domenica 31 marzo 2019

IV DOMENICA DI QUARESIMA

Nel nostro rito ambrosiano le letture della domenica sono sempre collegate tra di loro: il vangelo mostra in che modo Gesù ha svelato il senso delle pagine dell’AT, e l’epistola di san Paolo mostra in che modo la Chiesa ha accolto e concretizzato il vangelo. Il brano del Deuteronomio di oggi racconta il momento tragico del popolo di Israele nel deserto, durante l’esodo, durato quarant’anni, mentre
fugge dall’Egitto per raggiungere la terra promessa, e si ritrova a morire di sete, mormora contro Mosè e contro Dio, e allora Dio ordina a Mosè di percuotere la roccia col bastone, e ne uscì l’acqua che dissetò Israele. Ebbene, quest’acqua è immagine della piscina di Siloe nella quale il cieco nato andò a lavarsi e vedette, e a sua volta quest’acqua è immagine di Cristo che nel Battesimo, come dice san Paolo, ci fa diventare “figli della luce”, a differenza degli oppositori di Gesù che, non credendo in lui, pensano di vedere e in realtà sono ciechi. Ma il racconto del Deuteronomio prosegue con la battaglia di Israele contro il popolo degli amaleciti, e si legge che quando Mosè alzava le mani al cielo, Israele aveva la meglio, e quando le lasciava cadere, prevalevano gli amaleciti. Vedete, è bello l’AT, perché ci sono molte pagine, come questa, in cui Dio si arrabbia, si offende, si vendica, poi perdona, combatte per il suo popolo contro gli altri popoli, cioè fa, purtroppo, in grande quello che faremmo noi, purtroppo, se fossimo Dio, appunto perché siamo ciechi: Dio non lo conosciamo, nessuno lo ha mai visto, e quindi ce lo inventiamo a nostra immagine, nel modo peggiore, in questo caso come Colui che fa vincere la nostra squadra del cuore e distrugge gli avversari: è così che nascono le guerre sante, fatte in nome di Dio, combattute però dai “figli delle tenebre” che non conoscono il vero volto di Dio. Gesù farà vedere che è vero ciò che dicono le Scritture, che Dio è sempre dalla parte degli oppressi, degli ultimi, degli esclusi, di chi perde, non di chi vince, ma rivela che Dio non reagisce in questo modo, non risponde al male facendo il male: egli dona a tutti il suo Spirito d’amore con le armi della fede, della speranza e della carità per combattere ogni giorno non contro gli amaleciti, ma contro l’egoismo e il male che è dentro di noi e che ci fa essere figli delle tenebre: questa è l’unica vera “guerra santa” gradita a Dio. E’ così che noi cristiani leggiamo e interpretiamo l’Antico Testamento, alla luce del Vangelo, degli insegnamenti di Gesù. Detto ciò, proviamo a capire cosa vuol dire diventare “figli della luce” e perché in Quaresima, ogni anno, la domenica, leggiamo sempre gli stessi vangeli. Normalmente viene sempre detto che la Quaresima è il tempo di preparazione alla Pasqua. Ma cosa significa “prepararsi alla Pasqua”? Se ci pensiamo bene, detto così significa niente. La Pasqua cristiana è la risurrezione di Gesù, che però non è un evento del passato: se Gesù è risorto vuol dire che è vivo, che è sempre vivo, è il Vivente: non è che ogni anno Gesù nasce a Natale, muore il venerdì santo e risorge a Pasqua. Ogni volta che celebriamo l’eucaristia, Gesù, il Vivente, si rende presente con la sua Parola che abbiamo ascoltato e, tra poco, nel pane e nel vino di cui ci nutriremo, per farci diventare come Lui, per pensare, vivere, amare, morire e risorgere come lui. E’ un cammino che dura tutta la vita e che è iniziato col Battesimo. “Battesimo” significa “essere immersi nell’acqua”. L’acqua è un segno di morte, perché l’uomo nell’acqua muore, non è un pesce. Infatti chi viene battezzato viene immerso per riemergere. Dunque il Battesimo è il segno che Dio ci libera dalla morte: il destino di risurrezione è il destino di tutti noi, perché Dio ci considera tutti come suoi figli, altrimenti non sarebbe un Padre, ma un assassino. La differenza tra uno che è battezzato e uno che non lo è, non è che chi è battezzato è salvo e chi non è battezzato va all’inferno, ma che il battezzato sa e crede che Dio è Padre, che noi siamo figli amati, che abbiamo lo stesso destino di Gesù, che siamo immersi nel suo amore, che Dio è dentro di noi con lo Spirito santo, mentre il battezzato non lo sa. Però non basta sapere queste cose, occorre sperimentarle, occorre vivere di conseguenza, e questo, dicevo, è un cammino che dura tutta la vita. Fin dai primi secoli del cristianesimo, la Quaresima era il tempo in cui coloro che avevano udito e accolto l’annuncio di Cristo e volevano diventare cristiani, iniziavano il cammino del catecumenato che li conduceva, passo dopo passo, a ricevere il Battesimo a Pasqua. Ecco allora a cosa serve la Quaresima e cosa vuol dire “prepararsi alla Pasqua” per noi che non siamo più catecumeni, ma siamo già cristiani: vuol dire riscoprire il dono del Battesimo e le sue conseguenze nella nostra vita. Fin dai tempi di sant’Ambrogio, nelle domeniche di Quaresima si leggevano questi vangeli perché si prestano bene a una chiave di lettura battesimale. Le tentazioni di Gesù nel deserto richiamano la lotta del battezzato contro il Male, la rinuncia a Satana, alle sue opere e seduzioni. L’acqua che viene donata alla samaritana da Gesù è il segno che l’amore di Dio in cui siamo immersi placa la nostra sete di gioia. Nel vangelo di domenica scorsa Gesù proclama che la salvezza non è per un solo popolo, ma per chi riconosce Dio come Padre e gli altri come fratelli da amare: così vive il battezzato. Domenica prossima la risurrezione di Lazzaro mostra che il battezzato è colui che, accogliendo la Parola di Gesù non deve aspettare di morire per risorgere, ma è già risorto adesso. E infine il vangelo di oggi che mette ben in evidenza che la fede non è “cieca”, ma è ciò che ci consente di vedere chi è Dio e chi siamo noi. Noi siamo ciechi fin dalla nascita, non sappiamo chi è Dio e chi siamo noi: Gesù ce lo rivela, ci apre gli occhi, e il Battesimo è segno di questa verità che il cammino quaresimale ci aiuta ad approfondire perché possiamo davvero diventare “figli della luce” nella quotidianità della nostra esistenza, altrimenti la nostra fede, il nostro battesimo, il nostro essere qui a celebrare l’eucaristia, il fatto che Gesù sia risorto, serve a niente: siamo esattamente uguali a coloro che non sono battezzati e che non conoscono e non credono in queste cose.