domenica 3 settembre 2017

I DOMENICA DOPO IL MARTIRIO

Per capire bene questo breve brano di vangelo e di conseguenza anche le altre letture, oggi dobbiamo fare un po’ di gossip sul re Erode per capire chi era. Era figlio di suo padre, Erode il Grande, quello che cercò di uccidere Gesù quando nacque. Erode era un principotto di provincia che, come suo padre, i romani avevano messo ad amministrare la regione della Galilea, la quarta parte dell’impero.
Ecco perché si chiamava tetrarca. Non era un re, ma avrebbe voluto esserlo, tanto è vero che quando nel 39 d.C. andò dall’imperatore Caligola per chiedere diventare re, spinto da sua moglie che voleva diventare regina, Caligola in tutta risposta lo mandò in esilio a Lione e poi lo fece uccidere. Un fessacchiotto, dunque, una nullità, tanto è vero che Gesù lo definirà una “volpe”, animale che nella cultura ebraica non rappresenta la furbizia, ma l’imbecillità. Bene, questo Erode aveva lasciato sua moglie per sposare Erodiade, la moglie di suo fratello Filippo, ma Erodiade aveva lasciato suo marito per Erode perché a sua volta era assetata di potere: suo marito Filippo, il fratello di Erode, era brav’uomo senza alcuna ambizione, mentre lei, amante del lusso, voleva un’esistenza più effervescente, e qui si sprecherebbero i paragoni con la vita privata di alcuni nostri politici. Quindi aveva sedotto e conquistato il cognato, Erode, e si era installata a corte. Purtroppo per lei era sopraggiunto Giovanni Battista che pubblicamente denunciava quello che era accaduto, e allora Erode, temendo che Giovanni, con la sua grande influenza, potesse spingere i sudditi alla ribellione, fece imprigionare Giovanni nella fortezza di Macheronte, vicino al Mar Morto, e poi la storia la conosciamo: Giovanni sarà decapitato per la malvagità di una donna e la debolezza di un sovrano. Siccome Erode aveva promesso pubblicamente alla figlia di Erodiade, che aveva ballato per lui il giorno del suo compleanno, che poteva chiedergli qualunque cosa, la ragazza, spinta dalla madre, gli chiese la testa di Giovanni, ed Erode, che considerava Giovanni un uomo giusto, per non perdere la faccia davanti a tutti, gli fece lo stesso tagliare la testa. Nel vangelo si parla di tutto questo per far vedere che a Giovanni accadde in anticipo quello che poi accadrà a Gesù. Pilato si comportò con Gesù allo stesso modo: sapeva che era innocente, avrebbe voluto liberarlo, ma cedette al ricatto delle autorità religiose che gli dissero: “se lo liberi non sei Amico del Cesare!”, e Pilato, dovendo scegliere tra il sacrificio di un innocente e la propria carriera, scelse la sua carriera. Ma c’è di più. Dobbiamo andare oltre il gossip. Erode rappresenta il popolo d’Israele che ha Dio come suo sposo, come unico suo Dio, ma non accetta la logica e la sapienza di Dio. Dio è amore che si dona. No, il popolo d’Israele vuole potenza, onore, successo sugli altri popoli, quindi è un popolo adultero, che sposa la follia, rappresentata da Erodiade, che fa credere che nella vita ciò che conta è apparire, il successo, la bellezza, il potere, il piacere. Vedete come ci riguardano queste cose? Anche noi possiamo essere qui, dire di credere in Gesù, siamo la Chiesa sua sposa, poi però di fatto siamo adulteri se fuori di qui viviamo in una logica opposta. E così arriviamo al vangelo di oggi. Questa follia porta Erode a voler uccidere la sua coscienza, ma Giovanni da morto gli è dentro come un incubo, è davvero risorto, gli parla più da morto che da vivo. Gli ha tagliato la testa per non sentirne la voce, ma la sente ugualmente, perché non si può