domenica 17 marzo 2019

II DOMENICA DI QUARESIMA LA SAMARITANA

Ogni volta che leggiamo il vangelo non dobbiamo dimenticare che gli evangelisti prendono spunto da episodi accaduti in un certo tempo e luogo rielaborandoli con tutta una serie di particolari che vanno decifrati, perché il loro intento non è quello di fare una cronaca dei fatti, ma di comunicare delle verità di fede. Per capire il brano della Samaritana bisogna sapere che l’evangelista tiene come
sottofondo una bellissima pagina del profeta Osea che fu il primo a descrivere il rapporto tra Dio e il suo popolo come un matrimonio, dove Dio è lo sposo e il popolo è la sposa. Osea scopre il mistero dell’amore di Dio partendo dal dramma personale che aveva vissuto con sua moglie, di cui era follemente innamorato, ma che spesso lo aveva abbandonato per seguire nuovi amanti. Osea, ogni volta, l’aveva sempre ripresa con sé, finchè un giorno perde la pazienza e, all’ennesima fuga, la rintraccia, le elenca e le rinfaccia tutte le sue colpe di moglie infedele e di madre svergognata e alla fine pronuncia la sua sentenza che, secondo la legge, doveva essere la lapidazione, e invece, colpo di scena, le dice: “No, io voglio sedurti di nuovo, portarti nel deserto, stare solo con te in intimità e parlare al tuo cuore: io non sarò più il tuo padrone, ma tuo marito”. Osea capisce perché sua moglie fuggiva da lui: perché il rapporto che aveva con lui era simile a quello che si ha verso un padrone e non a quello verso un marito. Non aspetta che lei si penta e si converta, ma le offre il suo amore di sposo. E da questa esperienza, Osea capisce qual è rapporto tra Dio e il suo popolo. Dio non aspetta a perdonarci quando ci siamo convertiti, ma ci perdona senza alcuna condizione e garanzia. Osea capisce che da Dio si fugge perché lo si considera come un padrone a cui obbedire, e non come uno sposo che ci ama. Vedete allora come, tenendo conto di tutto questo, anche senza entrare in tutti i particolari di questo lunghissimo brano di vangelo, cominciamo a capire meglio cosa vuole raccontarci san Giovanni parlandoci della samaritana? Prima di tutto non è un caso che questa donna fosse un’abitante della Samaria, perché la Samaria era un regione idolatra, adultera, nel senso che invece di adorare Dio come suo sposo, aveva altre divinità, altri amanti, che non sono altro che i cinque mariti che quella donna aveva avuto, quindi questa donna rappresenta l’umanità intera alla ricerca di quel marito che le dia l’acqua che disseti veramente la sua sete di gioia, e che non la trova: “non ho marito”. Non ha marito perché nessuno è mai riuscito a darle ciò che lei desidera veramente: nessuno ha mai saziato il suo desiderio di vita e d’amore. Pensiamo ai quattro desideri fondamentali della nostra vita: il cibo (e col cibo anche i beni che garantiscono la vita, quindi i soldi e la ricchezza), il sesso (e col sesso anche il riprodursi), la conoscenza, e il voler creare, costruire qualcosa di bello nella vita. Quando uno pensa che la felicità consiste nell’appagare questi desideri, ecco che queste cose diventano degli idoli, dei mariti, e infatti, anche quando li ha appagati, non si trova mai soddisfatto. E allora sposa un quinto marito, che è la disperazione, poi lo lascia, e passa alla rassegnazione, il sesto marito, che per fortuna non è marito (“quello che hai ora non è tuo marito”), cioè si accontenta di andare al pozzo ad attingere acqua, cerca cioè delle norme ragionevoli con cui vivere, e inizia a fare le cose per dovere. Che vita è questa? Per fortuna questo sesto marito non è un marito, perché vuol dire che non siamo fatti per questo, non siamo fatti per essere rassegnati, per lasciarci vivere. Infatti, non è un caso che Gesù passi proprio dalla Samaria, perché vuol dire che il Signore non sopporta che noi viviamo così, come persone che cercano marito, che cercano gioia in direzioni sbagliate, vuole attraversare la nostra esistenziale Samaria per diventare lui il nostro sposo, il settimo marito, quello vero. I samaritani erano odiati dagli ebrei, erano considerati eretici, peccatori, e le donne erano considerate meno di zero, figuriamoci quelle adultere. È proprio da chi è messo così male che Dio è attirato, come aveva capito il profeta Osea: il suo desiderio è incontrare ciascuno perché impariamo a non soddisfare la nostra sete, i nostri desideri di felicità, abbeverandoci a pozzi o facendo diventare nostri mariti e idoli il possesso delle cose, dei beni, delle persone, trovandoci poi insoddisfatti, ma impariamo a fare cosa? E questo è il versetto più importante e difficile di tutto il racconto, dove ogni parola va spiegata: “Donna, Dio non lo si adora in un tempio di pietre, quello di Gerusalemme o quelli che avete costruito sui monti voi samaritani, perchè Dio è Spirito, e il Padre cerca chi lo adori in spirito e verità”. “Adorare” vuol dire “baciare”, “portare alla bocca”, “introiettare, mangiare l’oggetto del proprio desiderio”. Se adoriamo i beni, le cose, le persone ne diventiamo schiavi e restiamo insoddisfatti. Anche Dio può diventare un idolo, un padrone da tenere buono e a cui obbedire per ottenere la soddisfazione dei nostri bisogni, e allora siamo daccapo. Dio va adorato come Padre che infonde lo Spirito, cioè la vita, l’amore, che si è manifestato nel Figlio Gesù: è lui il tempio di Dio (chi vede me vede il Padre, dirà Gesù più avanti). Infatti Gesù ha accolto lo spirito, l’amore del Padre, e lo ha reso “vero” perché non l’ha tenuto, ma l’ha donato a tutti dalla croce, e infatti l’incontro con la samaritana avviene a mezzogiorno, che nel vangelo di Giovanni è l’ora della croce. E non è un caso che Gesù chiami “donna” la samaritana, perché “donna” significa “sposa”. Gesù è il settimo marito, quello vero, che aveva scoperto il profeta Osea. Quindi, se noi adoriamo Gesù come settimo marito, ci nutriamo di lui per diventare come lui, possiamo scoprire una cosa stupenda che ci cambia la vita: che il Padre abita in noi col suo Spirito, ci sentiamo figli amati che diventano capaci di amare, e in quel momento diventiamo veri adoratori di Dio: in spirito, perché ci lasciamo guidare dallo spirito dell’amore, e in verità, perché è solo amando come Gesù che si manifesta la verità. Quale verità? Che Dio è l’amore capace di placare la nostra sete, il nostro desiderio di felicità che andiamo cercando in mariti sbagliati.