martedì 25 dicembre 2018

NATALE 2018

MESSA NELLA NOTTE 

Le letture di questa notte ci mostrano che il Natale è molto di più del presepe. Il presepe, infatti, è la raffigurazione del momento della nascita del Signore, e queste letture non ne parlano. Ne parlano in modo peraltro molto diverso tra loro il vangelo di Luca che sarà letto domani mattina e quello di
Matteo che verrà letto nell’Epifania. Luca parla degli angeli, della mangiatoia e dei pastori. Matteo invece fa nascere Gesù in una casa, e al posto dei pastori ci sono i Magi. Ed interessante che poi, in tutti i vangeli, di questi personaggi non se ne parli più: spariscono. Perché con questi racconti, Luca e Matteo vogliono anticipare il contenuto del loro vangelo. Luca scrive un vangelo incentrato sulla misericordia di Gesù verso i peccatori, e allora, nel momento della sua nascita, parla dei pastori come primi destinatari dell’annuncio della salvezza perché essi, a quei tempi, erano giudicati peccatori. Matteo scrive un vangelo missionario, e allora parla dei Magi venuti dall’oriente per mostrare che Dio è il Signore di tutti i popoli della terra, nessuno escluso. Ma in entrambi i casi il messaggio è lo stesso: Dio ama tutti, è il Signore di tutti, anche di coloro che noi escluderemmo, perciò chi esclude un solo uomo, esclude Dio, perché Dio è amore, e l’amore di Dio si manifesta quando ogni uomo impara ad amare gli altri come suoi fratelli. Ma questo non è immediatamente il messaggio e il significato specifico del Natale: questo è il cuore di tutto l’insegnamento di Gesù. Luca e Matteo vogliono soltanto far vedere che questo messaggio si rivela già alla nascita di Gesù. Ecco perché ho detto che se il presepio descrive il momento della nascita di Gesù, il Natale di Gesù, cioè il significato della sua nascita, è molto di più rispetto al presepe. Il significato specifico del Natale di Gesù, della sua nascita, è l’evangelista Giovanni nel prologo del suo vangelo, di cui stanotte abbiamo ascoltato solo alcuni versetti, a indicarcelo, e con lui anche san Paolo nei pochi versetti della lettera ai Galati. Giovanni non racconta il momento della nascita di Gesù, il presepe appunto, ma spiega per quale motivo Dio si è fatto uomo. Scrive Giovanni: “Il Verbo si fece carne e venne ad abitare in mezzo a noi”. Il Verbo è il progetto, il sogno che Dio aveva prima ancora di creare il mondo e per il quale ha creato il mondo, e questo progetto eterno di Dio, scrive Giovanni, ha preso forma e si è realizzato in un uomo preciso e concreto, Gesù di Nazaret. Gesù è l’unigenito figlio del Padre. Gesù chiama Dio col nome di Padre e dice di essere suo figlio perché nella cultura ebraica, il padre è colui che genera, che dà la vita, e riferito a Dio vuol dire che Dio è colui che dona una vita divina, indistruttibile, che supera la morte; e il figlio, sempre nella cultura ebraica, non è solo colui che è nato da quel tale, ma colui che gli assomiglia nel comportamento. Quindi è molto sbagliato immaginarci Dio Padre come un vecchio signore con la barba e i capelli bianchi, come se Dio fosse un maschio, perché Dio non è né maschio né femmina, perché Dio è Spirito. Quindi, dire che Gesù è l’unigenito Figlio di Dio Padre significa che tutta la pienezza di vita di Dio si è manifestata in Gesù e che Gesù è l’unico (questo vuol dire unigenito) che nella sua persona e nel suo comportamento ha rivelato chi è Dio: “chi vede me, vede