domenica 29 dicembre 2019

DOMENICA NELL’OTTAVA DI NATALE

Questa domenica si chiama “nell’ottava di Natale” perché è inserita negli otto giorni che costituiscono l’ottava di Natale, che è iniziata il giorno di Natale e termina otto giorni dopo, l’1 gennaio. Otto giorni nei quali possiamo continuare a farci gli auguri di Natale, perché è come se fosse un unico giorno, come accade anche nell’ottava di Pasqua. Perché questo, perché otto giorni? Otto
giorni perché l’otto è il numero della risurrezione, della domenica, che è l’ottavo giorno della settimana, quello che di fatto non c’è, perché la settimana è fatta di sette giorni, e l’ottavo è quello che è fuori dal tempo e dallo spazio, è il simbolo dell’eternità. Quando celebriamo l’eucaristia domenicale l’eternità di Dio ci raggiunge. Infatti, nel pane e nel vino consacrati, il Signore Gesù, nato, morto, risorto e asceso al cielo si rende presente per fondersi con noi. È così ogni volta che celebriamo un sacramento. I sacramenti sono dei segni materiali, come il pane e il vino, nei quali il Signore si manifesta per continuare a raggiungerci. Questa cosa ci aiuta a capire ancora di più il significato del Natale. Il Natale non è il ricordo di un fatto storico del passato e non è nemmeno la festa del compleanno di Gesù. Gesù è già nato, è già morto ed è già risorto, non è che ogni anno rinasce, muore e risorge. Ma nei sacramenti Gesù, risorto e vivo, continua a incarnarsi per poterci raggiungere, e per questo nella liturgia eucaristica di questa ottava la Chiesa ogni giorno ripete: “oggi” è nato per noi il Salvatore. Il Natale si realizza nell’eucaristia e ne comprendiamo il significato proprio celebrando l’eucaristia. Gesù non è venuto a portare gli uomini a Dio, perché altrimenti ci sarebbe sempre qualcuno che resta indietro e non ce la fa. Gesù è venuto a portare Dio agli uomini, facendosi uomo lui stesso, e continuando a farsi carne nell’eucaristia, affinchè noi possiamo nutrirci di lui per assimilare la sua persona. Dio non è lontano, ma talmente vicino da essere dentro di noi col suo Spirito. Fin dal giorno del nostro Battesimo, il primo dei sacramenti, nel quale, col segno dell’acqua, Dio ci mostra qual è il suo progetto su ciascuno di noi, quello di immergerci nel suo amore, di considerarci suoi figli, come Gesù: per questo si è fatto uomo, ma suoi figli noi lo diventiamo se, con la forza degli altri sacramenti, continuiamo a lasciarci nutrire dal suo amore. E questo, è anche il senso di tutto il prologo del vangelo di Giovanni che abbiamo riascoltato come vangelo questa domenica. A partire dalla frase: a quanti lo hanno accolto ha dato il potere di diventare figli di Dio, da lui generati. Con buona pace di chi ragiona dicendo: Gesù era figlio di Dio, io sono solo un pover uomo, fragile, mortale, e dunque come posso anch’io diventare figlio di Dio come Gesù, come posso vivere come lui, avere i suoi sentimenti, comportarmi come lui? Sono ragionamenti eretici, perché mostrano di non cogliere il significato del Natale e dell’eucaristia. Quello che Gesù è per natura, noi possiamo diventarlo per grazia, perché è Gesù stesso a darcene la forza attraverso l’eucaristia. Certo. Gesù ha una natura divina, è vero Dio, noi no. Di lui si dice: il Verbo era Dio, in lui era la vita. Ma questo Dio si è fatto veramente uomo, non per finta: il Verbo si fece carne. E perché si rende carne? Perché tutti noi, che siamo carne, possiamo diventare divini come Lui, e questo ci è possibile per grazia, proprio perché Dio, diventando uomo, ce ne ha dato l’esempio, e perché, nutrendoci di lui nell’eucaristia, possiamo averne la forza. L’eucaristia è proprio la condizione necessaria per poter compiere questo cammino nel quale il Signore ci raggiunge, vuole prendere corpo in noi, per essere accolto. L’eucaristia ci è necessaria per lo stesso motivo per cui, una volta nati, per poter vivere e crescere, abbiamo bisogno di nutrire il nostro corpo, altrimenti si muore. Allo stesso modo, se il Battesimo è il segno del fatto che Dio ci considera suoi figli, come Gesù, occorre poi diventare suoi figli, e figli si diventa grazie alla forza del cibo dell’eucaristia. Sono ancora in troppi a non capire questa cosa. Mi riferisco sia a considera l’eucaristia un rito facoltativo a cui partecipare per tradizione una volta all’anno a Natale e a Pasqua, e infatti già oggi a Messa non è venuto, ma anche a chi ci viene sempre, non solo la domenica, ma anche tutti i giorni, vivendolo come un dovere da assolvere. Va poi detta un’ultima cosa. L’eucaristia è la fonte e il culmine della vita cristiana. Fonte perché ce ne dà la forza, culmine perché rappresenta il massimo della comunione col Signore che possiamo sperimentare in questa vita. Ma come tra la A e la Z c’è in mezzo tutto l’alfabeto, allo stesso modo, tra la fonte e il culmine c’è in mezzo tutta la vita. Perché questa comunione reale col Signore che vuole renderci come lui, o diventa la forza che usiamo, uscendo da Messa, per vivere realmente come figli di Dio, e cioè imparando a vivere davvero come Gesù amando gli altri come fratelli, o altrimenti è solo una comunione fittizia. Davvero oggi per noi, per me, è nato il Salvatore? Sarà la mia vita quotidiana a verificarlo. Intanto, però, noi siamo qui per prenderne coscienza e chiedere al Signore la forza che lui ci dona.