In questa seconda domenica dopo l’Epifania celebria
mo la terza epifania di Gesù: la prima fu da piccol
o
davanti ai Magi, la seconda all’inizio della sua mi
ssione nel momento del suo Battesimo nel fiume Gior
dano
e che abbiamo contemplato domenica scorsa, la terza
oggi, alle nozze di Cana e la quarta sarà domenica
prossima nella scena dei pani e dei pesci. Sono tut
te epifanie di Gesù che
manifestano quello che lui
farà a
Pasqua dove, sulla croce, perdonando tutti, fa vede
re che davvero Dio è un Padre che ama tutti i suoi
figli,
nessuno escluso, e quindi noi non dobbiamo far null
a per meritarci il suo amore, ma solo accoglierlo,
per
diventare come lui amando i fratelli allo stesso mo
do. E a capire questa cosa, sulla croce, saranno pr
oprio
uno straniero come il centurione romano e un peccat
ore come il ladro. Ecco perché quando Gesù nasce i
primi a riconoscere che quel bambino nella mangiato
ia è il Signore di tutti sono proprio dei peccatori
come
i pastori e degli stranieri come i magi, che erano
ritenuti esclusi dall’amore di Dio. Allo stesso mod
o, quando
Gesù inizia la sua missione venendo battezzato al G
iordano, mettendosi in fila coi peccatori, Gesù man
ifesta
che Dio odia il peccato, non i peccatori, e fa dive
ntare i nostri peccati il luogo in cui manifesta la
sua
misericordia, perdonandoceli. I due miracoli, quell
o di oggi alle nozze di Cana e quello che leggeremo
domenica prossima, manifestano ancora le stesse cos
e. Però qui è più complicato perché prima dovremmo
fare un lungo discorso per capire cosa sono i mirac
oli. Dovremmo, ma non possiamo farlo. Possiamo solo
dire come prima cosa che i miracoli di Gesù è sbagl
iato chiamarli miracoli, come li intendiamo noi
normalmente, cioè opere di magia che sovvertono l’o
rdine della natura e delle cose. Così facendo poi n
on si
capisce più niente , e ci si chiede ad esempio: per
ché a lui si e a me no? E si risponde: i disegni di
Dio sono
imperscrutabili e così uno diventa ateo. Qualche an
no fa avevo letto che a Loreto, una donna anziana d
i 95
anni, in carrozzella, si era alzata. “Miracolo, la
Madonna ha fatto il miracolo”, e uno dice: “Madonni
na mia,
già che dovevi fare un miracolo, non era meglio una
bambina di 2-3 anni paralizzata?”. E poi si fa
confusione tra Dio, la Madonna e i santi: vanno ben
e tutti, tanto è vero che nei momenti più difficili
si dice
che uno non sa più a che santo votarsi. E’ interess
ante che nei vangeli non c’è mai scritto miracoli,
e Gesù
non ha mai fatto miracoli di questo tipo, e infatti
i vangeli parlano di prodigi, di opere, di guarigi
oni, di
segni, che non sono dunque miracoli come li intendi
amo noi, come nel vangelo di Giovanni: questo, a Ca
na,
fu l’inizio dei segni compiuti da Gesù. Lo capiremo
meglio domenica prossima leggendo il segno dei pan
i e
dei pesci, che normalmente viene chiamato il miraco
lo della moltiplicazione dei pani e dei pesci, perc
hé in
realtà Gesù non moltiplica un bel niente, basta leg
gere bene il testo e poi interpretarlo nel modo giu
sto. Lo
stesso vale per quello che accadde a Cana di Galile
a. Non dobbiamo tanto chiederci cosa accadde a Cana
,
ma cosa ci vuol dire l’evangelista raccontando ques
to segno operato da Gesù. Perché per la mia vita,
vedete, sapere che Gesù cambiò 600 litri di acqua i
n 600 litri di vino per far contenti due sposi e gl
i invitati
alle nozze, come se fosse un gioco di prestigio, a
cosa serve, se poi ci sono milioni di persone che p
