mercoledì 1 gennaio 2020

OTTAVA DEL NATALE CIRCONCISIONE PRIMO GIORNO 2020

Quando furono compiuti gli otto giorni prescritti per la circoncisione, gli fu messo nome Gesù. La liturgia ambrosiana segue alla lettera le indicazioni temporali descritte dal vangelo e otto giorni dopo la nascita di Gesù festeggia oggi il momento della sua circoncisione. Il grande errore è pensare che noi siamo qui a ricordare fatti del passato. Non è così. Quando celebriamo la Messa, Gesù, crocifisso,
vivo e risorto, continua a rendersi presente nel pane e nel vino, perché è in questo gesto che si riassumono, si realizzano, si compiono, si capiscono, trovano senso tutte le cose che Gesù ha detto, ha fatto, e tutti gli eventi della vita di Gesù che celebriamo nelle feste dell’anno liturgico. Non solo l’eucaristia ci fa capire il significato di tutti questi fatti, ma soprattutto ce li fa rivivere oggi, li rende presenti ed efficaci, cioè capaci di penetrare in noi, appunto perché Gesù è vivo, è qui, è presente. Allora, il significato della nascita di Gesù si capisce con la Pasqua. Perché? Perché la nascita di Gesù rivela che Dio assume la nostra carne mortale, che Dio non è lontano, ma vuole fondersi con noi che siamo fatti di carne, per farci diventare come Lui, e noi diventiamo come Dio se viviamo come Gesù la nostra umanità, se viviamo come Gesù il comandamento dell’amore riassunto nel gesto dell’eucaristia e realizzato sulla croce. Nell’eucaristia Gesù si rende presente per nutrirci della sua carne che ci dia la forza di vivere così, di realizzare in noi la promessa del Natale, farci diventare come Lui. Guardiamo invece più da vicino il significato della circoncisione di Gesù bambino di cui oggi si fa la memoria liturgica. La circoncisione era ed è ancora un rito in uso presso gli ebrei e i musulmani. Per gli ebrei è il segno visibile nella carne maschile dell’alleanza tra Dio e il suo popolo, un’alleanza basata sull’osservanza della Legge: Dio è fedele se il suo popolo osserverà la sua Legge, i suoi comandamenti. Gesù viene fatto circoncidere dai suoi genitori che erano stretti osservanti della legge giudaica, però non ordinò mai di proseguire con questa tradizione. Non la buttò via, ma ne cambiò a tal punto il significato da renderla inutile. Infatti, nell’ultima cena, inaugurò un’alleanza nuova ed eterna tra Dio e l’uomo, non più fondata sull’osservanza della Legge e su un rito esteriore come la circoncisione, ma fondata sull’amore che Dio continua a donare ad ogni uomo, chiedendo solo di essere accolto e di assomigliargli praticando un amore simile al suo nei confronti degli altri. Tanto è vero che noi cristiani non siamo circoncisi, ma battezzati nello Spirito santo, cioè immersi nell’amore di Dio. Quindi vedete come, nell’eucaristia, anche la circoncisione di Gesù trova il suo vero significato e in che modo si attualizza. Cosa ci insegna, però, questo modo di operare di Gesù? Prima di tutto, il fatto che Gesù sia stato circonciso insegna che Dio non è un’entità astratta, ma si manifesta dentro le tradizioni di un popolo, con la sua cultura e religione. Questo dovrebbero capire gli oltranzisti cattolici scandalizzati quando i rappresentanti dei popoli dell’Amazzonia, in occasione del recente Sinodo appena concluso, si erano presentati davanti al Papa con le loro tradizioni religiose. Dio ha creato un mondo a colori e a tutti si manifesta, per cui ogni popolo ha il diritto di rappresentare Gesù coi colori della propria pelle, ma ha anche il dovere non dimenticare che era un ebreo. Essere cattolici vuol dire essere rispettosi verso tutte le diversità, non fare diventare tutti uguali a me: tutti siamo chiamati a diventare uguali a Dio, è ben diverso. E uguali a Dio si diventa se nella nostra carne viviamo seguendo l’unica tradizione che Gesù ci ha lasciato, una tradizione eterna, quella che si manifesta nell’eucaristia e che dall’eucaristia prende origine: amarci tra noi come lui ha amato noi. Una tradizione stupenda, però difficile e pericolosa. Ci si sente più al sicuro arroccandosi alle proprie tradizioni. Il Papa ripete spesso che nella Chiesa si deve smetterla di andare avanti a ragionare dicendo: si è sempre fatto così! Pericolosa, perché Gesù andò contro tutte le tradizioni del suo popolo che non manifestavano l’amore di Dio, e per questo venne ammazzato. Ecco, ora, alla luce di tutte queste cose che ho cercato di spiegare, vorrei concludere provando brevemente a trarre qualche conclusione utile e controcorrente che possa aiutarci a dare una consistenza più cristiana al senso degli auguri che ci scambiamo in questo primo giorno del nuovo anno civile. La parola “auguri” esprime in sostanza i nostri umanissimi desideri che la vita sia per ciascuno leggera, o almeno, il meno pesante possibile. Si indagano ancor oggi le stelle e gli oroscopi nella speranza di qualche previsione favorevole e ci si affida a Dio sostanzialmente perché ce la mandi buona. Non c’è da scandalizzarsi di questo, perché siamo umani e ci aggrappiamo da tutte le parti. Però, alla luce di quanto ho cercato di spiegare, vedete come la rivelazione cristiana non contempli nulla di tutto questo e ci faccia cambiare prospettiva? Dio ce l’ha già mandata buona: con Gesù che ha assunto la nostra carne fragile e mortale, che ha amato, sofferto, che è morto e risorto, ci ha fatto vedere di non essere il mago che fa andare bene o male le cose, ma di essere colui che assume ogni situazione della nostra vita, bella o brutta che sia, anche la morte, come occasione, direbbe il nostro arcivescovo, nella quale egli si rende presente, non ci abbandona, e ci dona la forza, con l’eucaristia, di affrontarla con lo stesso spirito di Gesù. Di più. Il nuovo anno sarà bello o brutto non in base a quello che accadrà. Siamo tanti miliardi di uomini sulla terra. Per quanti auguri potremo farci, ci saranno come sempre cose splendide unite a molte disgrazie: è così che va il mondo, da sempre. Ma se io, con la forza del Signore, cerco di assomigliargli nell’amore, di vivere questa nuova ed eterna alleanza inaugurata da Gesù, e quindi imparo nel mio piccolo a diventare come Gesù pane che si spezza per ogni uomo, circonciso o non circonciso, che incontro sul mio cammino, capace di servire, di accogliere, di perdonare, sarò proprio io a rendere più bello e buono l’anno delle persone che incontro, diventando io, per loro, il segno della presenza di Dio. Perché Dio agisce appunto non in modo astratto, ma attraverso ciascuno di noi. MONIZIONE FINALE E dunque, vorrei che gli auguri di buon anno che ci scambiamo, abbiano questo significato: io voglio impegnarmi ad essere per te un augurio di bene col mio modo di vivere, fare in modo che tu, dopo avermi incontrato, possa essere un po’ più contento di prima.