domenica 27 settembre 2015

V DOMENICA DOPO IL MARTIRIO

Bella la domanda che quell’uomo fa a Gesù: cosa devo fare per avere la vita eterna? Che tradotto vuol dire: cosa devo fare per essere felice adesso e per sempre? Ge sù gli risponde che basta leggere la Parola di Dio per saperlo. E proprio la Parola di Dio che leggiamo in questa qui nta domenica dopo il Martirio di san Giovanni Battista ce dice, come abbiamo ascoltato dal libro del Deuteronomio e
come spiegava bene san Paolo ai Romani: tutti i comandamenti del Signore si riassumono in uno solo: ama Dio sopra ogni cosa e il tuo prossimo come te stesso. Questo è il segreto della gioia: se voglio essere felice adesso e per sempre devo amare Dio sopra ogni cosa, amare me stesso e amare il prossimo come me stesso. Beato chi cammina nella legge del Signore, ripetevamo nel ritornello del salmo. La legge del Signore è questa, ed è beato, felice, chi vive facendo così. E perché il segreto della gioia sta in questo? Perché noi siamo creati da un Dio che è Padre, per cui siamo figli, e come tali troviamo la gioia se ci sentiamo amati e impariamo a nostra volta ad amare gli altri per quello che gli altri sono, figli come noi, e dunque nostri fratelli. Ma per fare questo dobbiamo prima amare Dio sopra ogni cosa. Perché? Perché è solo riconoscendo che Dio è Padre che capisco chi sono io e chi sono gli altri. Amando Dio sopra ogni cosa io giungo ad amare me stesso. Amo me stesso perché mi sento amato da Dio così come sono per quello che sono, e allora capisco che anche gli altri, figli come me e miei fratelli, saranno a loro volta felici se io li amerò facendo loro quel lo che vorrei che loro facessero a me e non facendo loro quello che non vorrei che loro facessero a me. Insomma, io posso amare Dio, me stesso e il mio prossimo se io per primo sono pieno d'amore, cioè se mi sento io per primo amato da qualcuno che mi riempie d'amore. Se non mi sento amato, non mi stimo, non mi amo, e dunque mi odio, non riuscirò ad amare nè Dio, nè me, nè il prossimo, e così sono fregato, sono morto, altro che felice. Per questo quell'uomo chiede a Gesù: e chi è il mio prossimo? Cioè, chi è il prossimo a me stesso, a me chi mi vuol bene, chi riempie d'amore me? Allora Gesù gli da la risposta raccontando la parabola del buon samaritano. E la risposta è questo: è Dio che ama me in questo modo, perché Dio mi ama nel modo in cui il buon samaritano si prende cura di quell’uomo che trova mezzo morto sulla strada. Quell’uomo stava andando da Gerusalemme a Gerico. Gerusalemme rappresenta il luogo dove abita Dio e Gerico il luogo più lontano da Dio e quindi quest'uomo rappresenta noi quando ci allontani amo da Dio. Cosa ci succede se ci allontaniamo da Dio? Incappiamo nei briganti che ci spogliano, e cioè che perdiamo la nostra identità, perché noi siamo suoi figli, e quindi ci dimentichiamo di essere figli amati. Restiamo feriti, perché iniziamo a farci del male e a fare del male agli altri non sentendoli più come nostri fratelli. Restiamo mezzi morti, perché pensiamo che la morte è la fine di tutto, invece di essere l'abbraccio del Padre, e quindi iniziamo a morire già adesso. Altro che vita eterna, lontano da Dio e dal suo amore troviamo solo infelicità. Come fare per uscire da questa situazione? Dobbiamo tornare a Gerusalemme, cioè a Dio, scoprendo che è Dio stesso che in Gesù, vedendoci in questa situazione, ci mostra tutto il suo amore facendo quello che fa il samaritano. Il samaritano prova compassione, sente suo il male di quell'uomo. Gesù, davanti al nostro male, lo prende su di sè. Fascia le sue ferite, non si limita a fare una diagnosi. Noi perdiamo sangue, perdiamo vita, e Gesù ci dona il suo di sangue per ridarci la vita. Lo cura con l'olio che è simbolo della Parola di Dio che è una parola d’amore che ci dice che Dio è Padre e noi suoi figli amati. Lo cura col vino che è simbolo dello Spirito santo che è l'amore di Dio che perdona. Lo carica sul suo asino, cioè prende su di sè tutta la nostra disumanità. Lo porta in albergo che è la casa che accoglie tutti, per dire che Dio accoglie tutti. Si prende cura di lui come una madre verso il figlio. Poi da due soldi all’albergatore e gli dice di prendersi cura di lui fino al suo ritorno. Cosa vuol dire? Due denari servono per vivere due giorni. Il primo giorno è quando l'uomo si è allontanato da Dio. Il secondo giorno è quando Gesù ci ha fatto vedere che per tornare a Dio bisogna fare come Lui. E Lui cosa ha fatto? Ci ha riempito di amore, e così finalmente ci ha reso capaci di fare quella cosa che ci era impossibile, cioè amare Dio, me stesso e il mio prossimo come me stesso. A me chi mi ama, chiedeva quell'uomo? A te ti ama Dio, quindi ora tocca a te, se capisci questa cosa. Se capisci che sei amato da Dio che ha fatto con te quello che il samaritano ha fatto con quell’uomo, anche tu adesso puoi fare come Gesù, puoi amare Dio, te ste sso e il tuo prossimo come Gesù e avere la vita eterna. Al mio ritorno ti rifonderò quello che hai speso. Quando torna Gesù? Quando io vivo così, quando faccio come ha fatto lui con me, quando amo gli altri come lui ama me perché capisco che ogni cosa che faccio a un mio fratello la faccio a lui. E in che modo mi ripaga? Facendomi sentire figlio amato da Dio e fratello di tutti, cioè ridandomi la mia identità che avevo perduto allontanandomi da Dio. Al termine della parabola Gesù chiede a quell'uomo se ha capito. Noi abbiamo capito?