domenica 1 febbraio 2015

QUARTA DOMENICA DOPO L’EPIFANIA

Chi è costui che comanda anche ai venti e all’acqua, e gli obbediscono? Così termina il vangelo che abbiamo appena ascoltato. L’Epifania, come abbiamo già avuto modo di dire, non è terminata il 6 gennaio, ma prosegue in queste settimane che ci portano alla Quaresima mostrandoci, di domenica in domenica, le diverse epifanie che manifestano, appunto, chi è costui. Nella festa del suo Battesimo
abbiamo visto che Gesù è colui che ci manifesta che Dio non è un giustiziere, ma è solidale col nostro peccato e vuole salvarci; nel vangelo delle nozze di Cana che Dio è lo sposo che ci ama come una sposa; domenica scorsa, festa della sacra Famiglia, Gesù manifesta che delle cose del Padre bisogna
imparare ad occuparsi nella nostra vita di ogni giorno, e le cose del Padre sono che noi impariamo a vivere come figli e come fratelli, appunto come ha fatto Gesù per tutta la sua vita. Le giornate eucaristiche che oggi terminiamo, per chi le ha vissute partecipando alle messe e alle predicazioni, ci hanno aiutato a riscoprire il significato delle parole, dei gesti e delle azioni che si compiono durante la messa, per vivere ogni messa per quello che è, non un dovere, ma l’occasione più grande per ricevere i doni di cui abbiamo bisogno, quello della Parola e del suo corpo e del suo sangue, per imparare a diventare come Gesù. E il vangelo di oggi ci fa vedere cosa succede se diventiamo come Gesù. Chi è costui, dunque? Luca ce lo presenta come uno che dorme pacifico a poppa della barca mentre infuria il vento e sta per affondare. E i suoi discepoli sono con lui sulla barca.
Un’immagine molto simbolica che richiama fatti molto reali della nostra vita: la nostra precarietà. E proprio perché la nostra vita è precaria che nasce il bisogno della preghiera, che deriva proprio dalla parola precario. Io prego perché riconosco di avere bisogno, di essere precario. Dio tante volte ci sembra assente, sembra appunto che dorma mentre la nostra vita va naufragando, e allora ci rivolgiamo a lui come i discepoli dicendogli: siamo perduti, e ci lamentiamo quando vediamo che non interviene. E’ qui l’errore. Il sonno pacifico di Gesù sulla barca rappresenta la sua morte sulla croce, fatta dello stesso legno della barca, e ci manifesta una cosa meravigliosa e sconvolgente: che se lui in mezzo alle tempeste e alla morte è pacifico, allora dobbiamo esserlo anche noi. Questa è la fede. Abbiamo letto che essi lo svegliarono ed egli si destò dal sonno, e questo verbo, destarsi, è il verbo della risurrezione. In mezzo alle tempeste della vita noi dobbiamo invocare il Signore, attenti bene, non perché se no lui non ci aiuta, ma la nostra preghiera serve perché Gesù si desti, risorga, viva dentro di noi, perché impariamo ad accorgerci della sua presenza. E se mi accorgo della sua presenza in me attraverso il suo Spirito e la forza dei sacramenti, cosa accade? Egli sgridò il vento e le acque si calmarono. Sgrida il vento, come sgridava gli spiriti maligni. Questo vento rappresenta tutti i nostri spiriti cattivi, tutte le nostre paure, perché sono quelle le vere tempeste che ci fanno annegare. Gesù mette a tacere queste paure. Tutti dobbiamo accettare che la nostra esistenza è precaria, faticosa, fatta di croci, e siamo destinati a morire comunque. I discepoli non morirono sulla barca quel giorno, ma morirono comunque anni dopo in altro modo, e questo vale per tutti. Allora, vedete, il vero problema non sono le croci che abbiamo e nemmeno il fatto che prima o poi, in un modo o nell’altro dobbiamo morire, ma è la paura e l’angoscia che abbiamo di fronte a queste cose. Se le affrontiamo come fratelli di Gesù, come Gesù, con la sua fede nel Padre, il vento tace. Se invece pensiamo che la morte è la fine di tutto, che tutto comincia e finisce qui, continuiamo a vivere nell’angoscia. Infatti Gesù domanda: dov’è la vostra fede? La fede non è credere che confidando in Gesù allora tutto si risolve e va per il verso giusto, che i nostri dolori finiscono, ma è credere che lui è comunque con noi sulla barca, li condivide, e vuole donarci la sua pace. Se Dio è per noi, chi sarà contro di noi?, diceva bene san Paolo nell’epistola che abbiamo letto. Chi è dunque costui? Gesù è colui che ci manifesta che Dio non è quello che ci toglie le croci, i dolori, i problemi, e nemmeno la morte, ma è colui che ci salva dalla paura e dall’angoscia di fronte a tutti questi mali, e quindi ci permette di affrontare la vita in un modo nuovo. Dormendo sulla barca Gesù sembra che taccia e non intervenga, e invece è il modo col quale vuole liberarci precisamente da tutte le nostre paure, rendendoci capaci di accettare i nostri limiti e anche il limite supremo che è quello della morte, che razie a lui diventa l’ingresso nella piena comunione col Padre. Quella comunione che noi in questa vita possiamo assaporare attraverso l’eucaristia, con la morte diventa totale. Dicevo come in questo vangelo il Signore manifesta le conseguenze del nostro diventare come lui: saremmo liberi non dai problemi, ma dall’angoscia in mezzo ai problemi e anche di fronte alla morte. Liberaci, Signore, da tutti i mali e con l’aiuto della tua misericordia saremo liberi da ogni turbamento nell’attesa che appunto si compia la beata speranza. Lo ripeteremo anche tra poco. Perché di fatto sono le nostre paure ed angosce di fronte ai nostri limiti e alla morte a renderci egoisti, chiusi, in lotta gli uni contro gli altri, incapaci di rendere grazie, pieni di pretese, con l’unico desiderio di arraffare, trattenere, e perennemente infelici. Oggi è anche la giornata in difesa della vita. Pensateci un momento. Una madre che sceglie di abortire non è forse vittima della paura e dell’angoscia di fronte al futuro e perché intorno le manca la solidarietà degli altri? E chi non è solidale con chi ha bisogno non è a sua volta vittima della paura di perdere qualcosa e schiavo del suo egoismo? E se uno ha paura di perdere qualcosa non è perché pensa che tutto finisca qui? Oppure. Uno che non può avere un figlio in modo naturale e se lo va a fabbricare in laboratorio; uno che nella malattia sceglie l’eutanasia; uno che toglie la vita a chi non la pensa come lui. Ecco, chi agisce così non è forse perché si sente lui padrone e signore della vita? E se si sente padrone della vita non è forse perché ha paura dei suoi limiti e dunque non riesce ad accettarli? Sono alcune tra le tante domande e provocazioni che la Parola di Dio oggi ci rilancia perché abbiamo seriamente a riflettere sulle conseguenze della risposta alla domanda: chi è costui?