domenica 11 ottobre 2015

VII DOMENICA DOPO IL MARTIRIO

Sono splendide, ma anche non facili e molto lunghe le letture di oggi. Se per spiegarle la tiro lunga io non va bene, ma a farla breve si riesce a dire poco. Per questo il lunedì sera, per chi vuole, faccio sempre un momento di spiegazione più prolungato. Allora adesso cerco, per come riesco, ad andare dritto al cuore della bella notizia che oggi il Signore ci comunica con la sua Parola. Non
dimentichiamo mai che le letture di queste domeniche del tempo dopo il Martirio di San Giovanni Battista vogliono aiutarci a capire sempre più in profondità chi è Gesù, perché Gesù ci rivela chi è Dio, e quindi se conosco il pensiero di Cristo, capisco chi è questo Dio nel quale credo. Sono tre domeniche che i vangeli ci propongono alcune parabole di Gesù: il buon samaritano due domeniche fa, i lavoratori nella vigna domenica sc rsa, e oggi addirittura tre parabole, quella del buon grano e della zizzania e due cortissime, quella del granello di senape e del lievito nella pasta. Poi c'è la spiegazione della parabola del grano e della zizzania dove si parla del giudizio di Dio è in mezzo la spiegazione del perché Gesù parlava in parabole. E non ci sarebbe da stupirsi se oggi alcune persone sentendo parlare di parabole pensasse a quelle che sono sui tetti o sulle finestre delle case. E allora vorrei partire da questo. Le parabole sono degli enigmi, come degli enigmi sono le domande più importanti della vita. Perché Gesù per parlare delle cose di Dio e delle cose più importanti della vita usava le parabole invece di parlare subito in modo chiaro per tutti? Perché rispetta la nostra libertà. Solo chi ha voglia di capire può capire le cose nascoste fin dalla fondazione del mondo, contenute nella Bibbia, e queste cose sono l’amore di Dio per noi. Ma solo chi vuole capire può capirlo, perché chi va avanti coi suoi schemi capisce niente, anzi, rifiuta il messaggio di Gesù, non lo capisce e non ci crede. La fede invece è credere che quello che ha detto Gesù è vero e Gesù rivoluziona il nostro modo di pensare. E anche le parabole di oggi ne sono un esempio. Come ho detto prima, non posso spiegarle nei dettagli. Partiamo da quella della zizzania. Cosa vuol dirci Gesù? In sostanza questo. Perché insieme al bene (il grano) c’è anche il male (la zizzania, l’erba cattiva)? Non certo per colpa di Dio. Dio ci ha creato liberi e noi possiamo fare il bene e il male e quindi godere del bene che ci fanno gli altri e soffrire per il male che ci viene fatto. E cosa fare di fronte al male? Come lo si elimina? Risposta dei discepoli: strappando la zizzania. Che tradotto vuol dire: tu fai del male a me? io lo faccio a te. Risultato: che ci ammazziamo tutti e due. Gesù risponde categorico: no! Se no con la zizzania strappi anche il buon grano. Cosa vuol dire? Che anche tu che sei il grano fai il male e diventi anche tu come la zizzania che vuoi strappare. E allora come si può eliminare il male? Non lo si elimina, ci sarà sempre, ma tu cosa devi fare? Vedendo il male che c’è ne gli altri devi fare quello che fa Dio con te quando vede il male che c’è dentro di te. Dio cosa fa? Ti perdona, ti riempie di amore perché tu, pieno di amore, ti senta voluto bene lo stesso, e così magari la smetti, e poi impari a fare la stessa cosa verso gli altri. Allora non sono gli altri che devono cambiare, ma sono io che devo cambiare il modo di affrontare la realtà fatta anche di male. Dopodiché ciascuno riceverà la propria ricompensa secondo il proprio lavoro, diceva San Paolo nella lettera ai Corinzi, e il fuoco proverà la qualità dell'opera di ciascuno. Il fuoco non è quello dell'inferno, ma dell'amore di Dio, un fuoco che brucia tutto il male, tutto ciò che non è amore. Se io per primo non perdono gli altri e non faccio il bene è perché io stesso non accetto il perdono di Dio, e siccome Dio giudica perdonando, io così mi escludo dal suo perdono, per cui il suo giudizio di amore diventa di condanna. Poi ci sono altre due brevi parabole che rispondono ad altre due domande. Perché il bene non fa notizia? E Gesù risponde: perché il bene è piccolo come un granellino di senape, cioè sembra insignificante, impotente e poco allettante. Perché questo? Perché le apparenze ingannano. Noi siamo affascinati dalla forza, dal potere, e ci sembra che il male sia più forte. Non è vero. È più forte chi di fronte a un’offesa reagisce d’istinto facendo ancora più male, o chi reagisce perdonando? Ma chi fa così è fesso, diciamo noi, senza accorgerci che stiamo dando del fesso a Gesù che con noi si comporta così. Ma è solo facendo così che l’amore di Dio diventa quel grande albero capace di accogliere tutti tra i suoi rami perché l’amore abbraccia tutti e distrugge il male, mentre l’odio distrugge tutto, ma può essere vinto dall’amore, che proprio per questo è più forte. Ecco, io faccio una cosa nuova: proprio ora germoglia, non ve ne accorgete? Erano le parole del profeta Isaia. Il rischio è appunto non accorgerci, non capire questa cosa sempre nuova e rivoluzionaria che ci dice il Signore, rivoluzionaria perché noi faremmo e di fatto facciamo il contrario, e lo facciamo perché non ci fidiamo, ma così facendo siamo ipocriti quando diciamo Padre nostro, perché non ci sentiamo suoi figli come Gesù e dunque fratelli degli altri. Pensiamo sia sconveniente fare come ci dice Gesù, dimenticando, ed ecco l’ultima breve parabola, quella del lievito messo in tre misure di farina e che la fa fermentare, che non solo il male, ma anche il bene, poco come il lievito, è contagioso. È Gesù il lievito che viene messo nella farina, nella terra del sepolcro, per tre giorni, e la fa fermentare eccome, risorgendo. Dio si fa piccolo mischiandosi con la farina della nostra fragilità per manifestare la sua misericordia, perché anche noi diventiamo lievito per questo mondo, amorevoli come Dio, che tutti accoglie. È il cammino che dobbiamo fare e il dono che dobbiamo chiedere soprattutto nell’eucaristia, il cui scopo è appunto quello di farci diventare come Gesù, pane spezzato e vino versato per tutti.