zittire la coscienza, e quando arriva Gesù, risorge anche Giovanni, anche se si ostina a dire: no, Giovanni l’ho fatto uccidere io. E si domanda: ma chi è costui del quale sento dire tutte le cose che dice e che fa? Ne restava affascinato, ma non aveva il coraggio di farsi mettere in discussione e di cambiare, come può capitare a noi, in preda a questa follia. Follia che nell’AT si chiama idolatria. La pagina del profeta Isaia che abbiamo letto si apre con Dio che benedice i suoi servi e maledice gli idolatri ai quali è riservata una sorte penosa di fame, di sete, di delusione, di dolore, di afflizione, al punto che se uno volesse imprecare augurando il male a qualcuno dovrebbe dirgli: ti auguro che il Signore ti riservi la stessa sorte di costoro. Parole durissime. Chi sono i servi del Signore e chi sono gli idolatri? Gli idolatri sono appunto quelli come Erode, che hanno scelto con lucida follia il proprio interesse, l’avidità, la bramosia di possedere come loro Dio, per i quali è buono ciò che conviene a loro e chi se frega degli altri, che chiamano male il bene e bene il male. Essi sono maledetti, Dio dice male di loro non perché li odia o li castiga, ma perché chi ha come dio la follia del potere, del guadagno, dell’egoismo, della ricchezza sarà sempre infelice, non sarà mai contento perché ha sempre fame e sete, vuole sempre di più, non è libero, non possiede le cose, ma ne è posseduto, è schiavo, servo del suo egoismo, e intorno a se crea solo ingiustizia e morte. Chi sono invece i servi del Signore? Sono quelli che hanno capito il messaggio di Gesù: che Dio è Padre, e quindi si sentono amati come figli e diventano capaci di amare gli altri come fratelli, perché solo chi si sente amato è capace di amare, solo chi sa di essere perdonato è capace di perdonare, solo chi sa di avere ricevuto tutto come dono è capace di donare. Ecco perché, dice Isaia, saranno chiamati con un altro nome. Questo nuovo nome sarà Gesù a farlo conoscere: non vi chiamo più servi, ma amici. Mentre i servi sono inferiori al padrone, gli amici sono alla pari. Diventare amici di Dio non vuol dire che Dio è l’amicone a cui do le pacche sulle spalle, ma vuol dire che Dio mi da la possibilità di diventare come Lui, e io divento come Dio, suo amico, se amo come Gesù. E così pian piano si realizza il sogno di Dio: ecco, io creo nuovi cieli e nuova terra dove ci sarà solo gioia e non più voci di pianto e grida di angoscia. Se il mondo va storto non è colpa di Dio. È colpa degli uomini che hanno come loro Dio non il Padre di Gesù, ma l’idolo del potere, dell’interesse, della ricchezza, dell’egoismo, e non sono disposti a cambiare. Per questo san Paolo dice: l’ira di Dio si abbatte su quelli che gli disobbediscono, ma non perché ci punisce, ma perché si arrabbia nel vedere come ci roviniamo con le nostre mani (per questo continua a perdonarci). E dice: se siete risorti con Cristo, siete luce, e allora comportatevi come figli della luce. Perché ciò avvenga occorre che anche noi, come Erode, ci chiediamo: ma chi è costui? Cioè, chi è Gesù per me? Più ancora: chi è davvero il mio Dio, chi governa davvero la mia vita? La follia o la sua parola? Con Gesù risorge Giovanni perché Gesù mostra il vero volto di DioE siccome va avanti a vivere la vita con le sue idee e in modo sbagliato, nemmeno quando vedrà Gesù in persona, come desiderava (fu Pilato a mandarglielo), riuscirà a cambiare, questa è la tragedia di Erode, che potrebbe essere anche la nostra. Che vogliamo vedere Gesù perché vogliamo vedere Dio. E Gesù ci mostra che Dio è ben diverso da come lo intendiamo noi.