domenica 9 settembre 2018

II DOMENICA DOPO IL MARTIRIO

Il grosso limite di leggere ogni domenica a spizzichi e bocconi alcuni brani sparsi dei vangeli è quello, se non si conoscono, di non riuscire a coglierne il significato, perché, come in un libro, se io lo leggo saltando i capitoli o leggendo alcuni frammenti, capisco niente. Per cui, nel vangelo di oggi, le parole di Gesù che abbiamo ascoltato è difficile capirle se non si sa cos’era successo prima. E prima
cos’era successo? Che Gesù, di sabato, giorno in cui era proibito fare qualsiasi lavoro se no si andava contro il terzo comandamento, non solo aveva guarito un uomo paralitico (e di sabato era vietato), ma aveva fatto peccare anche il paralitico. Non si era accontentato di dirgli “alzati e cammina”, ma gli aveva ordinato di prendere con sé anche il lettuccio, la barella su cui era posto, e quindi gli aveva fatto compiere un lavoro. Non solo Gesù era un peccatore, ma faceva anche peccare gli altri. Uno scandalo. Se queste cose fossero accadute un altro giorno della settimana, non ci sarebbe stato nessun problema. Gesù invece faceva apposta a fare queste cose di sabato per smascherare l’ipocrisia di un certo modo di vivere la fede che già denunciava, se ricordate, il profeta Isaia nel brano di domenica scorsa lamentandosi perché la gente onorava Dio con le labbra e basta, e non il cuore e con la vita: “il suo cuore è distante da me, e la venerazione che ha verso di me è un imparaticcio di precetti umani”. Sono andato a cercare su un dizionario il significato della parola “imparaticcio”, ed è questo: “è un insieme di nozioni apprese in modo superficiale e frettoloso e quindi insufficienti e prive di validità e di efficacia”. Insomma, come quando uno studente ripete la lezione a memoria senza aver capito niente. Isaia si riferiva al fatto che il popolo vivesse molta formalità nella pratica del culto, fosse molto attaccato ai gesti esteriori, scrupoloso nell’assolvere i precetti, la preghiera fosse fatta di parole ripetute con le labbra senza nemmeno sapere cosa si stesse dicendo. Una descrizione che, se non fosse riferita al popolo d’Israele di 3000 anni fa, sembrerebbe riferirsi al modo con cui nei tempi, e anche oggi, molti cristiani vivono di fatto il rapporto con Dio, basti ; al modo formale con cui sono vissuti battesimi, cresime, comunioni, matrimoni; la messa vissuta come un obbligo, un precetto, che più è breve meglio è, di sabato anche meglio così “l’ho messa via”; le benedizioni di Natale come portafortuna perché “una benedizione non fa mai male, fatta dal prete però, altrimenti non vale, e possibilmente non troppo prima di Natale, se no che Natale è?”. O i funerali di persone che hanno messo il piede in chiesa solo da morti, peraltro voluti dai parenti che a loro volta non vanno mai in chiesa, però meglio affidarsi al Signore, non si sa mai. Insomma, una religione di parole, tradizioni, precetti, timori, paure. Da cui nasce anche l’idea che il peccato sia quando si trasgrediscono queste cose: non ho detto le preghiere, non sono andato a messa, è da tanto che non mi confesso, ho detto qualche bugia. Ebbene, Gesù si scagliava proprio contro questo tipo di religiosità. Per questo operava le sue guarigioni di sabato. La gente pensava: di sabato non ho fatto alcuno dei lavori previsti dalla legge, nemmeno quello di curare un malato, per cui sono a posto, Dio è contento, altrimenti no. Gesù si ribella: ma è questo Dio? Dio può mai volere qualcosa che va contro il bene dell’uomo? Sono questi i peccati? Ed eccoci così al vangelo di oggi, dove Gesù dice: “Voi non avete mai ascoltato la voce di Dio e non avete visto il suo volto, sono io che ve lo faccio vedere”. Cioè: se volete capire chi è Dio, dovete guardare me, quello che dico e faccio, Dio è questo e non un altro. Se leggeste bene le scritture, capireste che anche Mosè mi darebbe ragione, voi avete travisato. E Gesù, dice il brano della lettera agli Ebrei, è molto più di Mosè, la sua gloria è molto maggiore. La gloria vuol dire la sua consistenza: Gesù è immagine del Padre, chi vede Gesù vede Dio. Per cui anche noi, se non conosciamo il messaggio di Gesù, andiamo avanti a pensare a un Dio che non esiste e a vivere la fede trasformandola in una serie di imparaticci umani senza senso, inutili e dannosi. Gesù rivela che Dio è un Padre che vuole la vita dei suoi figli, e la vita è che imparino ad amarsi come fratelli, come Gesù nostro fratello ha amato noi. Non vuole che gli ubbidiamo, ma che gli assomigliamo. Ed egli ci ha dato il suo Spirito per farci come lui. I sacramenti non sono dei riti per ottenere grazie, non sono piaceri e favori che facciamo a Dio per avere la sua benevolenza e sentirci a posto in coscienza, ma sono i luoghi in cui sperimentare la sua grazia che trasformi la nostra vita. Così la preghiera, è chiedere a Dio di farci diventare come lui, non di farci superare un esame. Altrimenti è come se uno mangiasse per dovere e non per necessità e per gioia e perché il cibo buono poi gli permette di vivere bene e di star bene. Per cui il peccato non è quando non vado a messa, ma quando ci vado per adempiere un precetto e non per accogliere la sua Parola che mi cambi la mente e il suo amore che mi riempia il cuore per agire di conseguenza. Il peccato è dunque il male che io faccio agli altri e tutto il bene che posso fare e non faccio. Così il battesimo a un bambino non è un po’ di acqua sulla testa per avere la protezione di Dio, ma desiderare che mio figlio diventi come Gesù, e se lo desidero è perché anch’io genitore voglio che sia così per me. Le benedizioni, chiunque le faccia, sono un modo per rinnovare la consapevolezza che Dio benedice, dice bene di noi, non riti magici perché Dio ci faccia andar bene le cose come se fosse un mago. Già, “ma io vi conosco, non avete in voi l’amore di Dio, non credete a colui che egli ha mandato, non mi accogliete”, andate avanti con le vostre convinzioni, dice Gesù nel vangelo di oggi, perchè vedeva che non accettavano il volto di Dio che egli mostrava. Noi, dopo 2000 anni, non corriamo ancora lo stesso rischio? E quali provvedimenti ognuno di noi può compiere per cercare di cambiare la testa a riguardo?