domenica 10 novembre 2019

CRISTO RE DELL’UNIVERSO

Nella seconda parte del Credo, quando professiamo la nostra fede in Gesù, alla fine diciamo che Gesù “verrà nella gloria per giudicare i vivi e i morti e il suo regno non avrà fine”. Cosa significa questa verità di fede? Proviamo a capirlo partendo dal significato della festa di oggi, “Cristo Re dell’universo”. Se Gesù è un re vuol dire che ha un potere, che ha un regno, un regno che non avrà
fine, dove è lui a comandare, e questo regno comprende tutto l’universo. Il profeta Daniele, nella lettura di oggi, parla di un personaggio che chiama “figlio di uomo” a cui Dio darà un potere, un dominio, un regno e una gloria eterni, e ogni popolo lo servirà. Ai tempi di Gesù si pensava che quest’uomo sarebbe stato il Messia. Gesù molte volte, parlando di se stesso, dichiara di essere questo “Figlio dell’uomo”, ma ne cambia il significato: il Figlio dell’Uomo è un re, perché riceve il potere di Dio, ma questo potere non è quello di farsi servire da tutti i popoli della terra, ma è quello di realizzare la volontà di Dio: inaugurare un Regno che abbracci tutti i popoli della terra infondendo in tutti gli uomini il potere dell’amore di Dio. Dunque, il Figlio dell’Uomo è l’uomo che ha realizzato nella sua vita il progetto di Dio. Gesù lo ha realizzato in pienezza, ma ha dato anche a noi il potere di farlo, il che vuol dire che ogni uomo, se si lascia guidare dallo Spirito di Gesù e cerca di vivere nell’amore, come Gesù, diventa come Dio. “Quando il Figlio dell’uomo verrà nella sua gloria e siederà sul trono”, dice Gesù nella parabola del vangelo di oggi. Il trono è il segno del potere. Ebbene, il trono di Gesù sarà la croce, e dalla croce Gesù manifesta il suo giudizio, il suo potere e la sua gloria. Il giudizio è che giudica tutti come suoi fratelli, il potere è di perdonare tutti, la gloria è farci diventare come lui, se accogliamo il suo amore. E se accogliamo il suo amore, allora Cristo ritorna e finisce non il mondo, ma il vecchio mondo: la fine del mondo è quando finisce il mondo di male e comincia finalmente il Regno di Dio perché qualcuno impara a vedere il Figlio dell’Uomo in ogni persona, in ogni creatura, quando diventiamo umani, quando l’umano vince sul disumano, quando facciamo esplodere nelle nostre vite l’amore del Signore. A tutti quelli che si sono occupati delle necessità degli uomini, che sono stati umani con tutti i più bisognosi, attraverso azioni molto concrete, Gesù dice: “Venite, benedetti dal Padre mio, ricevete in eredità il Regno preparato per voi fin dalla fondazione del mondo”. Al Regno di Dio appartengono tutti costoro. Prima di essere il Paradiso, il Regno di Dio è questa nuova società dove gli uomini vivono prendendosi cura dei bisogni gli uni degli altri. Chi vive così, cercando di costruire il paradiso su questa terra, quando il suo corpo muore, non cessa di vivere, ma entra pienamente in comunione con Dio. Vuol dire che il Paradiso non è un premio per i buoni, ma è la conseguenza di una vita vissuta nell’amore: Dio l’ha preparato per tutti, da sempre, anche per quelli che non hanno conosciuto Gesù, ma che però hanno amato come Gesù, perché uno può anche dire di amare Dio, fare novene e biascicare coroncine della divina misericordia, ma se poi non vive l’amore verso i fratelli è tutto inutile. Vi faccio notare che Gesù non dice: tutto quello che avete fatto a uno solo di questi miei fratelli più piccoli, l’avete fatto PER ME, ma A ME. Sapete quando qualcuno dice: lo faccio per Gesù, perché me lo comanda Dio, per carità cristiana, perché se fosse per te non ti perdonerei, oppure, che ne so, ti lascerei marcire in carcere o ti farei tornare al tuo paese a calci nel sedere, e chi più ne ha più ne metta. No, Gesù dice: chi ama l’uomo, ama Dio, quando ami uno, ami me, non devi farlo per me, ma con me e come me, devi amare l’altro perché la sua sofferenza tocca il tuo cuore come tocca il mio, perché riconosci che Dio è Padre, che tu sei suo figlio e che quello è un tuo fratello. Dunque, il