domenica 15 dicembre 2019

QUINTA DOMENICA DI AVVENTO

Sono davvero stupende e importantissime le cose che sia il brano di vangelo sia il brano della lettera ai Galati di san Paolo vogliono comunicarci, se non fosse che vengono espresse con un linguaggio abbastanza complicato. Il titolo dato alla liturgia di questa quinta domenica di Avvento è “Il Precursore”, e il riferimento immediato è Giovanni Battista di cui si dice: era un uomo mandato da
Dio che doveva rendere testimonianza alla luce, ma non era lui la luce. Poi però il discorso prosegue parlando della Legge: la Legge fu data per mezzo di Mosè, mentre la grazia e la verità vennero per mezzo di Gesù. E anche san Paolo parla della Legge dicendo che fino a Gesù noi eravamo schiavi della Legge, che la Legge è anche come un pedagogo che conduce a Gesù, ma alla fine è la fede in Gesù a giustificarci e a salvarci, non la Legge. Questo vuol dire che “il precursore” di Gesù è la Legge, e Giovanni Battista è colui che incarna questa Legge. Ecco, proviamo allora ad addentrarci in questo linguaggio che ci appare complicato e lontano dalla nostra vita, ma che invece, se compreso, rivela cose stupende, come dicevo prima. Quando si parla della Legge, il riferimento è ai dieci comandamenti e a tutte le norme e le prescrizioni rituali e morali a cui gli ebrei dovevano attenersi. L’idea di fondo era questa: Dio è sopra, noi siamo sotto, Dio è un sovrano, noi siamo i suoi sudditi. Però Dio è un sovrano buono che ci ama, che vuole essere nostro alleato, e fa un patto, un’alleanza con noi (non dimenticate che il termine “testamento”, quando diciamo l’Antico Testamento e il Nuovo Testamento, significa “alleanza”). Bene, l’antica alleanza è questa: se tu rispetti la Legge, cioè tutti i comandamenti e i precetti che Dio ha dato, Dio è tuo alleato, e tutto ti andrà bene e sarai salvo, altrimenti vieni punito. Quindi il peccato è qualcosa che interrompe la comunione con Dio. Che purtroppo è un modo di pensare che si è infiltrato anche nel cristianesimo. Molti cristiani sono cresciuti educati in questo modo, purtroppo. Con Gesù, invece, le cose sono cambiate, perché Gesù ha detto altre cose. San Paolo, che era un fariseo, quindi uno stretto osservante della Legge, è tra i primi a capirle, e quando le capisce, il suo modo di pensare e di vivere cambia completamente. E infatti dice: prima che venisse Cristo noi eravamo schiavi della Legge, perché la Legge ci indica qual è il bene, quindi di per sé è qualcosa di positivo, ma ci rende schiavi, non ci dà la forza di fare il bene, anzi, ci dà l’incentivo a fare il male, a fare il contrario, non c’è cosa più seducente che fare il contrario di quello che si dovrebbe fare, lo sappiamo bene, ma così facendo la Legge ci punisce, ci ingabbia facendoci vedere che abbiamo fatto il male, per cui nascono mille sensi di colpa, e non ci salva, ci lascia dannati. Ci fa anche da pedagogo, cioè da tutore. Il pedagogo è colui che porta il bambino discolo dal maestro per essere punito. Allora, la Legge ci indica si il bene, però ci rende schiavi e minorenni. Invece, ecco la scoperta di Paolo, la fede in Gesù ci rende adulti e liberi. Liberi si diventa con la fede in Gesù, perché Gesù ci ha mostrato la verità, e la verità è che Dio ci ama infinitamente: la grazia e la verità vennero per mezzo di Gesù, scrive san Giovanni. Grazia e verità vuol dire l’amore fedele di Dio che continua sempre, qualunque sia la nostra risposta. Capire questo ci rende liberi, ci libera dall’angoscia dei sensi di colpa, non ci fa sentire inadeguati quando ci accorgiamo di non essere perfetti, quando non riusciamo ad essere come siamo, liberi dalla paura di essere puniti da Dio; e ci rende adulti, perché non cercheremo più di fare il bene per paura di essere puniti. Dio non è più quello al quale devo obbedire, ma è colui che ascolto perché mi ama e perché lo amo, perché sono suo figlio, e allora ecco che l’unico sforzo che devo fare è lasciarmi amare da Dio, sentire l’immenso amore di Dio, e sarà questo amore a darmi poi la forza di rispondere all’amore con l’amore, di essere fedele alla Legge: siccome dall’amore può nascere solo amore, ecco che tutto quello che farò sarà solo bene. Lo capì bene sant’Agostino quando scrisse la celebre frase: “ama, e poi fai quello che vuoi”. Col Battesimo, aggiunge san Paolo, noi siamo ormai rivestiti di Cristo, del suo amore. Questo è il nuovo testamento che Gesù ha inaugurato con noi, la nuova alleanza, alleanza che è eterna, perché niente può separarci dall’amore di Dio, neanche il nostro peccato, perché il peccato lo si fa non perché si è cattivi, ma perché si è tristi: è la tristezza del non sentirsi amati che ci rende cattivi. Per questo Dio risponde al peccato col perdono, per riempirci dell’amore che ci manca che è la causa del peccato. Capire questa cosa così bella che le letture di oggi ci comunicano, cambia radicalmente il nostro modo di vivere anzitutto il rapporto con Dio e anche il modo di accostarsi al sacramento della Riconciliazione. Non capire questo fa si che questo sacramento, soprattutto nei prossimi giorni, sia vissuto malamente dal 90% di quelli che andranno a confessarsi e che lo faranno per senso di dovere, per non sentirsi in colpa se non ci vanno almeno una volta all’anno, e che dunque continuano a restare schiavi e minorenni, non liberi e adulti, mentre la Riconciliazione è proprio il momento in cui si va a sentirsi ripetere che Dio ci ama sempre e comunque, altro che momento di inquisizione. Non solo: la frase finale della lettera ai Galati dice che non c’è Giudeo né Greco, né schiavo né libero, né maschio né femmina, perché tutti siamo uno in Cristo Gesù. Un’affermazione incredibilmente attuale. Le differenze tra gli uomini ci sono, differenze di sesso, di razza, di cultura, di provenienza, di religione. Se non ci fossero le differenze non esisterebbe il mondo, la vita stessa nasce dall’unione di due diversi, un maschio e una femmina. Ma le differenze possiamo viverle come motivo di litigio, cercando di distruggerci, erigendo muri, volendo sopprimere l’altro, oppure accogliendoci a vicenda. Dio, facendosi uomo in Cristo, si è fatto nostro fratello, lui, il più diverso di tutti, e ci ha mostrato che tutti siamo figli di un unico Padre, per cui siamo chiamati a vivere da fratelli, ed è il suo amore a rendere possibile tutto questo. Questa cosa è splendida e rivoluzionaria perché fa capire cos’è davvero il peccato che noi riduciamo a qualche preghiera detta male o a qualche parolaccia, mentre il peccato è solo uno: è il male che io faccio agli altri quando non li considero e non li tratto come fratelli, male che si può tradurre in molte forme, anche quella del bene che potrei fare e che non faccio. Spero che quest’ultima considerazione possa aiutare quelli che quando si confessano dicono sempre che non sanno cosa dire.