domenica 26 gennaio 2020

FESTA DELLA SANTA FAMIGLIA

Siccome non ci sono racconti evangelici nei quali si parla in modo esplicito del tema della famiglia, quello che abbiamo ascoltato oggi è stato scelto dalla liturgia solo perchè racconta un episodio nel quale compaiono insieme Gesù con Giuseppe e Maria, ma l’evangelista non lo ha scritto per parlare della famiglia di Gesù. Matteo e Luca sono gli unici evangelisti a raccontare, ognuno in un modo
diverso, alcuni pochissimi episodi riferiti alla nascita e ai primi anni della vita di Gesù, ma non sono cronache storiche, ma racconti per trasmettere verità teologiche. Del resto, se così non fosse, dal racconto di oggi verrebbe fuori il ritratto più che di una santa famiglia, di una famiglia sconclusionata: un figlio che rimane a Gerusalemme senza avvertire i genitori, i genitori che si accorgono dell’assenza del figlio solo dopo una giornata e il figlio che addirittura rimprovera i genitori, simile, purtroppo, a tanti ragazzi che nelle famiglie di oggi mancano di rispetto ai genitori i quali, a loro volta, glielo permettono, dimenticando però che alla fine si dice che Gesù tornò a Nazareth e stava loro sottomesso. Allora, cerchiamo brevemente di capire perché Luca riporta all’inizio del suo vangelo (siamo solo al capitolo 2) un racconto come questo. Lo fa per anticipare tutto quello che seguirà dopo. Inizia con Gesù dodicenne che da Nazareth va al tempio di Gerusalemme come ogni anno per la festa di Pasqua, ci rimane per tre giorni e poi torna con la sua famiglia a Nazareth, dove vivrà per trent’anni, prima di cominciare la sua missione. In realtà la traduzione esatta non è che Gesù “rimase” a Gerusalemme, ma che Gesù “resistette” a Gerusalemme. Vedete, il Vangelo di Luca è costruito proprio descrivendo il viaggio che Gesù, quando inizierà la sua missione, farà verso Gerusalemme, e a Gerusalemme dovrà resistere contro tutti i suoi oppositori che non accoglieranno la sua parola. Lo scopo della missione di Gesù è quello di occuparsi delle cose del Padre, di fare la volontà del Padre, cioè di rivelare agli uomini la salvezza, l’amore di Dio che si manifesta attraverso l’amore che gli uomini devono vivere tra di loro reciprocamente. Un messaggio che incontrerà continue resistenze, che vengono anticipate in questo racconto dalla figura dei suoi genitori, di cui non vengono nemmeno fatti i nomi, perchè quando nel Vangelo i personaggi non vengono chiamati per nome vuol dire che sono personaggi rappresentativi: in questo caso i genitori di Gesù rappresentano tutte le resistenze da parte del popolo di Israele che non riesce ad accettare il volto d’amore che Gesù viene a presentare. Però si conclude con Maria che, pur non comprendendo, custodiva, cioè meditava, rifletteva su queste cose, tanto che pian piano, nel corso degli anni, Maria, da madre di Gesù, imparerà a diventare sua discepola. Questa è la sua grandezza. E questo è il cammino che Luca, scrivendo il suo vangelo, invita ciascuno di noi a compiere. Non solo. Gesù a Gerusalemme resisterà tre giorni nel sepolcro, fino a vincere la morte. Per tre giorni le donne e i suoi discepoli lo penseranno assente e lo cercheranno con angoscia e travagliati, come i genitori di Gesù che tornano a Gerusalemme, fino a quando egli apparirà risorto. Vedete dunque, come dicevo all’inizio, come questo racconto non è scritto per parlare della Santa famiglia di Nazareth, ma per anticipare i contenuti di tutto il vangelo. Però qualche utile indicazione che possa toccare da vicino la vita delle nostre famiglie viene proprio dalla cornice di questo racconto che, come dicevo, inizia col viaggio da Nazareth a Gerusalemme e termina col viaggio da Gerusalemme a Nazaret. A Nazareth Gesù resterà per altri vent’anni, prima di cominciare la sua missione. Nessun vangelo racconta cosa accadde in questi anni. Si dice solo, lo abbiamo letto, che Gesù cresceva in età sapienza e grazia. In età si cresce per forza, in sapienza non è detto. Non c’erano a quei tempi la tv, internet e i giornali, ma c’erano lo stesso persone che, a differenza di Gesù, crescevano solo in età. I nuovi mezzi di comunicazione che oggi abbiamo tutti a disposizione sono straordinariamente utili. Ma se non ci si educa ad usarli, e nelle famiglie ci si abbevera di grandi fratelli, di Amici, Uomini e donne, o se la preoccupazione è quella di apparire sui social, non solo i figli, ma anche i genitori, non c’è da stupirsi se oggi si cresce non in sapienza, ma in demenza. E poi cresceva in grazia, cioè nell’amore verso il prossimo, come insegnavano le scritture dell’AT che Gesù, da buon ebreo, imparò a conoscere. Utile per tutti, come compito a casa da fare in famiglia, genitori e figli, andare a rileggersi soprattutto il breve brano del libro del Siracide che la liturgia ci ha proposto come prima lettura. Da ultimo. Gli anni di Nazaret rappresentano la vita quotidiana. A Nazaret Gesù, nella sua famiglia, è stato baciato, abbracciato, accolto, sgridato, corretto, ha cominciato a ridere, a piangere, a parlare, a giocare coi compagni, anche a bisticciare, avrà subito i conflitti che abbiamo tutti, la pesantezza della vita quotidiana, la fatica, il dolore, le gioie, le attese, le delusioni, i tradimenti, come sarà poi per tutta la sua vita. Cioè ha vissuto tutto ciò che anche noi viviamo. E questo è importantissimo, perchè ci fa capire che Dio si fa incontrare nella vita quotidiana, perchè Dio si è fatto uomo. Il Natale non deve essere servito per farci fare l’albero e il presepe che poi abbiamo rimesso negli scatoloni, ma per farci capire che Dio, facendosi uomo, si manifesta nella nostra vita quotidiana di uomini, se lo sappiamo riconoscere. Che la nostra vita quotidiana e familiare, con tutte le sue gioie e i suoi problemi, possiamo viverla crescendo in sapienza o in demenza, e questo dipende da ciascuno di noi, se impariamo o meno a lasciarci raggiungere dalla Parola del Signore capace di illuminare i nostri passi.