giudizio di Dio non è qualcosa che deve farci paura: Dio ci giudica tutti come suoi figli. Il problema è come noi giudichiamo Dio, noi stessi e gli altri. Se non amiamo gli altri come fratelli siamo, dice Gesù, “maledetti”, ma non dice “maledetti dal Padre mio”, perché Dio non maledice nessuno, ma solo “maledetti”, perché vi maledicete da soli, perché dite male di Dio e degli altri, siete centrati solo su voi stessi, sulle vostre necessità, siete stati disumani, non figli dell’uomo, e quindi vi autodistruggete, perché il vero uomo, il figlio dell’uomo, è quello che ama, che giudica gli altri come fratelli. Com’è tremendamente attuale questa cosa. Lo è sempre stato nella storia degli uomini, ma colpisce che oggi, nel ventunesimo secolo, e solo in questi ultimi giorni, si apprendano notizie del tipo: a Verona il capo ultrà di Forza Nuova che definisce goliardate gli insulti razzisti a Balotelli e che dice “tu sei nero e quindi non sarai mai completamente italiano”; persone che di fronte agli stranieri dicono “tornate a casa vostra perché prima ci siamo noi”; a Latina studentesse di 14 anni che imbrattano i muri del proprio liceo con svastiche, bestemmie e insulti alla preside; a Lucca ragazzi che sfilano vestiti da nazisti e disegnano svastiche sui muri; a Nettuno sindaci che rendono omaggio ai caduti della Repubblica sociale italiana; a Milano un padre che durante una partita di calcio tra ragazzini insulta ripetutamente un ragazzo di 17 anni senegalese, poi, a fine partita, scende in campo e lo colpisce con un pugno in pieno volto; in un paese della Brianza una madre che insulta un bambino di colore sempre di una squadra di calcio. Non sono più casi isolati. Non sono estremisti o vecchi nostalgici. Sono giovani, sono ragazzi, sono genitori, sono rappresentanti delle istituzioni. E, bestemmia tra le bestemmie, magari alcuni di loro sono persone battezzate e cresimate, che vanno in chiesa o si definiscono cristiani e cattolici. La fine di questo vecchio mondo comincia davvero quando Cristo viene attraverso la testimonianza che almeno tutti noi che siamo qui in chiesa siamo capaci di indignarci e di reagire proponendo un nuovo modello di uomo, a immagine di Gesù. Gli educatori dei nostri oratori possono aiutare i genitori nel formare i figli secondo questo modello di uomo, se però i genitori, dopo la Cresima, continuassero a mandare i figli in chiesa e in oratorio, anziché permettergli di andare da altre parti, e ci venissero anche loro. E infine non è un caso che proprio in questa festa di Cristo Re si celebri la giornata diocesana della Caritas. La Caritas è la punta di diamante di una parrocchia o di una comunità cristiana. E il bene che fa la nostra Caritas verso i tanti bisogni presenti nel nostro territorio e di cui parla Gesù nel vangelo di oggi è immenso, e com’è importante il contributo di tutti per sostenere almeno ogni seconda domenica del mese, come oggi, il Fondo Famiglie Solidali. Peccato che i volontari della Caritas siano pochi e non siano giovani, anche perché chi lavora e ha tanti impegni familiari avrebbe difficoltà a formarsi, prepararsi e dare il tempo che occorre per svolgere questo servizio. Se ci fossero più volontari, il centro di ascolto Caritas potrebbe restare aperto ogni giorno e anche i poveri che vediamo in giro sapremmo dove indirizzarli. Perciò sarebbe se, per esempio, un buon numero di pensionati che magari non fanno neanche i nonni, e che la loro messa domenicale non la perdono, provassero a pensare che un po’ del loro tempo potrebbero dedicarlo a questo servizio, anziché dedicarlo tutto a giocare a carte in oratorio o in un bar: sarebbero un esempio di come ogni situazione, anche quella dell’età della pensione, sia un’occasione, come scrive il nostro Arcivescovo nella lettera pastorale, per costruire il Regno di Dio, anziché star lì soltanto a lamentarsi di come va male il mondo nell’attesa che Cristo ritorni a sistemare le cose, dimenticando, come abbiamo detto, che Cristo viene e verrà se diventiamo suoi collaboratori.