domenica 26 maggio 2019

VI DOMENICA DOPO PASQUA

 Nello spazio di un’omelia non riesco a spiegare per intero questa lunga e difficile pagina del vangelo, e allora mi concentro sui primi versetti collegandoli poi al brano della prima lettura. Inizia con un versetto molto bello. Gesù dice: Molto ho ancora da dirvi, ma per il momento non siete capaci di portarne il peso, cioè quello che devo dirvi non è ancora alla vostra portata. Perché? Perché il
messaggio di Gesù lo può capire solo chi, come lui, ha orientato la propria vita per il bene dell’altro ed è disposto al dono della propria vita. Non basta leggere il vangelo per capirlo; si può leggere il vangelo, tenerlo in mano, brandirlo nei comizi elettorali, ma il vangelo lo capisce solo chi mette il bene di ogni uomo come valore supremo della propria esistenza. Voi, dice Gesù ai suoi discepoli, ancora non avete capito fin dove arriverà il mio amore. Voi sareste disposti a dare la vostra vita per me, ma chi ve l’ha chiesto? Non avete ancora capito che sono io dare la vita per voi. Cioè che Dio non vi chiede niente, vi dà la sua vita, il suo amore, perché voi vi sentiate amati e amiate i vostri fratelli, e invece siete qui a pensare che Dio sia quello che deve far vincere la vostra squadra del cuore, come se fosse un mago. Ma quando verrà lo Spirito di verità, vi guiderà a tutta la verità. Gesù non chiede di avere la verità: chi crede di avere la verità in tasca si mette a fare le guerre a tutti quelli che non la pensano come lui. Per amore della verità, nella storia, e anche oggi, si sono uccise milioni di persone, oltretutto in nome di Dio, perché uno scambia le proprie idee con la verità. Mentre Gesù ci ha insegnato la verità dell’amore, che è un’altra cosa: l’unica verità è l’amore, e l’amore fa male a nessuno, accoglie tutti, dà la vita per tutti, diventa dono, perdono, misericordia. La verità proclamata da Gesù è che Dio è Padre di tutti, che tutti siamo figli amati e che realizziamo la nostra umanità amando ogni uomo come fratello. Lo Spirito comunica questa verità a chi lo accoglie. Come? Ricordando le cose che ha detto Gesù, per farci diventare come lui. Vi annuncerà le cose future non vuol dire che ci fa diventare degli indovini, ma che ci farà capire in ogni circostanza come dovremo muoverci, cosa fare per vivere in modo sempre nuovo l’amore di Dio verso gli altri. Man mano che noi cresciamo nell’amore, comprendiamo sempre meglio il vangelo. Se invece si resta abbarbicati nei propri egoismi e deliri di onnipotenza e si fa diventare il vangelo un mezzo per giustificare valori addirittura contrari al vangelo, vuol dire che non si è accolto lo Spirito del Signore, appunto perché, come ho detto, il criterio per capire se quello che penso e che faccio è mosso dallo Spirito del Signore o no, è se manifesta o meno l’amore di Dio per ogni suo figlio, senza escludere nessuno. E questa è la premessa indispensabile per capire bene la stupenda e lunga pagina del libro degli Atti degli Apostoli, dove Paolo racconta in prima persona in che modo egli capì queste cose. Paolo si trova costretto a difendersi, lui ebreo, dai suoi fratelli ebrei che volevano lapidarlo perché era diventato cristiano, e allora racconta la sua storia perché capiscano che quello che essi vogliono fare a lui è esattamente quello che lui, prima, voleva fare ai cristiani. Gliela racconta non per farsi bello o per salvarsi la vita, anzi, è un discorso pieno di tenerezza per dire: Guardate, anch’io ero come voi, peggio di voi, zelante nella legge, volevo fare fuori tutti i cristiani e avevo in mano i documenti per farli fuori tutti. Perché? Per amore della verità. Perché il male maggiore, di solito, lo si fa sempre a fin di bene. Perché la violenza massima è voler imporre il bene, e questo è come se tirassimo il collo a un bambino perché cresca: in realtà lo impiccheremmo. Ma di fatto, per amore della verità, si impiccano le persone: è dei nostri, non lo è, questo va bene, questo no! Se io ragionassi così, chi si salverebbe? Nessuno, tranne me. E guardate che questa non è solo questione dell’Islam che è una grossa questione, ma riguarda gli integralisti di tutto il mondo, che sono tutti uguali, siano essi cattolici o di altre religioni: sono tutti contro Dio, perché sono contro l’uomo. Ciò che è contro l’uomo è contro Dio, ciò che non rispetta l’uomo non rispetta Dio. Io Dio non l’ho mai visto, però vedo il fratello. Non posso dire di amare Dio che non vedo se detesto il fratello che vedo. Quindi a me interessa come uno tratta le persone, non quello in cui dice di credere. È dal modo in cui uno tratta le persone che si capisce chi è il suo Dio. E il Dio cristiano è inseparabile dall’uomo: ogni volta che avrete fatto queste cose a uno solo dei miei fratelli più piccoli, l’avrete fatta a me. Ecco, Paolo, a un certo punto, finalmente capisce questa cosa, la verità dell’amore, e allora cambia tutto. Lo capisce quando si sente rivolgere dal Signore Gesù: tu perché mi perseguiti? In quel momento Paolo capisce che Gesù, il risorto, è vivo, che Dio è tutto in tutti col suo Spirito, presente proprio in quelli che lui stava andando ad ammazzare. E le uniche parole che ha per descrivere questa esperienza che gli cambia la vita sono parole molto umane per esprimere qualcosa di interiore di indescrivibile. Parla di una luce da cui viene avvolto, e subito dopo di essere diventato cieco. Cosa vuol dire? Che è quando capisco di essere cieco che vedo la luce. E quindi vuol dire che quello che accadde a Paolo può accadere anche a ciascuno di noi.