Sono splendide, ma anche non facili e molto lunghe
le letture di oggi. Se per spiegarle la tiro lunga
io non
va bene, ma a farla breve si riesce a dire poco. Per questo il lunedì sera, per chi vuole, faccio sempre un
momento di spiegazione più prolungato. Allora adesso cerco, per come riesco, ad andare dritto al cuore
della bella notizia che oggi il Signore ci comunica
con la sua Parola. Non
dimentichiamo mai che le letture
di queste domeniche del tempo dopo il Martirio di San Giovanni Battista vogliono aiutarci a capire sempre
più in profondità chi è Gesù, perché Gesù ci rivela
chi è Dio, e quindi se conosco il pensiero di Cristo,
capisco chi è questo Dio nel quale credo.
Sono tre domeniche che i vangeli ci propongono alcune parabole di Gesù: il buon samaritano due
domeniche fa, i lavoratori nella vigna domenica sc
rsa, e oggi addirittura tre parabole, quella del buon
grano e della zizzania e due cortissime, quella del
granello di senape e del lievito nella pasta. Poi
c'è la
spiegazione della parabola del grano e della zizzania dove si parla del giudizio di Dio è in mezzo la
spiegazione del perché Gesù parlava in parabole. E
non ci sarebbe da stupirsi se oggi alcune persone
sentendo parlare di parabole pensasse a quelle che
sono sui tetti o sulle finestre delle case.
E allora vorrei partire da questo. Le parabole sono
degli enigmi, come degli enigmi sono le domande più
importanti della vita. Perché Gesù per parlare delle cose di Dio e delle cose più importanti della vita usava
le parabole invece di parlare subito in modo chiaro
per tutti? Perché rispetta la nostra libertà. Solo
chi ha
voglia di capire può capire le cose nascoste fin dalla fondazione del mondo, contenute nella Bibbia, e
queste cose sono l’amore di Dio per noi. Ma solo chi vuole capire può capirlo, perché chi va avanti coi suoi
schemi capisce niente, anzi, rifiuta il messaggio di Gesù, non lo capisce e non ci crede. La fede invece è
credere che quello che ha detto Gesù è vero e Gesù
rivoluziona il nostro modo di pensare. E anche le
parabole di oggi ne sono un esempio. Come ho detto
prima, non posso spiegarle nei dettagli.
Partiamo da quella della zizzania. Cosa vuol dirci
Gesù? In sostanza questo. Perché insieme al bene (il
grano) c’è anche il male (la zizzania, l’erba cattiva)? Non certo per colpa di Dio. Dio ci ha creato liberi e noi
possiamo fare il bene e il male e quindi godere del
bene che ci fanno gli altri e soffrire per il male
che ci
viene fatto. E cosa fare di fronte al male? Come lo
si elimina? Risposta dei discepoli: strappando la
zizzania.
Che tradotto vuol dire: tu fai del male a me? io lo
faccio a te. Risultato: che ci ammazziamo tutti e
due.
Gesù risponde categorico: no! Se no con la zizzania
strappi anche il buon grano. Cosa vuol dire? Che anche
tu che sei il grano fai il male e diventi anche tu
come la zizzania che vuoi strappare. E allora come
si può
eliminare il male? Non lo si elimina, ci sarà sempre, ma tu cosa devi fare? Vedendo il male che c’è ne
gli altri
devi fare quello che fa Dio con te quando vede il male che c’è dentro di te. Dio cosa fa? Ti perdona,
ti
riempie di amore perché tu, pieno di amore, ti senta voluto bene lo stesso, e così magari la smetti, e
poi
impari a fare la stessa cosa verso gli altri. Allora non sono gli altri che devono cambiare, ma sono io che
devo cambiare il modo di affrontare la realtà fatta
anche di male. Dopodiché ciascuno riceverà la propria
ricompensa secondo il proprio lavoro, diceva San Paolo nella lettera ai Corinzi, e il fuoco proverà la
qualità
dell'opera di ciascuno. Il fuoco non è quello dell'inferno, ma dell'amore di Dio, un fuoco che brucia
tutto il
male, tutto ciò che non è amore. Se io per primo non perdono gli altri e non faccio il bene è perché io
stesso non accetto il perdono di Dio, e siccome Dio
giudica perdonando, io così mi escludo dal suo
perdono, per cui il suo giudizio di amore diventa di condanna. Poi ci sono altre due brevi parabole che
rispondono ad altre due domande. Perché il bene non
fa notizia? E Gesù risponde: perché il bene è piccolo
come un granellino di senape, cioè sembra insignificante, impotente e poco allettante. Perché questo?
Perché le apparenze ingannano. Noi siamo affascinati dalla forza, dal potere, e ci sembra che il male
sia più
forte. Non è vero. È più forte chi di fronte a un’offesa reagisce d’istinto facendo ancora più male, o
chi
reagisce perdonando? Ma chi fa così è fesso, diciamo noi, senza accorgerci che stiamo dando del fesso
a
Gesù che con noi si comporta così. Ma è solo facendo così che l’amore di Dio diventa quel grande albero
capace di accogliere tutti tra i suoi rami perché l’amore abbraccia tutti e distrugge il male, mentre
l’odio
distrugge tutto, ma può essere vinto dall’amore, che proprio per questo è più forte. Ecco, io faccio una
cosa nuova: proprio ora germoglia, non ve ne accorgete? Erano le parole del profeta Isaia. Il rischio
è
appunto non accorgerci, non capire questa cosa sempre nuova e rivoluzionaria che ci dice il Signore,
rivoluzionaria perché noi faremmo e di fatto facciamo il contrario, e lo facciamo perché non ci fidiamo, ma
così facendo siamo ipocriti quando diciamo Padre nostro, perché non ci sentiamo suoi figli come Gesù e
dunque fratelli degli altri. Pensiamo sia sconveniente fare come ci dice Gesù, dimenticando, ed ecco
l’ultima breve parabola, quella del lievito messo in tre misure di farina e che la fa fermentare, che
non solo
il male, ma anche il bene, poco come il lievito, è
contagioso. È Gesù il lievito che viene messo nella
farina,
nella terra del sepolcro, per tre giorni, e la fa fermentare eccome, risorgendo. Dio si fa piccolo mischiandosi
con la farina della nostra fragilità per manifestare la sua misericordia, perché anche noi diventiamo
lievito
per questo mondo, amorevoli come Dio, che tutti accoglie. È il cammino che dobbiamo fare e il dono che
dobbiamo chiedere soprattutto nell’eucaristia, il cui scopo è appunto quello di farci diventare come Gesù,
pane spezzato e vino versato per tutti.