Sapete che le letture di queste domeniche dopo il Martirio di San Giovanni Battista ci aiutano di volta in volta a
penetrare sempre più in profondità il mistero di Cristo, cioè a capire chi è Gesù. Gesù è colui che ci
ha rivelato il vero
volto di Dio, e se non guardiamo a Lui, se non lasciamo penetrare in noi il suo pensiero, come ci richiama il nostro
vescovo nella sua lettera pastorale (educarci al pensiero
di Cristo) siamo fregati perché, nonostante
ci diciamo
cristiani, cioè suoi discepoli, di fatto non lo sia
mo perché pensiamo Dio in modo opposto a quello che
Gesù ci ha
mostrato, e la parabola di oggi è molto eloquente a
riguardo, e ci tocca tutti da vicino, perché ha al
centro il tema
della giustizia di Dio e della ricompensa. Isaia nella prima lettura diceva: un Dio giusto e salvatore
non c’è all’infuori
di me, e dunque volgetevi a me e sarete salvi, voi
tutti confini della terra. Ma cosa vuol dire che Dio è giusto e
salvatore? La parabola di Gesù ci indica una cosa certa: che le nostre idee di giustizia e di salvezza
non corrispondono
a quelle di Dio. Ora, qui non si sta parlando di giustizia sociale. I sindacati e i lavoratori troverebbero pane per i loro
denti leggendo questa parabola, se un datore di lavoro pagasse allo stesso modo uno che lavora tutto il giorno e uno
che lavora solo un'ora. Nel contempo però è interessante vedere che questo padrone della vigna è proprio contro la
disoccupazione perché non ci sta a vedere qualcuno
disoccupato, ma qui si tratta di capire qual è il lavoro di cui si
parla perché la parabola di Gesù, come dicevo, non
parla di giustizia sociale, ma vuole spiegare chi è
Dio e qual è la
ricompensa di chi lavora nella sua vigna. Se ricordate, domenica scorsa abbiamo letto la parabola del
buon
samaritano, che Gesù racconta perché un tale gli aveva domandato cosa fare per avere la vita eterna, e
la vita eterna
è la vita stessa di Dio, è appartenere a Lui, è sentire che Lui ci ama come figli, è amarlo come Padre
e diventare
capaci di amare gli altri come fratelli. Noi siamo
programmati per sentirci amati e per amare. Quando
questo accade
abbiamo la gioia, questa è la vita eterna, che dunque può cominciare già adesso. Questo è il Regno di
Dio, questa è la
nostra ricompensa, il modo in cui Dio ci retribuisce, e qui veniamo alla parabola di oggi dove Gesù paragona il Regno
di Dio a una vigna Dio chiama tutti a lavorare per
avere questa ricompensa. Non è facile capire questa
cosa, ma è
essenziale, ne va di tutto il Vangelo, cioè della bella notizia che Gesù è venuto ad annunciare e che
siamo chiamati ad
annunciare. La missione della Chiesa è questa, non
solo in questo mese di ottobre, ma sempre, però, ripeto, non è
facile capire questa cosa, come dimostrano gli operai chiamati a lavorare fin dalle prime ore del mattino. Capire, in
sostanza, che Dio ci salva perché ci vuol bene e non per i nostri meriti, e che la ricompensa, e dunque la salvezza, è
quando ci sentiamo riempiti d'amore e impariamo ad
amare. Non è facile capirlo perché noi vorremmo altro come
ricompensa, e infatti siamo spesso arrabbiati con Dio, e perché lo siamo? Precisamente perché siamo come i
lavoratori della prima ora che vediamo Dio come un
datore di lavoro che deve premiarci a seconda dei nostri sforzi e
dei nostri meriti. Infatti, questi operai si arrabbiano quando il padrone al termine della giornata li
paga esattamente
come paga gli ultimi. È il dramma di chi è giusto o
si crede tale perché ha cercato di fare il bravo tutta la vita, magari
non riuscendoci sempre perché nessuno è impeccabile, però ci ha provato, e in fin dei conti, dice, non
ho mai
ammazzato nessuno, ho cercato di fare il bene, ho sempre pregato, sono venuto a messa, e il risultato
qual è? Che la
mia ricompensa è che le cose mi vanno male, mentre
a chi non ha mai fatto queste cose non solo gli vanno bene, ma
addirittura scopro che Dio vuol bene anche a lui e
anche se si converte all'ultimo momento vuole ricompensarlo lo
stesso. La specialità di chi si ritiene giusto è proprio quella di essere perennemente brontolone perché Dio non lo
ripaga come vorrebbe. In fondo questa parabola dice
la stessa cosa di quella più famosa del figlio prodigo e di suo
