domenica 15 gennaio 2017

II DOMENICA DOPO EPIFANIA 2017

 In questa seconda domenica dopo l’Epifania celebria mo la terza epifania di Gesù: la prima fu da piccol o davanti ai Magi, la seconda all’inizio della sua mi ssione nel momento del suo Battesimo nel fiume Gior dano e che abbiamo contemplato domenica scorsa, la terza oggi, alle nozze di Cana e la quarta sarà domenica prossima nella scena dei pani e dei pesci. Sono tut te epifanie di Gesù che
manifestano quello che lui farà a Pasqua dove, sulla croce, perdonando tutti, fa vede re che davvero Dio è un Padre che ama tutti i suoi figli, nessuno escluso, e quindi noi non dobbiamo far null a per meritarci il suo amore, ma solo accoglierlo, per diventare come lui amando i fratelli allo stesso mo do. E a capire questa cosa, sulla croce, saranno pr oprio uno straniero come il centurione romano e un peccat ore come il ladro. Ecco perché quando Gesù nasce i primi a riconoscere che quel bambino nella mangiato ia è il Signore di tutti sono proprio dei peccatori come i pastori e degli stranieri come i magi, che erano ritenuti esclusi dall’amore di Dio. Allo stesso mod o, quando Gesù inizia la sua missione venendo battezzato al G iordano, mettendosi in fila coi peccatori, Gesù man ifesta che Dio odia il peccato, non i peccatori, e fa dive ntare i nostri peccati il luogo in cui manifesta la sua misericordia, perdonandoceli. I due miracoli, quell o di oggi alle nozze di Cana e quello che leggeremo domenica prossima, manifestano ancora le stesse cos e. Però qui è più complicato perché prima dovremmo fare un lungo discorso per capire cosa sono i mirac oli. Dovremmo, ma non possiamo farlo. Possiamo solo dire come prima cosa che i miracoli di Gesù è sbagl iato chiamarli miracoli, come li intendiamo noi normalmente, cioè opere di magia che sovvertono l’o rdine della natura e delle cose. Così facendo poi n on si capisce più niente , e ci si chiede ad esempio: per ché a lui si e a me no? E si risponde: i disegni di Dio sono imperscrutabili e così uno diventa ateo. Qualche an no fa avevo letto che a Loreto, una donna anziana d i 95 anni, in carrozzella, si era alzata. “Miracolo, la Madonna ha fatto il miracolo”, e uno dice: “Madonni na mia, già che dovevi fare un miracolo, non era meglio una bambina di 2-3 anni paralizzata?”. E poi si fa confusione tra Dio, la Madonna e i santi: vanno ben e tutti, tanto è vero che nei momenti più difficili si dice che uno non sa più a che santo votarsi. E’ interess ante che nei vangeli non c’è mai scritto miracoli, e Gesù non ha mai fatto miracoli di questo tipo, e infatti i vangeli parlano di prodigi, di opere, di guarigi oni, di segni, che non sono dunque miracoli come li intendi amo noi, come nel vangelo di Giovanni: questo, a Ca na, fu l’inizio dei segni compiuti da Gesù. Lo capiremo meglio domenica prossima leggendo il segno dei pan i e dei pesci, che normalmente viene chiamato il miraco lo della moltiplicazione dei pani e dei pesci, perc hé in realtà Gesù non moltiplica un bel niente, basta leg gere bene il testo e poi interpretarlo nel modo giu sto. Lo stesso vale per quello che accadde a Cana di Galile a. Non dobbiamo tanto chiederci cosa accadde a Cana , ma cosa ci vuol dire l’evangelista raccontando ques to segno operato da Gesù. Perché per la mia vita, vedete, sapere che Gesù cambiò 600 litri di acqua i n 600 litri di vino per far contenti due sposi e gl i invitati alle nozze, come se fosse un gioco di prestigio, a cosa serve, se poi ci sono milioni di persone che p er esempio non hanno nemmeno di che mangiare o avrebbe ro bisogno di ben altri miracoli come guarire da una malattia? Ora io non posso spiegare nei dettagl i questo segno, lo faccio il lunedì sera per chi vi ene agli incontri, però il succo è questo. La festa di nozze rappresenta l’alleanza tra Dio e il suo popolo, do ve Dio è lo sposo e il popolo la sposa. Il momento importante d el matrimonio è quello in cui lo sposo e la sposa b evono allo stesso calice di vino, e il vino rappresenta l ’amore tra gli sposi. Ebbene in questo matrimonio m anca l’elemento più importante, manca il vino, manca l’a more. La madre di Gesù gli disse: “Non hanno vino” e Gesù le risponde malamente chiamandola donna, e all ora uno sta a chiedersi: perché Gesù è così maleducato con sua mamma? E poi a quei tempi, e anc he oggi, non si usava chiamare donna una madre, e allora perché Gesù la chiama donna e nel vangelo c’ è scritto la madre e non Maria? Perché quando nel vangelo non si usano i nomi propri, vuol dire che q uel personaggio rappresenta qualcos’altro, per cui qui Maria non rappresenta la mamma di Gesù. Donna signi fica sposa, moglie (e Gesù userà questa parola per rivolgersi anche alla samaritana e a Maria Maddalen a), la sposa fedele che si accorge che il popolo no n ha vino, cioè non ha l’amore. Gesù le dice: “Che vuoi da me?”, che vuol dire il contrario di quel che sem bra, perché è un’espressione ebraica, e vuol dire: lo so bene cosa vuoi, vuoi che io intervenga perché senz a vino non c’è gioia, ma non è ancora giunta la mia ora, p erché l’ora è la croce, quando Gesù effonderà il su o sangue, darà la sua vita, il vino della gioia. Lei capisce, e infatti dice ai servi: tutto quello che vi dirà fatelo. E Gesù fa quello che abbiamo letto anche se non era l a sua ora, e lo fa per spiegare qual è il motivo pe r cui manca il vino, per quale motivo manca l’amore, e no n per fare un gioco di prestigio. E lo spiega riemp iendo d’acqua le sei anfore vuote. Le anfore servivano pe r purificarsi dai peccati e sono l’immagine dell’uo mo pieno di sensi di colpa perché non è fedele alla le gge di Dio e quindi ha paura che Dio non lo ami se non si purifica e non fa il bravo. Gesù le fa riempire d’a cqua che rappresenta se stesso (pensate quando dirà : io sono l’acqua viva che zampilla per la vita eterna), la sua Parola. Se io mi riempio della sua Parola, se la ascolto, mi fido, cosa succede? Che quest’acqua si trasforma in vino, il vino della gioia, perché fida ndomi della sua Parola capisco chi è Dio, che non siamo n oi ad amare Dio con i nostri sforzi, ma è Lui che a ma noi, così come siamo, stranieri, ladri, peccatori, buoni , cattivi. Che l’amore di Dio non è un merito, ma u n regalo. La gloria di Dio è il suo amore per noi: con questo segno egli manifestò la sua gloria, dice l’evangel ista, rimandando all’ora della croce di cui appunto quant o accadde a Cana era un’epifania, perché sulla croc e Gesù manifesterà totalmente la gloria di Dio, il su o amore per tutti. Il miracolo, dunque, è quando io , come un’anfora, accolgo l’amore di Dio che mi trasforma, mi fa risorgere, mi fa diventare come Lui, imparo ad amare gli altri come Dio ama me, vivo ogni momento della vita con questo vino, capisco che Dio non è c olui che come un mago trasforma le cose facendomele anda r bene, ma è colui che cambia me, il mio modo di affrontarle, tutte, anche la morte. E’ il vero mira colo che non dobbiamo mai smettere di invocare.