il Padre”. E qual è questo progetto di Dio che Gesù ha rivelato? Che “a quelli che lo hanno accolto…ha dato il potere di diventare a loro volta figli di Dio”. San Paolo ridice la stessa cosa con altre parole: che tutti coloro che aderiscono a Gesù e praticano un amore simile al suo diventano figli come lui, vengono da Dio adottati come suoi figli, cioè ricevono da Dio la sua stessa vita immortale. Quindi, il progetto di Dio è che noi diventiamo come Lui, e questo è possibile, dice sempre san Paolo, perché “Dio mandò nei nostri cuori lo Spirito del suo Figlio, il quale grida “Abbà, Padre”. Cioè: è Dio stesso a rendere possibile tutto questo, se noi impariamo ad accogliere il suo Spirito, la sua vita, il suo amore. Capite bene allora quali conseguenze pazzesche e rivoluzionarie ha questa cosa. Anzitutto che dobbiamo smetterla di pensare a Dio come uno lontano al quale rivolgerci perché “guardi giù” per risolverci i problemi, appunto perché Dio è dentro di noi col suo Spirito, e agisce col suo Spirito se noi lo accogliamo. Per cui, seconda conseguenza, la preghiera autenticamente cristiana non è una recita di formule rivolte a un Dio lontano a cui chiedere grazie e favori (oggi ho detto le preghiere?), ma è prendere contatto con il suo Spirito d’amore che è dentro di noi alla cui forza attingere per diventare figli come Gesù, cioè per avere la forza di pensare, vivere, scegliere, affrontare la vita, le gioie, i dolori, le tragedie e la morte come ha fatto Gesù. Perché Dio, facendosi uomo nel Natale, non è venuto a cambiare il mondo, ma a trasformare me, a cambiare me e il mio modo di vivere nel mondo. Pensate solo all’Eucaristia. Cosa cambia dopo la consacrazione del pane e del vino? La loro materia rimane, restano sempre pane e vino, noi mangiamo pane e vino, ma quel pane e quel vino sono trasformati nella loro sostanza, sono diventati il corpo del Signore. Io me ne nutro per essere anch’io trasformato, non nel corpo, ma nello spirito: dell’eucaristia mi nutro per essere anch’io trasformato in Gesù, per diventare anch’io pane che si spezza per gli altri e vino che allieta la vita degli altri. Non siamo in comunione con Dio perché ci siamo confessati e comunicati, ma se desideriamo ricevere dal Signore, attraverso questi sacramenti, la forza per perdonare gli altri e trattare tutti come fratelli. Perciò qual è la terza conseguenza del Natale? Che la comunione con Dio non si vede da quel che uno crede, ma da come uno ama, non da quanto uno prega, ma da quanto presta ascolto ai bisogni degli altri, non dai sacrifici verso Dio, ma dal sapersi sacrificare per il bene dell’altro. Perché Dio è amore. Questo è il Natale, questo dobbiamo contemplare con stupore e gratitudine guardando il presepe, non cantare la ninna nanna a Gesù. Altrimenti il Natale diventa una commovente favoletta per tornare bambini, una bella tradizione, qualche luminaria, una festa tanto attesa quando sfiancante e costosa. E le conseguenze del Natale, anziché essere quelle del progetto eterno di Dio che possa realizzarsi in me, saranno che da santo Stefano la nostra vita cristiana riprenderà esattamente come prima, solo con qualche chilo in più da smaltire, un po’ di soldi in meno sul conto corrente e molto sonno arretrato da recuperare. Però alla messa di mezzanotte siamo andati, ci siamo anche confessati, quindi siamo a posto. Peccato solo che non nevichi, sarebbe stato tutto più magico!


