domenica 1 ottobre 2017

V DOMENICA DOPO MARTIRIO

Davvero le letture e i vangeli di queste domeniche dopo il Martirio vogliono aiutarci a riscoprire il volto del vero Dio rivelato da Gesù, così diverso da quello che abbiamo in mente noi. Partiamo dal vangelo dove i nemici del Signore sono sempre quelli che detenevano il potere religioso (farisei, scribi, sadducei, dottori della Legge) perché Gesù stava ribaltando tutte le loro credenze, e infatti
sono loro che vanno da lui per metterlo alla prova, per tentarlo (ecco chi era il satana, il diavolo che nel deserto tentò Gesù, non l’omino rosso con le corna, ma questi qui). E gli fanno una domanda per vedere se Gesù rispondeva giusto: “Nella Legge, qual è il grande comandamento?”. Dovete sapere che per gli ebrei il comandamento più importante di tutti è l’unico comandamento che osserva anche Dio, cioè il terzo, il riposo del sabato. E infatti se uno trasgrediva volontariamente questo comandamento incorreva nella pena di morte. Allora tendono una trappola a Gesù: sentiamo se Gesù è ortodosso, calcolando che Gesù lo aveva sempre trasgredito, mettendosi a guarire la gente malata proprio di sabato, e lo faceva apposta, per far capire cosa vuole veramente il Signore, cioè chi è Dio e chi è il prossimo, che il sabato è fatto per l’uomo e non l’uomo per il sabato. Ebbene, alla domanda “qual è il comandamento più importante?”, Gesù risponde in modo sconcertante. Anzitutto non cita nessun comandamento. Infatti aveva proclamato le beatitudini. Già questo ci deve mettere in guardia: ma noi siamo davvero discepoli di Gesù o no? Basti pensare che i 10 comandamenti, magari non in ordine, ma bene o male li conosciamo tutti, mentre le beatitudini quante sono e quali sono? Quanti cristiani le conoscono a memoria nel loro significato? E comunque Gesù fa diventare comandamenti quelli che comandamenti non sono: uno, la prima parte di quello che è il credo di Israele, contenuto nel libro del Deuteronomio, che abbiamo riascoltato come prima lettura di oggi, e cioè amerai il Signore Dio tuo con tutto te stesso. Poi mette un precetto del libro del Levitico: ama il prossimo tuo come te stesso. Attenzione: questa è una risposta per i farisei che lo interrogavano, non è questo l’insegnamento di Gesù per i suoi discepoli. Questo è il massimo della spiritualità ebraica. Lo dico perché molti, quando gli si chiede qual è l’insegnamento di Gesù sull’amore dicono: ama il prossimo tuo come te stesso. No! Questo è per gli ebrei, ma noi non siamo ebrei con tutto il rispetto per la religione ebraica, noi siamo cristiani. Amare il prossimo come se stessi è un primo passo, perché per amare te, prima devo amare me, infatti se accetto me stesso con tutti i miei limiti, riesco ad accettare anche i tuoi limiti, altrimenti no. Ma continuerò ad amarti coi miei limiti. L’insegnamento di Gesù sull’amore è un altro, contenuto nel vangelo di Giovanni, dopo aver lavato i piedi ai discepoli, e cioè: “amatevi tra di voi come io vi ho amato”, servendovi, accogliendovi e accettandovi nella parte più sporca che avete, perché è così che Dio ama ciascuno di noi. Anche al giovane ricco che gli aveva chiesto quali comandamenti bisognava osservare per avere la vita eterna, Gesù omise i primi tre che erano rivolti a Dio, e gli indicò gli altri, quelli verso il prossimo. Anche nella parabola del giudizio universale, Gesù dirà che saremo giudicati da come avremo amato il prossimo. Detto altrimenti. Per Gesù l’amore a Dio non è reale se non si traduce in amore per il prossimo, e Dio va amato per ricevere da lui le energie per amare gli altri nel modo in cui Dio ama noi. Capite le conseguenze bellissime, pazzesche e rivoluzionarie di queste cose? Ne indico almeno tre. La prima: che Dio non è un re, un sovrano a cui obbedire come dei servi offrendogli sacrifici e osservando le sue Leggi così da ottenere i suoi favori, il suo perdono e la sua protezione. La Legge divide gli uomini tra gli osservanti e i non osservanti, puri e impuri e quindi diventa discriminante, non tutti riescono ad osservarla, chi non la osserva si sente in colpa e chi la osserva nella condizione di giudicare. Gesù invece si lascia guidare dall’amore che invece arriva a tutti, è per tutti, è offerto a tutti. Per Gesù, l’amore di Dio non va meritato in base ai propri sforzi, ma va accolto, non è un premio, ma un regalo. Gesù non chiede di obbedire a Dio come a un re osservando le sue leggi, ma di assomigliare al Padre praticando un amore simile al suo. Di conseguenza, seconda cosa: se Dio è Padre, io sono figlio e il prossimo è il fratello che incontro, ogni uomo, chiunque esso sia, chiunque! Quindi la volontà di un Padre è solo una: che io figlio ami i miei fratelli. Punto. Molte volte, quando ci si confessa, si denunciano i peccati contro Dio e quelli contro il prossimo. Sbagliato. Il peccato è sempre uno, fare del male o non fare del bene al prossimo. L’amore di Dio per me e l’amore mio verso Dio serve per imparare a vivere nell’amore verso il prossimo. Gesù, ogni volta che si troverà in conflitto tra l’osservanza della legge divina e il bene dell’uomo non avrà alcuna esitazione: facendo il bene dell’uomo si è certi di fare anche quello di Dio. Troppo spesso per onorare Dio si fanno soffrire le persone, come dimostra la parabola del buon samaritano, dove per non trasgredire una presunta legge di Dio che prevedeva che un sacerdote che doveva andare nel tempio non si sporcasse di sangue, quel sacerdote non soccorre un povero disgraziato mezzo morto che trova per strada. Terza cosa, spiegata nei dettagli, ma in modo difficile da san Paolo nel brano ai Galati: Gesù ci ha liberato dalla Legge, quindi non siamo più schiavi di Dio, e il suo amore capace di superare anche la morte ci libera da tutte le nostre paure e ci rende veramente liberi di amare chiunque. Raggiungere questa consapevolezza e imparare ad essere liberi veramente è un cammino che dura tutta la vita ed è lungo e faticoso. Quel che conta è capire che è a questo cammino che il Signore ci chiama, che è per questo che val la pena essere cristiani e che ogni volta che viviamo la nostra fede come un peso o con sensi di angoscia, di ansia, di paura, di mortificazione, coi musi lunghi, capire che questa non è la fede cristiana.