domenica 16 settembre 2018

III DOMENICA DOPO IL MARTIRIO

 Le letture di questa domenica sono una vera e propria ventata d’aria fresca perché parlano di spirito e di libertà, e non è un caso che la parola “spirito” significa soffio, aria, vento, alito di vita, cioè qualcosa di molto concreto, che non lo puoi catturare, non è prevedibile, va dappertutto se non trova barriere, appunto è libero. "Il vento soffia dove vuole e ne senti la voce, ma non sai di dove viene e
dove va: così è di chiunque è nato dallo Spirito", dice Gesù a Nicodemo nel vangelo che abbiamo letto. E Gesù stava parlando anzitutto di sé. Egli era un uomo veramente libero. E suo desiderio è che diventiamo così anche noi, come lui. Ma liberi da cosa e da chi? Liberi dalla paura della morte, perché ci ha mostrato che la morte è un passaggio. Liberi dalla schiavitù del nostro io che ci porta all’egoismo e ad essere animati da spirito di competizione, rivalità, potere, sete di guadagno e successo. Liberi da quello spirito di perfezionismo che ci porta a dover diventare come gli altri vorrebbero, seguendo i modelli di vita della società per essere al passo. Cristo ci chiama ad essere non solo liberi da tutte queste paure, ma ad essere come lui liberi di amare, di servire, di accogliere. Avere come programma di vita non contare quanti soldi si hanno in banca, ma quanto amore donare alle persone che incontro, chiunque esse siano. Una libertà, dunque, che è leggerezza, leggera come il vento, che fa volare, ma io volo se non sono ancorato al mio io che accentra tutto su di sé, che pensa solo a sé, che mi fa diventare lupo che sbrana gli altri. Gesù dirà infatti: vi mando come agnelli in mezzo ai lupi. Come lui. Questo è il programma di vita del cristiano, del discepolo di Gesù. Perché è così che Gesù visse, perché questo è il cuore del suo insegnamento: vuoi essere libero? Lasciati guidare dal mio spirito, e ama gli altri come io ho amato te. Basta. Ricordate cosa disse alla samaritana? Che Dio lo si adora in Spirito e verità, non in un tempio. Cosa vuol dire questa frase? Lo Spirito è quello di Gesù, lo spirito del figlio che ama i fratelli. La verità è Gesù stesso che ci ha insegnato che Dio è Padre e noi siamo suoi figli amati. Adorare il Padre in Spirito e Verità vuol dire allora che Dio lo si adora e lo si ama amando gli altri come fratelli. Per cui il peccato non è trasgredire alcune regole, ma tutto il male che facciamo agli altri e tutto il bene che potremmo fare e non facciamo. Per questo la religiosità di Gesù era diversa, libera, sciolta, leggera, in movimento, non di un servo di Dio che gli ubbidisce per paura e senza amore, ma di un figlio che vuole assomigliare al padre. Una religiosità totalmente lontana da quella degli osservanti dei precetti, cioè da una religiosità da schiavi, come quella di Nicodemo, bravo fariseo, che va da Gesù di notte, perché schiavo della paura del giudizio degli altri, per non farsi vedere. Lo chiama Maestro, ma perché pensa che Gesù sia inquadrabile secondo i suoi schemi. E infatti Gesù intrattiene con lui un lungo discorso di cui abbiamo letto solo una parte, che Nicodemo non riesce a capire. Gli parla di rinascere dall’alto, dallo spirito, cioè dall’amore di Dio. Gli ricorda cose che già dicevano i profeti, e lo prende anche in giro, dicendogli che lui dovrebbe conoscerle. Lo leggevamo proprio nella pagina di Isaia: in noi sarà infuso uno spirito dall’alto che farà diventare il deserto un giardino e il giardino una selva. Fuor di metafora: i veri adoratori di Dio sono coloro che si lasciano guidare dal suo spirito d’amore che produce, diceva Isaia, diritto, giustizia, pace, tranquillità, libertà. Manda il tuo spirito, Signore, e rinnova la faccia della terra, abbiamo ripetuto nel ritornello del salmo. E così è stato, come leggevamo nel primo versetto della lettera ai Romani: l’amore di Dio è stato riversato nei nostri cuori per mezzo dello Spirito santo. E i frutti dello spirito, dirà sempre san Paolo in un altro passo, sono amore, gioia, pace, pazienza, benevolenza, bontà, fedeltà, mitezza, dominio di sé. Ne deriva, dunque, che un uomo o una donna spirituali non sono quelli che se ne stanno tutto il giorno a pregare, con la testa per aria a mani giunte, preoccupati se fare una processione al mattino o al pomeriggio. Questi non sono uomini e donne spirituali, cioè guidati dallo spirito, ma uomini e donne religiosi. Che pensano che Dio vada adorato e servito, mentre Gesù ha rivelato che l’amore di Dio è gratis, è per tutti, e va solo accolto e donato agli altri. Uomini e donne spirituali sono dunque coloro che liberi come il vento vivono come Gesù con le braccia e le mani aperte guardando in faccia e servendo i fratelli che incontrano secondo le loro necessità, indipendentemente dalla loro razza, cultura, religione, moralità. Perché? Perché Gesù per tutta la vita ha fatto così, mettendo sempre sotto accusa gli uomini religiosi del suo tempo, che spirituali non erano, perché avevano ridotto la fede a una serie di precetti e di pratiche spente e senza cuore dove non pulsava più il cuore materno e paterno di Dio. Quando Gesù doveva scegliere se rispettare le leggi degli uomini fatte passare per leggi divine o scegliere per il bene degli uomini, sceglieva sempre il bene degli uomini: guariva di sabato, toccava i lebbrosi, mangiava e stava con gente di dubbia reputazione. Perché Gesù rivela che non siamo noi coi nostri sforzi a dover diventare puri per accedere a Dio, ma è Dio che col suo amore ci rende puri. Ecco, io penso che dobbiamo lasciarci tutti affascinare dalla persona di Gesù nella quale diciamo di credere, di cui diciamo di essere discepoli, ma nei cui confronti rischiamo di essere come Nicodemo, gente che in fondo lo stima, non che lo segue. Mi viene in mente una battuta di Woddy Allen che alla domanda “lei crede in Dio?” rispose: “credere è una parola grossa, diciamo che lo stimo!”. È per questo che a nostra volta rischiamo di non essere affascinanti. Chiese che si svuotano, oratori con pochi ragazzi, poche vocazioni alla vita sacerdotale, religiosa, matrimoniale. Cosa fare e cosa non fare? E allora giù a pensare a chissà quali nuove strategie, idee, innovazioni. Per non parlare di chi invece, ancorato al passato, continua a ripetere la tremenda frase più volte condannata dal Papa e dal nostro Arcivescovo: “si è sempre fatto così!”. In realtà c’è solo una cosa da fare: desiderare di imparare a conoscere sempre di più Gesù, il suo vangelo, la sua parola, e così innamorarsi di lui, e poter cominciare davvero a volare.