INTRODUZIONE ALLA MESSA
L’ottava di Pasqua che oggi si conclude si chiama in Albis
vestibus, due termini latini che significano bianche vesti, e si riferiscono
alle bianche vesti che nella chiesa antica venivano
consegnate ai catecumeni che
venivano battezzati la notte di Pasqua e che tenevano addosso per tutta la
settimana fino al sabato, fino a (oggi) ieri, giorno in cui venivano deposte,
riconsegnate. E infatti questa domenica che da inizio alla seconda settimana di
Pasqua si chiama in albis depositis, che significa “tolte le vesti
battesimali”.
Tutto questo non è solo il ricordo di un’antica tradizione,
ma ha un significato simbolico, richiama tutti noi a fare sempre memoria del
nostro Battesimo, che è partecipazione alla Pasqua di Cristo, morti al peccato
e risorti a vita nuova, la vita dei figli, simboleggiata appunto dalla veste
bianca del Battesimo. Quello della vita nuova è il dono più grande che il
Signore ci ha fatto, segno del suo amore immenso, ed è significativo che sia
proprio questa la domenica che a partire dal 2001, dopo la canonizzazione di
suor Maria Faustina Kowalska, proclamata santa, Giovanni Paolo II ha voluto
intitolare questa domenica «Festa della Divina Misericordia». E’ dunque alla
divina misericordia, a quel Signore che con la sua risurrezione ci ha mostrato l’apice
del suo amore, che consegniamo la nostra vita, chiedendo perdono per tutte le
volte che coi nostri peccati abbiamo sporcato la bianca veste del Battesimo,
per tutte le volte, cioè, in cui non abbiamo vissuto da uomini nuovi, risorti,
ma da uomini vecchi, ancora schiavi del peccato.
OMELIA
La domanda è se ci crediamo o no che Gesù è risorto. Se ci
crediamo davvero nelle parole che diciamo nel credo. Se Gesù non è risorto la
nostra fede non serve a niente, tutto è un'illusione, essere battezzati, essere
qui a messa, ascoltare la sua Parola, essere cristiani. Giovanni dice a conclusione
del Vangelo di oggi che le cose che lui ha scritto sono state scritte perché noi
crediamo. E prima ci fa vedere Tommaso che non credeva. Se è per questo non è
che i suoi compagni erano messi meglio, infatti si legge che la sera di quel giorno,
il primo della settmana, si trovavano rinchiusi nel cenacolo per paura dei
giudei, per paura di far la stessa fine di Gesù, e quindi anche loro non
credevano alle parole della Maddalena ascoltate domenica scorsa che Gesù era
risorto, fino a quando non lo vedono. E poi ritroviamo gli stessi apostoli,
come racconta il libro degli atti che ci accompagna per tutto il tempo
Pasquale, pieni di coraggio, che dopo aver visto Gesù risorto non hanno più
paura, sono pronti a dare la vita per lui e compiono prodigi, come abbiamo
letto nel brano di oggi. Tra parentesi vorrei sottolineare il modo in cui viene
chiamata la domenica nel Vangelo, il primo giorno della settimana e viene
chiamato così per richiamare il primo giorno della creazione, quando Dio crea
la luce, per dire che la domenica, il giorno della risurrezione, è il giorno
nuovo, il giorno in cui Dio fa davvero nuove tutte le cose, al punto che la domenica
viene chiamata anche lottavo giorno, e siccome la settimana è fatta di sette
giorni, lottavo giorno significa che la domenica è il giorno che richiama l'eternità
a cui tutti siamo destinati. Perché mi piace sottolineare questa cosa? Per
evidenziare come anche noi cristiani abbiamo banalizzato tutto questo, a
dimostrazione di quanta poca consapevolezza abbiamo del dono che ci ha fatto il
Signore. Infatti chiamiamo la domenica banalmente il fine settimana, il
weekend, e infatti invece di essere il giorno nel quale rendere grazie a Dio e
riscoprire il senso della vita e gioire del lavoro compiuto durante gli altri
giorni, lo utilizziamo lo stesso per lavorare e per stancarci di più. E dunque
tornando alla risurrezione, davvero o ci crediamo o altrimenti non ha senso più
nulla come dicevo. Ma cosa vuol dire credere che Gesù è risorto? Come si fa a
credere che Gesù è risorto? Noi non abbiamo avuto la fortuna che ebbero gli
apostoli che lo videro, e così anche noi continuiamo a restare nel cenacolo,
chiusi nel sepolcro, con tutte le nostre paure, anche se diciamo a parole di
crederci. Eppure si dice nel Vangelo beati coloro che crederanno pur senza
avere visto. Certo, la nostra fede si basa sulla fiducia appunto che noi
riponiamo nel Vangelo, nella testimonianza data dagli apostoli, cioè crediamo
in quello che essi videro. Ma soprattutto abbiamo motivo di crederci, di
credere che non fossero degli esaltati, guardando, come dicevo prima, aquello
che fecero, al modo in cui improvvisamente da conigli diventarono dei leoni,
cioè al modo in cui cambiò la loro vita. E così anche gli altri crederanno in
Gesù se anche noi sapremo essere credibili nel nostro modo di vivere, e questa
è la missione della chiesa. È chiaro che se noi ogni volta che usciamo di chiesa
abbiamo le stesse facce morte con le quali siamo entrati, sarà dura che altri
possano credere in Gesù. Ma c'è dell'altro. La risurrezione di Gesù non è la
prova che Gesù sia Dio. Se lo fosse non si capisce perché allora non è apparso
a tutti. Noi cerchiamo le prove dell'esistenza di Dio in modo scorretto. Noi abbiamo
già in mente chi è Dio e quindi cerchiamo le prove che diciamo noi. Dio è
potente, può fare tutto, e quindi Dio esiste se fa quello che dico io, e in questo
modo anche la risurrezione diventa una prova della potenza di Dio. In realtà il
discorso va ribaltato. È Gesù a dirci chi è Dio, e Gesù ci ha mostrato che Dio
non è quello che abbiamo in mente noi. La risurrezione non è la prova
dell'esistenza di Dio o che Gesù era veramente Dio, ma è lo svelamento, la
dimostrazione, che vivere come Gesù, amare, gioire, soffrire e morire come
Gesù, ha come risultato che viviamo la vita in modo autentico, veramente umano,
e che questa vita vissuta nell'amore ci mette in comunione con Dio che è amore,
e siccome Dio è eterno, con la morte del nostro corpo non finisce la nostra
esistenza, ma noi entriamo in modo definiDvo in comunione col Signore. Infatti
si dice che prima gli apostoli poi Tommaso credono che Gesù è risorto guardando
le sue ferite di crocifisso. A risorgere è Gesù crocifisso. Gesù non risorge
perché è Dio altrimenti noi che non siamo Dio non potremo mai risorgere. Gesù
risorge perché ha vissuto amando come Dio fino alla morte di croce, è il suo
destino è anche il nostro se viviamo come lui da figli del padre è da fratelli
grazie allo spirito santo che ci è dato nel battesimo e nella cresima e nutrendoci di lui
nell'eucaristia. Il nostro destino di risurrezione è iniziato il giorno del battesimo.
In altre parole. La prova della risurrezione la troviamo se fidandoci della sua
Parola e vivendo come Gesù, coi suoi stessi sentimenti, sperimentiamo sulla
nostra pelle la una vita nuova, una vita risorta, se ci accorgiamo che davvero
siamo nella pace, nella gioia, davanti alla morte non abbiamo più angoscia,
capiamo che vivere secondo le beatitudini siamo davvero beati, che vale davvero
la pena vivere nell'amore come Gesù.