Come ripeto sempre, le letture delle domeniche dopo
Pentecoste sono tenute insieme da un tema comune,
e il
punto di partenza è sempre la prima lettura che di
domenica in domenica ci fa ripercorrere le tappe pr
incipali della
storia di Israele. Quelle di domenica scorsa ci par
lavano della sapienza, presentandoci il re Salomone
che all’inizio del
suo regno chiede a Dio questo dono:
sapienza è sape
r usare della propria intelligenza per distinguere
il bene dal
male e per compiere il bene. La prima lettura e il
vangelo di oggi, al contrario, ci presentano modi d
i agire ben
lontani da questa sapienza, e san Paolo ci da invec
e 23 suggerimenti molto concreti per vivere con sap
ienza. Dopo la
morte di Salomone, il regno di Israele si era divis
o in due e tutti i re furono uno peggio dell’altro.
Oggi abbiamo letto
un episodio della vita del profeta Elia chiamato da
Dio ad andare ad accusare il re Acab e sua moglie
Gezabele
dell’orrendo delitto che avevano compiuto nei confr
onti di un pover uomo di nome Nabot. Acab voleva so
ddisfare
un suo capriccio: voleva la vigna del povero Nabot,
e siccome Nabot si era rifiutato di cedergliela, A
cab addirittura
non riesce a dormire, come un bambino capriccioso v
uole avere il giocattolo di Nabot e allora, aiutato
dalla cattiveria
e della perfidia di sua moglie Gezabele, mette in s
cena un processo nel quale il povero Nabot viene ac
cusato
ingiustamente di avere maledetto Dio e il re e quin
di Nabot viene condannato a morte. Bene, il raccont
o evangelico
di oggi ricalca la storia del re Acab: cambiano i p
ersonaggi, ma non la sostanza. E’ la parabola del r
icco epulone, un
termine che significa ricco, egoista, ghiottone e m
angione, che pensa solo a riempire la sua pancia, v
estito di porpora
e bisso, quindi tutto firmato, diremmo oggi: a lui
interessa apparire per quello che ha e che indossa.
Non è cattivo
come il re Acab, ma peggio: è indifferente, non si
accorge nemmeno che fuori dalla porta di casa sua c
’è un povero di
nome Lazzaro che non riesce nemmeno a cibarsi delle
briciole di cui invece si nutrono i cani in casa d
el ricco. Lazzaro
è dunque il Cristo piagato, colui che porta il male
del mondo, è l'altra parte del mondo che fa le spe
se della nostra
egoistica ricerca della qualità della vita. Del res
to, se io pesto il piede a qualcuno, io non sento n
ulla, sento il morbido
so0o il piede, mentre lui sente male, poi io mi chi
edo chissà perché grida: è molto maleducato gridare
! Poi però
viene la morte e al ricco si aprono gli occhi, ed è
tragicamente divertente che a quel punto sia lui a
chiedere che sia
Lazzaro a venire ad aiutarlo bagnandoli la punta de
lla lingua con un goccio d'acqua. Ma come mandami L
azzaro? È
tutta la vita che te lo mando per salvarti e tu non
te ne sei mai accorto. Sei tu che hai scavato un a
bisso tra te e lui.
Dovevi crepare per capirlo? La vita ti serviva prop
rio per colmare questo abisso con l'amore, non per
farlo diventare
sempre più profondo. Allora mandalo ai miei fratell
i perché si ravvedano. Ma come? Ce l'hanno già alle
porte di casa
e magari sono in casa a leggere Mosè e i profeti. C
osa dice la legge dì Mosè se non di amare il prossi
mo? Non è
sufficiente? No, perché magari vedendo un morto ris
orto si scuotono di più. Sì certo, infatti cosa acc
adde quando
Gesù fece risorgere guarda caso un altro povero Laz
zaro che era morto? Che volevano ammazzare sia lui
sia Lazzaro.
Cioè: se non si ascolta il comando dell'amore, se n
on si capisce che siamo tutti figli amati dal Padre
e che gli altri
sono fratelli, non c'è nulla che tenga. È davvero p
oten8ssima questa parabola: tu0o il futuro dipende
dal presente; il
nostro des8no è nelle nostre mani: se viviamo da fi
gli e da fratelli siamo figli e fratelli; se viviam
o scavandoci la fossa,
scavandoci l’abisso siamo nell’abisso. Va beh, poi
ci penserà Dio, poi saremo salvi per misericordia,
perché qualcosa
di bene nella vita ciascuno di noi avrà pur fatto n
o? Il problema è capire che solo facendo il bene re
alizziamo ora la
nostra vita, e quindi che ci conviene adesso. Ricor
date il Vangelo di domenica scorsa? Gesù aveva dett
o che i beni del
mondo e le ricchezze servono per essere usati in mo
do solidale, sul presupposto che tutti siamo fratel
li figli di un
unico Padre. E quindi che il ricco che usa il poter
e per soddisfare i suoi capricci o per dominare gli
altri non si salva,
perché la salvezza è quando io mi sento amato dal P
adre e amo i fratelli, come Gesù. Sono salvo perché
interiormente libero, non sono schiavo delle mie vo
glie egoistiche, non faccio dipendere la mia gioia
dal possesso di
cose e persone, sono radicato nell'amore di Dio e f
accio diventare l'amore per i fratelli lo scopo del
la mia vita. La
salvezza non è prima di tutto andare in Paradiso o
all'Inferno dopo la morte, ma cercare il Paradiso g
ià qui invece di
vivere già qui una vita di inferno facendola vivere
anche agli altri, e il segreto è questo. I poveri
e i ricchi ci sono
sempre, e alla fine moriamo tu=. A cosa serve esser
e vissu8? Se siamo vissu8 a scavare sempre più prof
ondamente
l’abisso tra il ricco e il povero, quindi nel non v
ivere la fraternità, allora tu0a la vita è perduta.
Se invece la nostra vita
è stata spesa a stabilire la fraternità, a ge0are i
l ponte, ecco che allora comprendiamo il senso nuov
o della storia: il
senso nuovo della storia è che il povero salva il r
icco! Cioè, facendo il bene al povero, noi non salv
iamo il povero, ma
ci salviamo noi, perché il povero è Gesù, è Dio che
ha dato tutto se stesso per noi, e dunque è povero
, e allora
diventando poveri per aiutare i poveri con le nostr
e ricchezze, diventiamo come Dio. Mi sono messo a c
ontare le
indicazioni di san Paolo contenute nella lettura di
oggi. Andate a rileggerle: egli indica ben 23 cose
da fare e da non
fare per compiere il bene, 23 esempi molto concreti
. Lasciamo un momento di silenzio e siccome tutti a
vete il
foglietto tra le mani, chi non ce l'ha vada a prend
erlo o lo legga insieme a chi ha di fianco, e vi in
vito ad andare a
rileggerli.