domenica 30 giugno 2019

III DOMENICA DOPO PENTECOSTE ANNO C

 Certamente non è una scelta felice quella di leggere letture così difficili in una domenica d’estate quando, oltretutto, con questo caldo, è ancora più faticoso predicare e prestare ascolto. Però va anche detto che per molti, purtroppo, non è mai tempo di approfondire le pagine della Scrittura, anche se fossimo in inverno. Certamente una predica non è adatta per spiegare letture del genere, che pure lo
meriterebbero perché ancora oggi, per molti cristiani, Adamo ed Eva sono due personaggi storici e per molti non cristiani le letture di oggi sono favolette per bambini, mentre le cose stanno in modo ben diverso, perché i primi capitoli della Genesi sono un racconto mitico che vuole provare a spiegare chi è Dio, chi è l’uomo, perché esiste il male e qual è il progetto di Dio. Nulla a che vedere con fatti storici né tantomeno con fatti scientifici, anche perché, da che mondo è mondo, non si è mai visto, per esempio, un serpente parlante. A buon conto, teniamo presente che le domeniche dopo Pentecoste, nel rito ambrosiano, ci fanno ripercorrere da Adamo ed Eva in avanti gli eventi principali della storia della salvezza così come viene raccontata dalla Bibbia e, per interpretare questi eventi, noi cristiani dobbiamo rileggerli alla luce di ciò che Gesù ha insegnato, per cui il vangelo e la pagina di san Paolo sono scelte di volta in volta come chiavi di lettura delle pagine dell’Antico Testamento. Io penso che la chiave di lettura per comprendere il collegamento di queste letture ce la fornisca questa frase di san Paolo che dice: dove con Adamo abbondò il peccato, per mezzo di Gesù Cristo sovrabbondò la grazia. Adamo ed Eva siamo noi. Adamo ed Eva è il nostro secondo nome e il serpente è la nostra coscienza che si lascia sedurre dal male. Il peccato è credere che Dio sia nemico della nostra gioia, che Dio sia un inquisitore che vuole metterci i bastoni tra le ruote ed è lì pronto a punirci quando sgarriamo. Infatti quali sono le prime parole che Adamo dice a Dio, come abbiamo letto? “Ho avuto paura”. E invece Gesù ci fa capire perché Dio stava cercando Adamo ed Eva dopo il loro peccato. Per dire loro quello l’angelo dice a Giuseppe nel vangelo: “Non temere”! Ho già detto altre volte che, sembra incredibile, ma in tutta la Bibbia, “non temere” o “non avere paura” è una frase ripetuta 365 volte, come per dire che è una frase che dobbiamo sentirci rivolgere dal Signore ogni giorno. La paura è il contrario della fede. Perché non devo avere paura? Perché il figlio che nascerà da Maria tu lo chiamerai Gesù e salverà il suo popolo dai suoi peccati. Gesù significa “Dio-salva”: è il nome di Dio, è così che Giuseppe e ciascuno di noi deve chiamare Dio. Chiamandolo così riconosco che è proprio perché sono un peccatore che Lui mi ama, non perché sono bravo. Dove abbondò il peccato sovrabbondò la grazia. Il perdono è l’unica arma a disposizione di Dio con la quale egli può amarci salvaguardando la nostra libertà. Perché altrimenti saremmo delle marionette nelle sue mani, invece no, siamo liberi. Il desiderio di Dio, fin dalla comparsa sulla terra del primo uomo e della prima donna, la sua volontà, è che siamo felici, e per esserlo dobbiamo non avere paura di Lui, fidarci della sua Parola, e la sua Parola ci dice che anche quando gli siamo infedeli, non rimaniamo nel suo amore, egli continua a venirci incontro perdonandoci perché torniamo a Lui e così, ripieni del suo amore, riceviamo la forza di vivere compiendo il bene. E dunque, concludo. La Parola di Dio di oggi ci sta dicendo una cosa stupenda. Che il progetto di Dio su di noi è un progetto di gioia che noi siamo bravissimi a rovinare. Se il nostro secondo nome è Adamo ed Eva, il nostro terzo nome, quello più bello, che ci dona il Signore, è Giuseppe e Maria, perché il Signore ci vuole così come loro. E siamo qui a celebrare l’eucaristia anche oggi solo per questo motivo.