domenica 18 ottobre 2015

DEDICAZIONE

Con la festa della Dedicazione del Duomo di Milano inizia l'ultima parte dell'anno liturgico che ci condurrà, tra qualche settimana, con l’Avvento, all'inizio di quello nuovo, e al centro delle letture di questa e delle prossime domeniche c'è il tema della Chiesa, intesa però non come edificio, come può essere il Duomo di Milano o qualunque altra chiesa come questa in cui stiamo celebrando la Messa,
ma intesa per quello che è veramente, e cioè il popolo di Dio che ha come suo fondamento Cristo, e le letture di oggi ci aiutano a capire bene questa cosa, soprattutto la lettera ai Corinzi di San Paolo. Ciò significa che al centro della festa di oggi non c'è la bellezza di un edificio, e il duomo di Milano è un edificio davvero bello, ma la bellezza di un popolo, che è la Chiesa, che siamo noi che camminiamo o dovremmo camminare dietro Cristo buon pastore e quindi seguendo il pastore de lla nostra Chiesa ambrosiana, che è il vescovo. C'è un luogo comune che dobbiamo sfatare. Spesso molti dicono: Cristo si, la Chiesa no. Ecco, le letture di oggi ci fanno capire perché questo modo di pensare è una cavolata, non sta in piedi. Anzitutto, Cristo si. Va bene. Ma quale Cristo? Nel Vangelo di oggi chiedono a Gesù di dire apertamente se era lui il cristo o meno. Noi usiamo la parola Cristo come se Cristo fosse il cognome di Gesù. Il Cristo è colui che ha il potere di Dio, ma se uno pensa che il potere di Dio è quello di fare il mago che risolve i problemi di tutti o che spezza i denti a tutti, si aspetta che il Cristo sia così e quindi che Gesù sia così. E infatti Gesù dice: voi non potete credere in me, che io sono il Cristo, perché vi ho fatto vedere che il potere di Dio non è quello che avete in mente voi, il potere di Dio è amare, perdonare, servire, dare la vita eterna, condividere le miserie di tutti, non spadroneggiare, e infatti volete uccidermi. In altre parole, è Gesù che ci dice chi è il Cristo e quindi chi è veramente Dio. E dunque, Cristo si, ok, ma appunto: quale Cristo? Gesù o un altro? E chi nel corso della storia ha tramandato fino a noi il messaggio di Gesù? I suoi discepoli e i discepoli di questi discepoli fino a noi. Questa è la Chiesa. La Chiesa è dunque il popolo di Dio che collabora all'opera di Dio nella storia, come scrive San Paolo. E qual è l'opera di Dio, il lavoro di Dio, come ce lo ha rivelato Gesù? È quello di farci sentire tutti figli amati e quindi renderci capaci di vivere come fratelli, amandoci tra di noi come Dio ama noi. Non posso amare Dio che non vedo se non amo il fratello che vedo. Quindi se escludo la Chiesa che è il popolo dei miei fratelli, vuol dire che non conosco chi è Dio e non posso dire Cristo si, perché è una contraddizione. Spesso però uno rifiuta la Chiesa intendendo per Chiesa la gerarchia, papa, vescovi, preti, e in effetti nel corso della storia e anche oggi non sempre e non tutti i papi, i vescovi e i preti sono stati davvero collaboratori dell'opera di Dio rivelata da Gesù, anzi, ma se è per questo non solo loro, in generale tutti i cristiani, io per primo. Però anche qui, vedete. Dice Gesù: nessuno strapperà le pecore dalla mia mano. E San Paolo: la Chiesa è costruita su un fondamento che è Gesù, non il papa, i vescovi e i preti. Infatti anche quando i papi, i vescovi o i preti non hanno fatto o non fanno secondo quello che devono, come dice bene San Paolo, il fondamento non crolla. Ognuno rispond erà secondo quanto ha costruito. E questo vale per tutti. Perché tutti col battesimo siamo dedicati a Dio, consacrati a lui. Cosa vuol dire? Che il Battesimo è la definitiva parola di Dio su ciascuno che dice che siamo suoi figli amati, che nulla ci separa dal suo amore per noi, nemmeno il peccato. Ed è proprio il peccato che ahimè caratterizza tutti, e quindi nessuno ne è e sente. La Chiesa, proprio perché è un popolo di peccatori, a partire dai suoi ministri, testimonia che Dio ama davvero tutti non per i nostri meriti. La Chiesa è popolo di peccatori salvati, non di perfetti, ecco perché sussiste. Questa è la fede della Chiesa. Non guardare ai nostri peccati, ma alla fede della tua Chiesa. La fede della Chiesa è precisamente che l'amore di Dio è più grande di tutti i suoi, quindi nostri peccati, e sono proprio i nostri peccati a testimoniare l'amore di Dio, perché se Dio non avesse da perdonare, come ci potrebbe amare, e anche noi come potremmo dire di amare qualcuno se non avessimo nulla da perdonargli? Allora vuol dire che dobbiamo peccare apposta? No. Primo perché non ce n’è bisogno, noi pecchiamo già di nostro, e il peccato è sempre uno, non vivere secondo la sapienza del Vangelo una vita nell'amore. Secondo perché il peccato è sconveniente. È questo è un secondo luogo comune da sfatare, e sempre San Paolo spiega molto bene questa cosa. Il luogo comune è la frase che i buoni da morti vanno in paradiso, ma i cattivi sulla terra si divertono di più. E no invece, non è così. È solo apparenza che inganna. Paolo parla di ricompensa a seconda di come ha costruito sul fondamento. Se il fondamento è Cristo che ci rivela che noi siamo figli di un Dio che è Padre e che realizziamo la vita vivendo da fratelli nell'amore e noi nella vita facciamo il contrario, siamo come una Fe rari che va sul selciato invece che sulla pista da corsa, capite? Cioè buttiamo via la vita, rinneghiamo la nostra identità. Se siamo tempio di Dio, abitati da Dio e viviamo non secondo Dio, ci distruggiamo, dice Paolo. Poi Dio ci salva lo stesso perché siamo suoi figli. È questa non è una cosa da poco. Ma va ben compresa, appunto perché verrebbe da dire: allora tanto vale, vivo come mi pare. E no, invece, perché andrai anche in Paradiso, ma intanto hai spaccato la Ferrari andando sul selciato, e la cosa peggiore è che tu a bbia pensato, nel frattempo, ma che bello, come mi diverto. Certo, si salverà, dice Paolo, ma passando per il fuoco, e il fuoco è l'amore di Dio che distrugge tutto ciò che di male abbiamo fatto e ci fa vedere che proprio facendo il male abbiamo buttato via la vita terrena che ci è stata data. Che il Signore ci aiuti a capire bene queste cose.