domenica 21 ottobre 2018

DEDICAZIONE DELLA CHIESA CATTEDRALE

Il 20 maggio era Pentecoste. Oggi è il 21 ottobre. Sono passati 5 mesi, circa 20 settimane. Non sto dando i numeri. E’ che nel nostro rito ambrosiano, questi mesi, queste settimane si chiamano “tempo dopo Pentecoste”. Chi in questi mesi non è andato in vacanza e ha sempre partecipato alle messe di rito ambrosiano, ed è stato attento alle letture, si sarà accorto che fino a settembre, di domenica in
domenica le prime letture raccontavano i fatti più importanti della storia del popolo di Israele, per far vedere che lo Spirito santo della Pentecoste ha sempre soffiato nel cuore degli uomini, per infondere l’amore di Dio, fin dalla creazione del mondo, però tutte le storie raccontate dalla Bibbia, fanno vedere com’è difficile lasciarsi guidare dallo Spirito santo e capire come è grande questo amore. Poi, a settembre, è iniziata la seconda parte del tempo dopo Pentecoste, che è durata fino a domenica scorsa, con le settimane che si chiamano “dopo il martirio di san Giovanni Battista”. Con il Battista finisce l’antico testamento e inizia il nuovo testamento, perché arriva Gesù, ed è Gesù che più di tutti fa conoscere e capire l’amore di Dio, perché, come abbiamo letto nel vangelo di oggi, lui e il Padre sono “una cosa sola”. E infatti i vangeli di tutte le domeniche di settembre e ottobre, fino a domenica scorsa, erano le parabole che parlavano del comandamento dell’amore e del regno di Dio annunciato da Gesù. Vuol dire che adesso tocca a noi lasciarci guidare dallo Spirito di Gesù e portarlo a tutti. Noi chi? Noi, la Chiesa. Ecco perché oggi inizia l’ultima parte del tempo dopo Pentecoste, con le settimane che si chiamano “dopo la Dedicazione della Chiesa cattedrale”. La Chiesa cattedrale della nostra diocesi di Milano è il Duomo di Milano. Si chiama cattedrale perché il Duomo è la cattedra del vescovo, un po’ come a scuola la scrivania è la cattedra del professore, dove il professore insegna, però in una chiesa la cattedra non è una scrivania, ma la sede, la sedia solenne dove il vescovo sta seduto, e questa sede cosa rappresenta? La responsabilità del vescovo di proclamare la Parola di Gesù perchè tutti impariamo a conoscerla e a seguirla. Il vescovo infatti rappresenta Gesù, l’unico pastore, così come i preti rappresentano il vescovo. E noi, per poter rappresentare Gesù l’unico pastore, per primi dobbiamo fare quello che Gesù dice nel vangelo di oggi: “Le mie pecore ascoltano la mia voce e io le conosco ed esse mi seguono”. Quindi, vedete, con la festa di oggi iniziano le ultime settimane del tempo dopo Pentecoste che ci aiutano a capire che tutta la Chiesa, cioè tutti noi, vescovo, preti, fedeli, siamo chiamati ad una missione importantissima (non è un caso che il mese di ottobre è dedicato alla missione), che poi ognuno svolge secondo la propria vocazione: quella di imparare ad ascoltare la parola di Gesù, a conoscerla, perché questa Parola ci fa capire che noi siamo figli amati dal Padre e siamo chiamati ad amare gli altri come nostri fratelli, come ha fatto Gesù, e quindi, dopo aver ascoltato questa Parola, a seguirla, perché è così che si annuncia come è grande l’amore di Dio, e questa è la missione della Chiesa, la nostra missione. Ma c’è un’altra cosa importante da capire. Noi siamo soliti dire che la “chiesa”, intesa come edificio, che può essere questa dove siamo adesso o qualunque altra, compreso il Duomo di Milano, è la casa di Dio, perché nelle nostre chiese è custodito nel tabernacolo il corpo di Gesù, l’eucaristia. Ma sentite cosa dice proprio oggi la Parola del Signore per bocca di san Paolo nel brano della lettera ai Corinzi che abbiamo letto prima: “il tempio di Dio, cioè la casa di Dio, siete voi, perché dentro di voi abita lo Spirito di Dio”. Questa, se ci pensiamo bene, è una cosa stupenda, pazzesca, rivoluzionaria e importantissima da capire. Sono io la casa dove Dio abita. Dio non è né lontano e nemmeno solo qui in chiesa, ma Dio abita in ciascuno di noi con lo Spirito santo. Questo vuol dire che il corpo di Gesù non è solo l’ostia consacrata, ma è tutta la comunità dei cristiani, siamo tutti noi, tutta la Chiesa. Infatti si dice che la Chiesa è il corpo di Gesù: ognuno di noi è abitato dallo Spirito santo, cioè dall’amore di Dio, e questo amore il Signore continua a comunicarcelo facendosi mangiare da noi per farci diventare una cosa sola con lui e con il Padre, e diventare così anche noi, come Gesù, pane per gli altri, pronti a farci mangiare anche noi dagli altri, a dare la vita agli altri, manifestando così l’amore di Dio: questo vuol dire fare la comunione. Dio non è solo qui in chiesa, ma è dentro di noi, e Dio lo possono vedere tutti non perché tra poco ci metteremo in fila per fare la comunione con Gesù, ma solo se dopo, uscendo di chiesa, faremo la comunione con tutti gli altri. “Andiamo in pace nel nome di Cristo” non significa, come capiscono alcuni fedeli, “scappate alla svelta, liberi tutti perché finalmente la Messa è finita”, ma significa: portate a tutti quelli che incontrerete fuori di qui l’amore di Dio di cui vi siete nutriti. È per questo che ci siamo nutriti dell’eucaristia, per ricevere la forza di compiere questa missione, per essere trasformati a sua immagine. È questo che dobbiamo chiedere. Questo è lo spirito giusto con cui partecipare all’eucaristia.