er
esempio non hanno nemmeno di che mangiare o avrebbe
ro bisogno di ben altri miracoli come guarire da
una malattia? Ora io non posso spiegare nei dettagl
i questo segno, lo faccio il lunedì sera per chi vi
ene agli
incontri, però il succo è questo. La festa di nozze
rappresenta l’alleanza tra Dio e il suo popolo, do
ve Dio è lo
sposo e il popolo la sposa. Il momento importante d
el matrimonio è quello in cui lo sposo e la sposa b
evono
allo stesso calice di vino, e il vino rappresenta l
’amore tra gli sposi. Ebbene in questo matrimonio m
anca
l’elemento più importante, manca il vino, manca l’a
more. La madre di Gesù gli disse: “Non hanno vino”
e
Gesù le risponde malamente chiamandola donna, e all
ora uno sta a chiedersi: perché Gesù è così
maleducato con sua mamma? E poi a quei tempi, e anc
he oggi, non si usava chiamare donna una madre, e
allora perché Gesù la chiama donna e nel vangelo c’
è scritto la madre e non Maria? Perché quando nel
vangelo non si usano i nomi propri, vuol dire che q
uel personaggio rappresenta qualcos’altro, per cui
qui
Maria non rappresenta la mamma di Gesù. Donna signi
fica sposa, moglie (e Gesù userà questa parola per
rivolgersi anche alla samaritana e a Maria Maddalen
a), la sposa fedele che si accorge che il popolo no
n ha
vino, cioè non ha l’amore. Gesù le dice: “Che vuoi
da me?”, che vuol dire il contrario di quel che sem
bra,
perché è un’espressione ebraica, e vuol dire: lo so
bene cosa vuoi, vuoi che io intervenga perché senz
a vino
non c’è gioia, ma non è ancora giunta la mia ora, p
erché l’ora è la croce, quando Gesù effonderà il su
o
sangue, darà la sua vita, il vino della gioia. Lei
capisce, e infatti dice ai servi: tutto quello che
vi dirà fatelo. E
Gesù fa quello che abbiamo letto anche se non era l
a sua ora, e lo fa per spiegare qual è il motivo pe
r cui
manca il vino, per quale motivo manca l’amore, e no
n per fare un gioco di prestigio. E lo spiega riemp
iendo
d’acqua le sei anfore vuote. Le anfore servivano pe
r purificarsi dai peccati e sono l’immagine dell’uo
mo
pieno di sensi di colpa perché non è fedele alla le
gge di Dio e quindi ha paura che Dio non lo ami se
non si
purifica e non fa il bravo. Gesù le fa riempire d’a
cqua che rappresenta se stesso (pensate quando dirà
: io
sono l’acqua viva che zampilla per la vita eterna),
la sua Parola. Se io mi riempio della sua Parola,
se la
ascolto, mi fido, cosa succede? Che quest’acqua si
trasforma in vino, il vino della gioia, perché fida
ndomi
della sua Parola capisco chi è Dio, che non siamo n
oi ad amare Dio con i nostri sforzi, ma è Lui che a
ma noi,
così come siamo, stranieri, ladri, peccatori, buoni
, cattivi. Che l’amore di Dio non è un merito, ma u
n regalo.
La gloria di Dio è il suo amore per noi: con questo
segno egli manifestò la sua gloria, dice l’evangel
ista,
rimandando all’ora della croce di cui appunto quant
o accadde a Cana era un’epifania, perché sulla croc
e
Gesù manifesterà totalmente la gloria di Dio, il su
o amore per tutti. Il miracolo, dunque, è quando io
, come
un’anfora, accolgo l’amore di Dio che mi trasforma,
mi fa risorgere, mi fa diventare come Lui, imparo
ad
amare gli altri come Dio ama me, vivo ogni momento
della vita con questo vino, capisco che Dio non è c
olui
che come un mago trasforma le cose facendomele anda
r bene, ma è colui che cambia me, il mio modo di
affrontarle, tutte, anche la morte. E’ il vero mira
colo che non dobbiamo mai smettere di invocare.