il sostegno al fondo famiglie solidali o addirittura, e penso a tanti fedeli, magari giovani o magari pensionati in buona salute e con tanto tempo libero, e che usano la parrocchia come semplici fruitori di servizi, ad offrirsi volontari per svolgere ministeri e servizi. Preghiamo dunque perché la fantasia dello Spirito santo aiuti ciascuno a vivere con gioia i giorni della Quaresima come tempo di allenamento dello spirito, di veri e propri esercizi spirituali.