domenica 16 dicembre 2018

V DOMENICA DI AVVENTO

La V domenica di Avvento, nel rito ambrosiano, si intitola “Il Precursore”, un titolo riferito a Giovanni Battista. Precursore, lo sappiamo, è una parola che letteralmente significa “uno che corre avanti”, cioè uno che giunge prima di un altro per annunciarne la venuta, uno che precede. E Giovanni fu il precursore di Gesù. Iniziò a predicare prima che Gesù iniziasse a farsi conoscere. E
cosa predicava? Che c’era qualcuno più grande di lui, mandato da Dio, che sarebbe venuto a realizzare tutti le attese più profonde di gioia e di giustizia di cui parlavano i profeti prima di lui. Nelle pagine dei libri dell’Antico Testamento troviamo espressi tutti i sentimenti più belli e profondi presenti nel cuore umano, uniti anche a quelli peggiori, di ira e di vendetta, che a molti dà quasi fastidio leggere o ascoltare, ma che in realtà rappresentano esattamente tutti i sentimenti che albergano nel cuore di ogni uomo, ma tutti questi sentimenti sono sempre accomunati da un unico desiderio, quello che Dio intervenga a sistemare le cose e a rendere giustizia agli oppressi e agli innocenti. E’ proprio vero che il desiderio di Dio nasce dal desiderio del bene. L’uomo per prima cosa “con-sidera” e poi “de-sidera”. Due verbi che contengono la parola latina “sidus, sideris”, che vuol dire “stella”. “Considerare” vuol dire “osservare le stelle”, perché nelle stelle guarda qual è il suo destino, dove deve andare. Quando poi ha capito qual è la sua stella, qual è la sua direzione, allora “de-sidera”, cioè smette di osservare e vuole andare in quella direzione e non è felice finchè non la raggiunge. Gli uomini non possono vivere senza desiderare, e il desiderio più profondo è l’amore, essere amati e amare, perché siamo fatti per questo. Giovanni Battista incarna tutti i desideri più profondi di gioia, di bene, di speranza e di giustizia espressi nelle pagine dell’Antico Testamento e che albergano nel cuore di ogni uomo, ed è altrettanto consapevole di non essere lui quello in grado di realizzarli: “Non sono io il Cristo. Non sono io lo sposo a cui appartiene la sposa, ma sono l’amico dello sposo che si rallegra di gioia quando sente la sua voce”. Cosa vuol dire questa espressione? Nella tradizione ebraica l’amico dello sposo era quello che doveva preparare la cerimonia delle nozze, e nel linguaggio dei profeti Dio è lo sposo e Israele la sposa. Se fino a quel momento Giovanni, con la sua voce e col suo battesimo aveva preparato la Sposa alle nozze, adesso che capisce che Dio è Gesù, si mette a tacere (“Bisogna che lui cresca e io diminuisca”), si tira da parte, perché finalmente si celebrino le nozze tra Gesù e l’umanità, perché intuisce che è Gesù colui che realizza i desideri più profondi di gioia, di bene, di giustizia, di vita. Ma Gesù non compie questi desideri in modo magico. Anzitutto li purifica da ogni sorta di sentimenti di egoismo e di male, che sono contrari ai desideri di Dio. E purifica un modo profondamente sbagliato di rapportarsi con Dio, tipico di ogni religiosità, compresa quella ebraica, che era ricchissima di devozioni, formule, riti, sacrifici che il popolo faceva sperando così di poter incontrare Dio e di ottenere da lui le grazie che desiderava. Notate che il vangelo si apre con Giovanni che battezzava e si dice che nacque una discussione tra i discepoli di Giovanni e un Giudeo riguardo alla purificazione rituale, e questo perché i giudei pensavano che il battesimo di Giovanni fosse un rito di purificazione, che cancellasse i peccati, quasi per magia. Magico vuol dire un segno esterno, come può essere l’acqua, o una formula che, indipendentemente dalla volontà di chi la riceve, provoca degli effetti: entro nel Giordano e magicamente Dio mi cancella i peccati. Una religiosità che è facile vedere anche tra i cristiani, nonostante il fatto che Gesù, come ho detto, sia venuto a purificare, a far piazza pulita di questi modi magici di rapportarsi con Dio. Penso, solo per fare due esempi, a chi nei giorni scorsi attendeva la benedizione del prete (perché se fosse quella di un laico non vale) preoccupati se “passa” in tutte le stanze della casa sperando che “porti bene” (quindi il prete come un sorta di stregone che porta fortuna a tutti quelli che vengono bagnati con quest’acqua magica). E penso anche a quelli che chiedono ancora il Battesimo per un bambino perché così sarebbe più protetto dal Signore, o in generale a chi vive i sacramenti, compresa la Messa, o altri rituali, come modi per ottenere grazie dal Signore. Già il battesimo di Giovanni era qualcosa di molto diverso da una pratica di purificazione, quasi fosse bastato un bagno del fiume per vedersi cancellati i peccati come per magia. No, il suo battesimo voleva essere il segno che esprimesse, da parte di chi lo riceveva, la volontà, il desiderio di cambiare modo di pensare e di vivere, per tornare a pensare e a vivere secondo la Parola di Dio, e Giovanni sapeva bene che solo l’intervento dello Spirito di Dio avrebbe compiuto questo desiderio, non certamente come atto di magia. Ed è precisamente il suo Spirito l’unico dono che Dio ci fa. È fondamentale capire questa cosa. Gesù ci ha rivelato che Dio non agisce fuori di noi realizzando per magia i nostri desideri, ma agisce attraverso di noi se noi accogliamo il suo Spirito che è capace di trasformare me, il mio modo di pensare, di vivere, di affrontare gioie e dolori della vita, che mi rende come lui, che mi fa desiderare quello che desidera Dio, che mi riempie del suo amore che rende possibile l’impossibile, che mi apre alla speranza anche di fronte alla morte, che mi fa sentire amato e mi rende capace di amare. Per cui, i sacramenti, le benedizioni, i riti, le devozioni che ognuno ha, e le stesse preghiere che si rivolgono a Dio o sono precursori di Gesù, nel senso che si vivono col desiderio di ricevere, attraverso di essi, lo Spirito del Signore che ci renda persone nuove, o altrimenti sono atti di magia e di superstizione che nulla centrano con la fede cristiana.