domenica 1 settembre 2019

I DOMENICA DOPO IL MARTIRIO DI SAN GIOVANNI BATTISTA ANNO C

 Lunedì sera riprendono gli incontri in cui, a differenza del risicato tempo di un’omelia, si ha un’ora di tempo per spiegare bene la Parola di Dio della domenica, per cui rimando a lunedì una spiegazione più dettagliata delle difficili letture di oggi, compresa questa pagina di vangelo piena di nomi di luoghi e di città che, in apparenza, sembrano di poco conto, ma così non è. Proviamo allora a fare una
breve panoramica su queste letture e sui messaggi che ci comunicano. 700 anni prima di Gesù, il profeta Isaia, lo abbiamo ascoltato prima, annuncia agli ebrei che abitavano le regioni del nord e che erano state conquistate dagli Assiri, che per loro sarebbe arrivata una luce che avrebbe restituito la salvezza, la liberazione. Sono le regioni di cui parla la pagina di vangelo, che ai tempi di Gesù costituivano la Galilea dei pagani, “delle genti”, perché dopo la conquista degli Assiri, in quelle terre c’era stato un grande mescolamento di popoli, culture e religioni, per cui i galilei erano visti male dai giudei, cioè dagli ebrei ortodossi. Allora, facendo iniziare proprio da lì l’attività di Gesù, l’evangelista Matteo vuol far capire che tutto quello che Gesù farà e dirà sarà un'apertura universale verso tutte le nazioni. E Gesù inizia la sua missione come aveva fatto il Battista, dicendo: “Convertitevi perché il Regno dei cieli è vicino”. Il Regno dei cieli, o regno di Dio, è il mondo come lo vuole Dio, dove gli uomini riconoscono che Dio è Padre, si sentono suoi figli e si amano come fratelli. Questo Regno è Gesù stesso, il Figlio che ci ama come fratelli, Gesù lo rende presente nella sua persona, però è “vicino”, perché per realizzarsi chiede la collaborazione degli uomini. E perché ciò possa avvenire occorre la “conversione”, un cambiamento radicale nel modo di pensare e di vivere, per imparare a pensare e a vivere illuminati dalla luce della Parola di Gesù. E cosa dice questa Parola? San Paolo, nel brano della lettera ai Romani, la riassume con una frase stupenda: che Dio è esclusivamente buono perché sulla croce Dio ci ha riconciliati con sé mentre gli eravamo nemici, senza restituire il male. E così siamo chiamati a fare anche noi verso gli altri. Questa è la conversione a cui siamo chiamati, conversione nel nostro modo di vedere Dio e gli altri. Allora viene il Regno di Dio, altrimenti no. Già Isaia si lamentava col popolo che aveva rigettato la Parola del Signore vessando i deboli. Un popolo duro a convertirsi, che infatti aveva rigettato anche le parole dei profeti prima di Isaia e che continuerà a farlo anche dopo, non ascoltando l’invito del Battista alla conversione e nemmeno quello di Gesù, e qui ci siamo dentro tutti. Perciò proviamo adesso a guardare a noi. Io penso che la Galilea delle genti che ha bisogno di vedere la luce e che è luogo di tenebra e di morte, separato da Dio, pieno di egoismo e disperazione, non si trova in qualche luogo della terra, non si rintraccia su qualche cartina geografica, ma è dentro di me, dentro ciascuno di noi. Sono tante le parole e le idee che informano la nostra coscienza e il nostro modo di vivere, tranne una, purtroppo, quella che releghiamo in un angolo quando veniamo in chiesa, quella di Dio, che poi abbiamo già scordato usciti da qui, e poi ci lamentiamo che la nostra vita e quella del mondo vanno male. Quando nella vita personale di ciascuno e di conseguenza nel mondo le cose vanno male è precisamente perché non convertiamo la mente a pensare e quindi a vivere secondo la logica del vangelo. A questo proposito, cade a fagiolo, purtroppo, come esempio molto concreto, il richiamo dei vescovi nel messaggio in occasione della “Giornata mondiale per la custodia del creato” che si celebra oggi. Dico purtroppo perché, così presi dalle beghe politiche legate alla formazione del nuovo governo italiano, nonché dai nostri piccoli e grandi problemi di ogni giorno, rischiamo di non vedere oltre il nostro naso e di sottovalutare che in Amazzonia e nel cuore dell’Africa stanno bruciando i polmoni del pianeta terra. Tra l’altro, proprio in Amazzonia comincerà ad ottobre il sinodo dei vescovi voluto dal Papa. Citando l’enciclica Laudato sii di Papa Francesco, in questo messaggio si legge: «siamo chiamati a diventare gli strumenti di Dio Padre, perché il nostro pianeta sia quello che Egli ha sognato nel crearlo e risponda al suo progetto di pace bellezza e pienezza», dunque chiamati a convertirci, facendoci custodi della terra e della biodiversità che la abita, opponendoci con forza a tutte quelle politiche economiche che mettono al primo posto il guadagno, e non il bene del pianeta sul quale viviamo. Parole al vento, verrebbe da dire. Ma questo accade perché si pensa sempre che Dio stia parlando agli altri, e non a ciascuno di noi. Vedete, la conversione, il cambiare modo di pensare e di vivere alla luce del vangelo, deve riguardare la mia vita quotidiana, quella di ciascuno di noi. E come si fa perché essa trovi breccia nella Galilea dei pensieri e delle ideologie che affollano la nostra mente? C’è una parolina magica usata da Isaia, la parola: calma. Scrive Isaia: non solo nella conversione, ma “nella calma sta la vostra salvezza”. Calma vuol dire, tra le altre cose, trovare momenti di silenzio nella giornata in cui fermarsi fisicamente e fermare i pensieri della mente perché risuoni in noi la Parola di Dio, facendoci interpellare da essa, per poterci ad essa convertire. Altrimenti, essere qui anche oggi a celebrare l’eucaristia serve a nulla.