fratello narrata da Luca. Dio, è questo che vuole spiegare Gesù, chiama a tutte le ore i suoi figli a
lavorare nella sua
vigna, cioè ad entrare nel suo regno, e il frutto che vuole raccogliere è la ricompensa che vuole darci, cioè la vita
eterna, la sua stessa vita, sentirci amati da lui come figli, amarlo come Padre e amare gli altri come
fratelli. Questo è
il salario che ci promette, un denaro, che era quanto bastava per vivere un giorno. Dacci oggi il nostro pane
quotidiano. Questo è il pane di cui abbiamo bisogno
per vivere bene la vita ogni giorno, sentirci amati e amare. Ed è
un pane che vuole darlo a tutti, anche a quelli che
si svegliano per ultimi. Quel denaro è lui stesso,
è la sua vita. E non
può dare a nessuno meno di questo. La mia ricompensa, se sto col Signore, se vivo come Gesù sentendomi
figlio e
fratello, non è che non mi succedono guai o che non
mi arrivano le croci da portare, ma che esse non mi schiacciano;
non è che non muoio, ma che la morte non mi fa più
paura; non è che tutti mi amano, ma che io imparo a
d amare
tutti perché mi sento amato da Dio e così realizzo
la mia vita. Questa pace è la ricompensa che ci viene data. Se
invece io penso a Dio come un datore di lavoro, lo
tratto come una prostituta che deve darmi certe prestazioni a
seconda di quanto la pago, per cui svolgo tutte le
pratiche religiose, compreso il venire a Messa o il
vivere secondo i
comandamenti, come dei doveri e degli obblighi per
avere altre cose come ricompensa, e quindi non amo
Dio per se
stesso, ma per quello che mi può dare e che deciso
io: tranquillità, soldi, salute, benessere. Tanto è
vero che quando
queste cose non arrivano e, al contrario, vedo che
ce le hanno gli operai dell'ultima ora mi arrabbio,
perché io, che
mi ritengo giusto che ho lavorato, non lo sopporto.
Insomma, il giusto, o chi si crede tale perché di
fatto non lo è, è
quello che si arrabbia con Dio perché è buono. Come
il figlio maggiore della parabola che si arrabbia
col Padre
perché ammazza il vitello grasso per festeggiare il
ritorno del figliol prodigo dimenticandosi che era
suo fratello, e qui
si capisce bene come proprio chi si ritiene giusto
è colui che è più lontano da Dio, perché giusti lo
diventiamo se
portiamo i frutti dell'amore, non dell'invidia, se
sentiamo gli altri come fratelli e non se ci arrabbiamo perché Dio li
perdona. Se io ho lavorato fin dall'inizio nella vigna del Signore, come il fratello maggiore che non
si era mai
allontanato dalla casa del Padre, è questa la mia fortuna, di aver potuto sempre godere dell'amore del
Padre. Se
invece ci sono restato per avere altro che sia meno
di Dio, allora non ho capito niente, e infatti mi
arrabbio quando
vedo che il Padre vuole perdonare il mio fratello.
Il fatto che Dio chiami a tutte le ore del giorno vuol dire che Dio
vuole la salvezza di tutti, e ognuno ha i suoi temp
i, e che chi lavora di più è più fortunato di chi ci arriva per ultimo
perché ha potuto sempre godere della ricompensa di
sentirsi figlio e fratello, perché la ricompensa per tutti è questo
denaro, non di più, perché questo denaro è ciò di cui abbiamo bisogno. Se invece uno è restato a lavorare nella vigna
per avere altra ricompensa, allora per forza si arrabbia, perché ha capito niente. E Dio gli dice: sei
invidioso perché io
sono buono? Guarda che io non ti sto facendo un torto. A te do il denaro che ti ho promesso, che è il
mio amore. Tu
ti arrabbi perché scopri che io amo tutti come miei
figli? Vuol dire che proprio tu che ti ritieni giu
sto non sei giusto, e
allora vattene, perché mi rifiuti come Padre. Vatte
ne, sì, tra gli ultimi, perché sei lontano da me. E
sarà proprio
quando ti accorgerai di essere lontano da me e che
io vengo a cercare proprio chi è più lontano, allora sarai tra i
primi, perchè capirai che tutto è grazia, che tu ti
salvi se non perché sei bravo, ma perché io ti voglio bene, e che la
tua ricompensa è questa. La Chiesa non è fatta di santi e perfetti, ma di peccatori che capiscono di essere salvati, e
per questo possono annunciare a tutti la misericordia di Dio, perché senza ipocrisia possono dire a tutti non che
fanno schifo perché non sono bravi come noi, giudicandoli, ma possono dire: se Dio ama uno come me che
sono
quello che sono, vuol dire che c'è speranza per tutti!!!!