MESSA DEL GIORNO 

E’ dal racconto di Luca che nasce la tradizione del presepe, con gli angeli, la mangiatoia e i pastori. Invece il racconto di Matteo che leggeremo il 6 gennaio è completamente diverso: non ci sono gli angeli, Gesù nasce in una casa e al posto dei pastori ci sono i Magi. Ed interessante che sia dei pastori in Luca sia dei Magi in Matteo poi non si parli più in tutti i vangeli: spariscono. Perché con questi racconti, Luca e Matteo vogliono anticipare il contenuto del loro vangelo. Luca scrive un vangelo incentrato sulla misericordia di Gesù verso i peccatori, e allora, nel momento della sua nascita, parla dei pastori che a quei tempi erano giudicati peccatori come primi destinatari dell’annuncio della salvezza. Matteo scrive un vangelo missionario, e allora parla dei Magi venuti dall’oriente per mostrare che Dio è il Signore di tutti i popoli della terra, nessuno escluso. Ma in entrambi i casi il messaggio è lo stesso: Dio ama tutti, è il Signore di tutti, anche di coloro che noi escluderemmo, e chi esclude un solo uomo, esclude Dio, perché Dio è amore, e l’amore di Dio si manifesta quando ogni uomo impara ad amare gli altri come suoi fratelli. Ma questo non è immediatamente il messaggio e il significato specifico del Natale: questo è il cuore di tutto l’insegnamento di Gesù. Luca e Matteo vogliono soltanto far vedere che questo messaggio si rivela già alla nascita di Gesù. Per cui potremmo dire che se il presepio descrive il momento della nascita di Gesù, il Natale di Gesù, cioè il significato della sua nascita, è molto di più rispetto al presepe. Qual è allora il significato specifico del Natale di Gesù, della sua nascita? Per scoprirlo dovremmo rileggere e commentare le letture della messa proclamate questa notte, in particolare il vangelo di Giovanni. Giovanni non racconta il momento della nascita di Gesù, il presepe, ma per quale motivo Dio si è fatto uomo. Scrive Giovanni: “Il Verbo si fece carne e venne ad abitare in mezzo a noi”. Il Verbo è il progetto, il sogno che Dio aveva prima ancora di creare il mondo e per il quale ha creato il mondo, e questo progetto eterno di Dio, scrive Giovanni, ha preso forma e si è realizzato in un uomo preciso e concreto, Gesù di Nazaret. Gesù è l’unigenito figlio del Padre. Gesù chiama Dio col nome di Padre e dice di essere suo figlio perché nella cultura ebraica, il padre è colui che genera, che dà la vita, e riferito a Dio vuol dire che Dio è colui che dona una vita divina, indistruttibile, che supera la morte; e il figlio, sempre nella cultura ebraica, non è solo colui che è nato da quel tale, ma colui che gli assomiglia nel comportamento. Quindi è molto sbagliato immaginarci Dio Padre come un vecchio signore con la barba e i capelli bianchi, come se Dio fosse un maschio, perché Dio non è né maschio né femmina, perché Dio è Spirito. Allora, dire che Gesù è l’unigenito Figlio di Dio Padre significa che tutta la pienezza di vita di Dio si è manifestata in Gesù e che Gesù è l’unico (questo vuol dire unigenito) che nella sua persona e nel suo comportamento ha rivelato chi è Dio: “chi vede me, vede il Padre”. E qual è questo progetto di Dio che Gesù ha rivelato? Che “a quelli che lo hanno accolto…ha dato il potere di diventare a loro volta figli di Dio”. Vuol dire che Dio ha una stima così grande per ciascuno di noi che ha donato a tutti gli uomini lo stesso Spirito di Gesù, e chi lo accoglie e pratica un amore simile al suo, diventa anche lui figlio di Dio. Quindi, il significato del Natale di Gesù è che Dio è dentro di noi col suo Spirito, con la sua forza vitale, forza d’amore, e che il suo progetto, il suo sogno, è che diventiamo suoi figli come il Figlio Gesù, modello di ogni uomo. Capite bene allora quali conseguenze pazzesche e rivoluzionarie ha questa cosa. Anzitutto che dobbiamo smetterla di pensare a Dio come uno lontano al quale rivolgerci perché “guardi giù” per risolverci i problemi, appunto perché Dio è dentro di noi col suo Spirito, e agisce col suo Spirito se noi lo accogliamo. Per cui, seconda conseguenza, la preghiera autenticamente cristiana è tutto tranne che una recita di formule rivolte a un Dio lontano a cui chiedere grazie e favori, ma è prendere contatto con il suo Spirito d’amore che è dentro di noi alla cui forza attingere per diventare figli come Gesù, cioè per avere la forza di pensare, vivere, scegliere, affrontare la vita, le gioie, i dolori, le tragedie e la morte come ha fatto Gesù. Perché Dio, facendosi uomo nel Natale, non è venuto a cambiare il mondo, ma a trasformare me, a cambiare me e il mio modo di vivere nel mondo. Pensate solo all’Eucaristia. Cosa cambia dopo la consacrazione del pane e del vino? La loro materia rimane, restano sempre pane e vino, noi mangiamo pane e vino, ma quel pane e quel vino sono trasformati nella loro sostanza, sono diventati il corpo del Signore. Io me ne nutro per essere anch’io trasformato, non nel corpo, ma nello spirito: dell’eucaristia mi nutro per essere anch’io trasformato in Gesù, per diventare anch’io pane che si spezza per gli altri e vino che allieta la vita degli altri. Non siamo in comunione con Dio perché ci siamo confessati e comunicati, ma se desideriamo ricevere dal Signore, attraverso questi sacramenti, la forza per perdonare gli altri e trattare tutti come fratelli. Perciò qual è la terza conseguenza del Natale? Che la comunione con Dio non si vede da quel che uno crede, ma da come uno ama, non da quanto uno prega, ma da quanto presta ascolto ai bisogni degli altri, non dai sacrifici verso Dio, ma dal sapersi sacrificare per il bene dell’altro. Perché Dio è amore. Questo è il Natale, questo dobbiamo contemplare con stupore e gratitudine guardando il presepe, non cantare la ninna nanna a Gesù. Altrimenti il Natale diventa una commovente favoletta per tornare bambini, una bella tradizione, qualche luminaria, una festa tanto attesa quando sfiancante e costosa. E le conseguenze del Natale, anziché essere quelle del progetto eterno di Dio che possa realizzarsi in me, saranno che da santo Stefano la nostra vita cristiana riprenderà esattamente come prima, solo con qualche chilo in più da smaltire, un po’ di soldi in meno sul conto corrente e molto sonno arretrato da recuperare. Però alla messa almeno oggi siamo andati, ci siamo anche confessati, quindi siamo a posto. Peccato solo che non nevichi, sarebbe stato tutto più magico!