domenica 31 luglio 2016

XI DOMENICA DOPO PENTECOSTE ANNO C

 Come ripeto sempre, le letture delle domeniche dopo Pentecoste sono tenute insieme da un tema comune, e il punto di partenza è sempre la prima lettura che di domenica in domenica ci fa ripercorrere le tappe pr incipali della storia di Israele. Quelle di domenica scorsa ci par lavano della sapienza, presentandoci il re Salomone che all’inizio del suo regno chiede a Dio questo dono:
sapienza è sape r usare della propria intelligenza per distinguere il bene dal male e per compiere il bene. La prima lettura e il vangelo di oggi, al contrario, ci presentano modi d i agire ben lontani da questa sapienza, e san Paolo ci da invec e 23 suggerimenti molto concreti per vivere con sap ienza. Dopo la morte di Salomone, il regno di Israele si era divis o in due e tutti i re furono uno peggio dell’altro. Oggi abbiamo letto un episodio della vita del profeta Elia chiamato da Dio ad andare ad accusare il re Acab e sua moglie Gezabele dell’orrendo delitto che avevano compiuto nei confr onti di un pover uomo di nome Nabot. Acab voleva so ddisfare un suo capriccio: voleva la vigna del povero Nabot, e siccome Nabot si era rifiutato di cedergliela, A cab addirittura non riesce a dormire, come un bambino capriccioso v uole avere il giocattolo di Nabot e allora, aiutato dalla cattiveria e della perfidia di sua moglie Gezabele, mette in s cena un processo nel quale il povero Nabot viene ac cusato ingiustamente di avere maledetto Dio e il re e quin di Nabot viene condannato a morte. Bene, il raccont o evangelico di oggi ricalca la storia del re Acab: cambiano i p ersonaggi, ma non la sostanza. E’ la parabola del r icco epulone, un termine che significa ricco, egoista, ghiottone e m angione, che pensa solo a riempire la sua pancia, v estito di porpora e bisso, quindi tutto firmato, diremmo oggi: a lui interessa apparire per quello che ha e che indossa. Non è cattivo come il re Acab, ma peggio: è indifferente, non si accorge nemmeno che fuori dalla porta di casa sua c ’è un povero di nome Lazzaro che non riesce nemmeno a cibarsi delle briciole di cui invece si nutrono i cani in casa d el ricco. Lazzaro è dunque il Cristo piagato, colui che porta il male del mondo, è l'altra parte del mondo che fa le spe se della nostra egoistica ricerca della qualità della vita. Del res to, se io pesto il piede a qualcuno, io non sento n ulla, sento il morbido so0o il piede, mentre lui sente male, poi io mi chi edo chissà perché grida: è molto maleducato gridare ! Poi però viene la morte e al ricco si aprono gli occhi, ed è tragicamente divertente che a quel punto sia lui a chiedere che sia Lazzaro a venire ad aiutarlo bagnandoli la punta de lla lingua con un goccio d'acqua. Ma come mandami L azzaro? È tutta la vita che te lo mando per salvarti e tu non te ne sei mai accorto. Sei tu che hai scavato un a bisso tra te e lui. Dovevi crepare per capirlo? La vita ti serviva prop rio per colmare questo abisso con l'amore, non per farlo diventare sempre più profondo. Allora mandalo ai miei fratell i perché si ravvedano. Ma come? Ce l'hanno già alle porte di casa e magari sono in casa a leggere Mosè e i profeti. C osa dice la legge dì Mosè se non di amare il prossi mo? Non è sufficiente? No, perché magari vedendo un morto ris orto si scuotono di più. Sì certo, infatti cosa acc adde quando Gesù fece risorgere guarda caso un altro povero Laz zaro che era morto? Che volevano ammazzare sia lui sia Lazzaro. Cioè: se non si ascolta il comando dell'amore, se n on si capisce che siamo tutti figli amati dal Padre e che gli altri sono fratelli, non c'è nulla che tenga. È davvero p oten8ssima questa parabola: tu0o il futuro dipende dal presente; il nostro des8no è nelle nostre mani: se viviamo da fi gli e da fratelli siamo figli e fratelli; se viviam o scavandoci la fossa, scavandoci l’abisso siamo nell’abisso. Va beh, poi ci penserà Dio, poi saremo salvi per misericordia, perché qualcosa di bene nella vita ciascuno di noi avrà pur fatto n o? Il problema è capire che solo facendo il bene re alizziamo ora la nostra vita, e quindi che ci conviene adesso. Ricor date il Vangelo di domenica scorsa? Gesù aveva dett o che i beni del mondo e le ricchezze servono per essere usati in mo do solidale, sul presupposto che tutti siamo fratel li figli di un unico Padre. E quindi che il ricco che usa il poter e per soddisfare i suoi capricci o per dominare gli altri non si salva, perché la salvezza è quando io mi sento amato dal P adre e amo i fratelli, come Gesù. Sono salvo perché interiormente libero, non sono schiavo delle mie vo glie egoistiche, non faccio dipendere la mia gioia dal possesso di cose e persone, sono radicato nell'amore di Dio e f accio diventare l'amore per i fratelli lo scopo del la mia vita. La salvezza non è prima di tutto andare in Paradiso o all'Inferno dopo la morte, ma cercare il Paradiso g ià qui invece di vivere già qui una vita di inferno facendola vivere anche agli altri, e il segreto è questo. I poveri e i ricchi ci sono sempre, e alla fine moriamo tu=. A cosa serve esser e vissu8? Se siamo vissu8 a scavare sempre più prof ondamente l’abisso tra il ricco e il povero, quindi nel non v ivere la fraternità, allora tu0a la vita è perduta. Se invece la nostra vita è stata spesa a stabilire la fraternità, a ge0are i l ponte, ecco che allora comprendiamo il senso nuov o della storia: il senso nuovo della storia è che il povero salva il r icco! Cioè, facendo il bene al povero, noi non salv iamo il povero, ma ci salviamo noi, perché il povero è Gesù, è Dio che ha dato tutto se stesso per noi, e dunque è povero , e allora diventando poveri per aiutare i poveri con le nostr e ricchezze, diventiamo come Dio. Mi sono messo a c ontare le indicazioni di san Paolo contenute nella lettura di oggi. Andate a rileggerle: egli indica ben 23 cose da fare e da non fare per compiere il bene, 23 esempi molto concreti . Lasciamo un momento di silenzio e siccome tutti a vete il foglietto tra le mani, chi non ce l'ha vada a prend erlo o lo legga insieme a chi ha di fianco, e vi in vito ad andare a rileggerli.