mercoledì 15 agosto 2018

ASSUNZIONE DI MARIA

Se ricordate, nel vangelo di domenica scorsa (solo tre giorni fa), abbiamo ascoltato le parole di Gesù: “Guarite gli infermi, risuscitate i morti, purificate i lebbrosi, scacciate i demoni. Gratuitamente avete ricevuto, gratuitamente date”. “Gratuitamente date”, cioè abbiate una vita dove sia manifesto che a muovere i vostri passi non è il vostro interesse o il calcolo. Ma ci chiediamo: come guarire gli infermi
o risuscitare i morti? Ebbene ci sono tante forme di malattia e di morte. Io penso, lo dicevo domenica, che anche e solo dallo sguardo e dal modo col quale uno è capace di chiedere all’altro “Stai bene?”, questa sola domanda può avere l’effetto di risuscitare i morti. Con i fatti vanno anche trovate le parole giuste. E Gesù, in fondo, sempre nel vangelo di domenica, ha insegnato a dirne una sola quando si varca la soglia di una casa, la parola “pace”. Che vuol dire che ti sta a cuore il bene di quella persona, di quella casa. Oggi si urlano invece parole di disprezzo, di insulto, di cinismo. Al contrario, parole come “pace” esprimono che a me sta a cuore che l’altro stia bene. Ebbene, mi piace vedere che la liturgia di oggi, non avendo pagine di vangelo che raccontino l’assunzione di Maria ai cieli, cosa fa? Scova una pagina di Luca che racconta di una ragazzina che sale i monti di Giuda per raggiungere la casa della cugina anziana che è al sesto mese. “Andate per le case”, avrebbe detto un giorno quel figlio che portava dentro di sè. Ecco, mi piace pensare che, forse, ad andare per case glielo aveva insegnato sua madre, quando ancora lui era nel grembo. La ragazza non disse alla cugina: “Stai bene?”. Ma ci fu un abbraccio, sull’uscio di casa, che è la stessa cosa. Nell’abbraccio tra queste due donne incinte, una vecchia e una giovane, è racchiuso il senso di tutta la storia dell’umanità. Elisabetta, vecchia, che porta in grembo il Battista, rappresenta l’antico testamento e tutta l’umanità che attende il Messia; Maria, una ragazzina, che porta in grembo Gesù, rappresenta il nuovo testamento che realizza questa attesa. Elisabetta porta il desiderio, l’altra il Desiderato; una porta la fame, l’altra il cibo. E in quell’abbraccio accade l’incontro: il Figlio di Dio va a visitare il suo popolo che lo attende. Si realizza il progetto, il desiderio di Dio: che i suoi figli riconoscano la sua presenza. Il dramma di Dio è quello di non essere riconosciuto. E Dio possiamo riconoscerlo nell’abbraccio che gli uomini sono capaci di darsi reciprocamente. Maria, fin dall’inizio, ha messo in pratica la parola di suo figlio. Il risultato, che poi è la prova del nove per capire se siamo o no ripieni di Dio, è la gioia che ne deriva per ciascuno e per tutti. E infatti, qual è la reazione di Maria a queste parole? Che si mette a cantare di gioia con le parole del Magnificat, parole con le quali ogni giorno la Chiesa prega nel vespro, cioè alla sera, ad indicare che è il punto di arrivo di tutta la storia, perché Dio ci ha fatti per cantare di gioia. Maria canta il sogno di Dio sull’umanità. Ma non canta per dire “come sono stata brava”, ma canta lodando Dio. E la lode è la caratteristica fondamentale dell’amore. Cosa vuol dire lodare qualcuno? Vuol dire essere contento che l’altro è quello che è, è il contrario dell’invidia, dove dà fastidio il bene dell’altro perché non lo possiedo io. E Dio non vuole essere lodato perché è vanitoso, ma perché se lo lodiamo possiamo partecipare della sua stessa gioia. Maria è contenta che Dio sia Dio. Se io guardo i miei limiti, i miei deliri, i miei piccoli desideri frustrati, le mie paure, vado in depressione. Se, come Maria, guardo la grandezza della bontà di Dio, mi metto a cantare come lei. Perché scopro che Dio ama uno come me come un figlio, che Dio dunque è Padre e noi siamo suoi figli e dunque fratelli. E’ così che ci vede il Signore. La conseguenza è che tutte le generazioni mi diranno beata, che tutti saranno contenti di lei come lei è contenta di Dio. Maria capisce chi è Dio, quel Dio che poi suo figlio farà conoscere, e per questo lo loda. Capisce che Dio è grande e potente non perché la fa da padrone, ma perché ama, perché si mette nelle mani di tutti: è l’amore la sua forza. Per questo gli orgogliosi, i potenti, i ricchi, dice Maria nel suo canto, non possono lodare Dio, perché non sanno chi è, e ripongono la loro fiducia in se stessi, hanno come Dio il loro io. E avere come Dio se stessi porta a non realizzare il Regno di Dio, e per questo da sempre nel mondo accadono le violenze a cui assistiamo. Non scordiamoci che non c’è niente di Maria che non possiamo rivivere anche in noi. Maria è segno tangibile di quel che Dio può realizzare con ogni creatura che non metta ostacoli alla potenza del suo amore. I Vangeli non parlano della sua nascita, ma la Chiesa ce ne parla presentandocela “immacolata” perché anche noi siamo invitati «ad essere santi ed immacolati per mezzo della carità», come dice san Paolo agli Efesini, cioè a vivere un amore gratuito verso tutti, anche solo con uno “stai bene?”. Allo stesso modo i Vangeli non parlano della morte di Maria, ma la Chiesa oggi ce la presenta “assunta in cielo”, cioè risorta con Gesù e come Gesù. Anche noi, se mettiamo nella nostra vita una qualità d’amore che assomigli a quella di Gesù, fin da adesso siamo risorti e non moriremo mai. L’assunzione di Maria non è la straordinaria conclusione di una vita normale, ma la normale conclusione di una vita straordinaria. Chiunque segue Gesù come Maria ha dentro di sé una vita di una qualità tale che non farà esperienza della morte. Non “seguire Maria”, ma “seguire Gesù come ha fatto Maria”, deve essere e vogliamo che sia oggi il nostro desiderio e la grazia che chiediamo al Signore nell’eucaristia.