domenica 9 giugno 2019

PENTECOSTE C

Come ho già avuto modo di spiegare altre volte, l’Ascensione e la Pentecoste non sono due eventi diversi dalla Pasqua, ma sono gli effetti, le conseguenze della Pasqua. Gesù risorto, come tutti i defunti, non è più visibile fisicamente ai nostri occhi: la sua ascensione al cielo non significa che si trova su qualche nuvola o tra qualche stella, ma che Gesù risorto ha assunto in pienezza la sua
condizione divina. E la Pentecoste indica che Gesù e il Padre continuano ad essere presenti e ad infondere la potenza del loro amore attraverso lo Spirito effuso in ciascuno di noi. Lo Spirito di Dio non è qualcosa di astratto. In ebraico, “spirito” ha il nome di “ruha”, ed è una parola femminile, molto simile alla parola “respiro”, soffio, aria, vento. Realtà certamente non astratte. A partire dal fatto che senz’aria moriremmo. Ma non basta che ci sia l’aria: occorre che qualcuno la respiri, la immetta dentro di sé. Così è lo Spirito santo: il soffio dell’amore di Dio, ma occorre che venga respirato, non col naso o con la bocca, ma con la mente e col cuore. Ed è una cosa molto concreta. Pensate solo quando si usano espressioni del tipo: “mi manca il respiro”, riferito non a problemi polmonari, ma a situazioni nere e grigie della vita, che appunto “tolgono il respiro”. Oppure a una delle accuse più tristi che potrebbero venirci dagli altri, quando ci dicono: “Tu mi togli il respiro”. Al contrario, uno dei complimenti più belli che potremmo attenderci dagli altri, potrebbe essere proprio questo: “Tu sei una donna, tu sei un uomo di grande respiro, con te mi sembra di respirare. Non mi intristisci, mi fai a poco a poco fiorire”. Già, perché anche a livello interiore valgono gli stessi principi del mondo fisico. Pensateci. La respirazione è fatta da due movimenti: inspirare ed espirare, ed è così per tutta la vita, dalla prima inspirazione del bambino appena partorito, all’ultima espirazione quando si muore, esalando appunto l’ultimo respiro. Non siamo palloncini: l’aria che inspiriamo, dopo aver riempito i polmoni, va poi espirata, se no scoppieremmo. La stessa dinamica accade nel mondo interiore: a seconda delle nostre “ispirazioni”, a seconda di ciò che “inspiriamo” (le parole che ascoltiamo, le esperienze che facciamo e che, elaborate dal nostro cervello, generano in noi pensieri e convinzioni), poi noi agiamo di conseguenza. L’agire è qualcosa di molto pratico, ma è conseguenza di ciò che abbiamo “inspirato”. Pensate quando si dice: “oggi non sono dello spirito giusto”. Di solito accade che ogni cosa viene fatta male. Per cui è molto facile capire da quale “spirito” una persona si lascia guidare: basta vedere le sue opere, le sue azioni. La vita spirituale è dunque qualcosa di molto concreto. Sapete quando si usano espressioni del tipo: “quella è una persona molto materiale, mentre quell’altra è molto spirituale”... Di solito per “materiale” si intende uno molto concreto, e per “spirituale” uno che se ne sta lì tutto il giorno a guardare per aria o che cammina a due spanne da terra. In realtà non è così: non esiste una persona che sia solo spirituale o solo materiale. Lo spirito è ciò che guida le nostre azioni materiali, per cui il problema è uno solo: qual è lo spirito che guida le nostre azioni? Di che spirito siamo? Se è lo spirito del potere, del possesso, del guadagno, del narcisismo, dell’egoismo, le nostre azioni semineranno sempre odio, divisione, dominio, generatrici di infelicità: azioni che tolgono agli altri il respiro, anziché donarlo. Se è lo Spirito santo, invece, viviamo da risorti e facciamo risorgere gli altri perché le nostre azioni daranno agli altri la stessa vita di Dio, come dimostra la pagina degli Atti degli Apostoli: dopo aver ricevuto lo Spirito, tutti parlavano un unico linguaggio comprensibile a tutti, il linguaggio dell’amore. Che poi è quello che dice Gesù nei versetti del vangelo che abbiamo ascoltato oggi. Gesù parla dello Spirito della verità che rimane con noi per sempre, e la verità a cui si riferisce è l’amore che si fa servizio. “Che il mondo non può ricevere perché non lo vede e non lo conosce”. Certo, perché il mondo è riferito a coloro che vivono nella logica del possesso, del dominio, dell’egoismo. E questo Spirito, dice Gesù, “sarà in voi”, “voi in me e io in voi”, “e voi vivrete”. Vuol dire che Dio è questo spirito d’amore che chiede di essere respirato, accolto, per fondersi con gli uomini, ed essere poi espirato nelle opere materiali di ogni giorno che devono irradiare l’amore di Dio. Ma come si fa a respirare lo Spirito di Dio? Come respiriamo lo spirito del mondo attraverso ciò che leggiamo, che ascoltiamo, che vediamo, che studiamo, a seconda cioè dei valori o non valori che si formano in noi in base a come alimentiamo la nostra mente e il nostro cuore, allo stesso modo respiriamo lo Spirito del Signore ascoltando e comprendendo la Parola di Gesù, educandoci così al “pensiero di Cristo”. La vera preghiera cristiana non è una sterile ripetizione di formule imparate a memoria, ma è il momento supremo in cui meditare questa Parola perché il nostro spirito, cioè la nostra libertà, si decida a lasciarsi guidare da questa Parola, e non da altre parole, e allora sentiremo lo Spirito del Signore che ci darà la forza per attuarla. La Parola che avremo inspirato sarà la stessa Parola che espireremo con le nostre opere, e dalle nostre opere si capirà da quale Spirito siamo guidati.