domenica 24 settembre 2017

IV DOMENICA DOPO IL MARTIRIO

Oggi è la giornata che in tutta la diocesi celebra la festa di apertura di tutti gli Oratori. Nella nostra comunità abbiamo fatto questa festa a Casatenovo e a Rogoredo settimana scorsa, e oggi la facciamo a Campofiorenzo, a Galgiana e a Valaperta. Lo slogan di quest’anno recita così: “Vedrai che bello”. Questa frase è la traduzione pratica di quello che Gesù nel vangelo di Giovanni disse alle prime due
persone che volevano seguirlo e gli chiesero: dove abiti? Egli rispose “venite e vedrete”. Uno di questi due si chiamava Andrea, mentre dell’altro non si dice il nome: vuol dire che ognuno deve mettere il suo. Gesù, visto che essi lo seguivano, chiese loro: che cosa cercate? Non “chi cercate”, ma “cosa cercate”. Lo chiede anche a noi che siamo qui in chiesa e a tutti coloro che entrano in oratorio: cosa cercate? Perché siete qui? Uno può venire in chiesa per ottenere una grazia, per dovere, per tradizione; uno può andare in oratorio per passare il tempo giocando al pallone o a carte o per cercare amici o mangiare le buone cose che i nostri cuochi cucinano, o addirittura per sentirsi importante assumendo un ruolo di potere o che lo metta in mostra diventando responsabile di alcuni incarichi. Nel vangelo di oggi, per esempio, c’è una folla di gente che rincorre Gesù, che lo cerca. Ebbene, il verbo ‘ricercare’ nel vangelo di Giovanni è sempre negativo, perché quando la gente lo cerca è sempre o per catturarlo o per lapidarlo o per ucciderlo, oppure, come in questo caso, per ottenere qualcosa. Gesù aveva appena compiuto quello che anche noi continuiamo a chiamare erroneamente il miracolo della moltiplicazione dei pani e dei pesci. La gente aveva mangiato e quindi pensava: se stiamo con Gesù non abbiamo più bisogno di fare la spesa, perché con poca roba Gesù ha dato da mangiare a tutti. Infatti volevano farlo diventare il loro re. E Gesù cosa dice? “Voi mi cercate perché avete mangiato e vi siete saziati, non perché avete visto dei segni”. Gesù non aveva fatto una magia, ma si era fatto portare quel poco che avevano e lo aveva diviso perché fosse distribuito a tutti. Era un segno per indicare quello che poi spiega nelle righe successive: voi dovete cercarmi e credere in me perché se accogliete il mio amore, se vi nutrite del pane che io vi do, che è l’amore di Dio, capite com’è grande l’amore di Dio e allora imparate anche voi a diventare pane per gli altri, a non pensare solo a voi stessi, ma a vivere nella logica del servizio. Se venite a me non avrete più né fame né sete. Perché ogni uomo ha fame e sete di amore, cerca di essere amato e diventa felice se impara ad amare. Ecco perché ai primi due discepoli che gli avevano chiesto “dove abiti?” Gesù rispose: venite e vedrete. Per dire: io abito nell’amore di Dio, quella è la mia casa. Se mi seguite, non avrete più fame e sete d’amore, perché scoprirete l’amore di Dio e allora lo scopo della vostra vita sarà quello di diventare come me. Perché la nostra vita biologica, per crescere, ha bisogno di essere nutrita, altrimenti moriamo. Ma non basta avere la pancia piena. Anche la nostra vita interiore deve essere nutrita, e Gesù insegna che la vita interiore cresce se io imparo non a pensare a me riempiendo la mia pancia, ma cercando di riempire il cuore e la pancia degli altri: più amiamo gli altri, più diventiamo felici, perché diventiamo come Dio. “Vedrai che bello”, dunque, se vieni in chiesa e in oratorio per questo: per imparare a conoscere Gesù, a nutrirti del suo amore e così imparare ad amare come lui. Uno dovrebbe dire senza presunzione: io vado in chiesa e in oratorio perché voglio diventare come Dio. Qualcuno potrebbe dire: rilassati! Certo, se Dio fosse tipo Superman allora sarebbe il caso di rilassarsi. Se Dio invece è amore, non devo rilassarmi, ma ripetere, come la folla del vangelo quando finalmente forse comincia a capire questa cosa: Signore, dacci sempre questo pane! Che poi è quello che chiediamo sempre nella preghiera del Padre nostro: dacci oggi questo pane che sei tu perché anch’io diventi pane. Voglio nutrirmi di te perché gli altri si nutrino di me, altrimenti, se non divento pane, divento quello che cerca di mangiare il pane degli altri. È con questo spirito che occorre venire in chiesa e in oratorio. E la gente che viene in chiesa e in oratorio solo in certe occasioni per cercare altre cose dovrebbe incontrare persone che invece fanno vedere l’amore di Dio col loro modo di fare, con uno spirito di accoglienza e di servizio. L’oratorio come palestra in cui esercitarci nel trasmettere agli altri l’amore che abbiamo ricevuto celebrando l’eucaristia. Capite com’è bello tutto questo? E perché è così difficile capire la bellezza di tutto questo? Lo spiega bene il difficile brano della lettera agli Ebrei parlando del sacrificio. Dice che fino all’arrivo di Gesù gli uomini pensavano che Dio è uno al quale bisogna sacrificare la vita, che Dio è uno che chiede sacrifici, che ti succhia le energie, che vuole essere servito e riverito, se no non ti perdona, ma ti castiga, e se fai il bravo esaudisce le tue richieste. Purtroppo molti cristiani vanno avanti anche oggi a pensare così, e da qui nasce l’idea che essere cristiano voglia dire una serie crescente di sacrifici e di cose penose, anche venire a messa. Gesù invece ha fatto vedere che è Dio a sacrificarsi per noi, amandoci sempre, e lo ha fatto per darci quello che cerchiamo, l’amore, e darci così la forza di realizzare la nostra vita imparando, questo si, a sacrificarci per gli altri, non per lui: lui lo amiamo se impariamo ad amare gli altri. Se vivo la messa, la confessione, il catechismo come doveri e sacrifici, non ho capito niente, e allora per forza uno finita la Cresima non viene più in oratorio o, se ci viene, viene per fare altro quando c’è qualche festa. Se invece si capiscono queste cose, cambia tutto. Quindi dobbiamo cambiare la testa. Ed è quello che vogliamo chiedere al Signore in questa eucaristia.