domenica 27 dicembre 2020

OMELIA DI NATALE (MESSA DEL GIORNO)

Ci sono 8 Natali. Il primo è quando è nato Gesù: ma il giorno, il mese, l’anno e l’ora non li conosciamo. Nei primi secoli fu scelta come data simbolica quella del 25 dicembre, per ragioni che è troppo lungo spiegare. Per altrettante diverse ragioni, le Chiese dell’oriente celebrano il Natale il 6 

gennaio. Tra l’altro, se è vero, come scrive Luca, che quando nacque Gesù i pastori pernottavano all’aperto per vegliare il gregge, è impossibile che Gesù sia nato a dicembre al freddo e al gelo, perché a dicembre, i pastori non potevano pernottare all’aperto, non erano così masochisti da starsene al freddo e al gelo. Il secondo Natale, a cui si rifanno gli orientali, è quello raccontato dal vangelo di Matteo e che noi leggiamo il giorno dell’Epifania. Matteo scrive: “Giuseppe prese con sé la sua sposa, la quale, senza che egli la conoscesse, partorì un figlio, che egli chiamò Gesù. Gesù nacque a Betlemme di Giudea, al tempo del re Erode. Alcuni Magi giunsero da oriente a Gerusalemme”. E da qui inizia il racconto dei Magi. Quindi, secondo Matteo, quando nacque Gesù arrivarono i Magi. Questo perché Matteo scrive il vangelo per gli ebrei che si erano convertiti al cristianesimo, per i quali i popoli stranieri erano esclusi dalla salvezza, e allora, per anticipare l’insegnamento di Gesù che Dio è il salvatore di tutti i popoli della terra, mette nel suo presepe i Magi, cioè degli stranieri: saranno proprio loro, a differenza degli abitanti di Gerusalemme, a riconoscere in Gesù il Salvatore del mondo. Il terzo Natale è quello di Luca, che abbiamo appena ascoltato. Siccome Luca, nel suo vangelo, parla di quelli che nel popolo d’Israele erano emarginati perché considerati peccatori, invece dei Magi mette nel presepio i pastori, perché i pastori, a quel tempo, vivevano lontani dalla società civile, non erano pagati, vivevano di furti, non avevano diritti civili, non potevano andare in sinagoga, e si pensava che per essi non vi fosse possibilità di salvezza. Anzi, si credeva che il messia, quando sarebbe arrivato, li avrebbe sicuramente eliminati. E invece? Ecco la sorpresa.  Quando Dio si presenta loro, lo abbiamo letto, non li minaccia, non li castiga, non li fulmina, ma li avvolge della sua luce, la luce del suo amore, annunciando la grande gioia che per loro era nato non un giudice, ma un salvatore che dona pace, cioè felicità, a chi? Fino a poco tempo fa lo abbiamo sempre ripetuto anche noi cantando il Gloria: agli uomini di buona volontà, come per dire: Dio ama le persone meritevoli. Invece no: il testo del vangelo, che per fortuna adesso è stato inserito nel Gloria, come abbiamo cantato stamattina, dice: “agli uomini che egli ama”, cioè a tutti: ogni uomo è amato dal Signore. Quindi, vedete, Matteo e Luca, con due racconti diversi del Natale di Gesù, non vogliono spiegarci cosa accadde quel giorno, ma vogliono anticipare tutto quello che sarà l’insegnamento di Gesù. Per capire qual è il significato del Natale, bisogno di un quarto Natale, che è quello raccontato da Giovanni nel prologo del suo vangelo che è stato proclamato questa notte. E’ Giovanni, e poi anche san Paolo, a spiegare il significato del Natale, cioè per quale motivo Dio si è fatto uomo. Non usa molte parole, non descrive niente, dice soltanto che Dio è diventato uomo restando Dio per insegnare a noi uomini a diventare Dio restando uomini. Cioè: se noi impariamo a pensare e a vivere la nostra umanità come Gesù, veniamo trasformati, diventiamo figli di Dio e risorgiamo come Gesù. Gesù è Dio per natura, e noi possiamo diventare Dio per grazia. Per grazia vuol dire che è Dio stesso, con lo Spirito santo e con la forza della sua Parola e dei sacramenti, a rendere possibile la nostra trasformazione. Eccoci allora al quinto Natale. Il quinto Natale è quando noi saremo finalmente nati come nuove creature. Questo è accaduto col Battesimo, ma il cammino di trasformazione dura tutta la vita e si realizzerà dopo la morte del nostro corpo, con la risurrezione. E’ per questo che la Chiesa fa durare il giorno di Natale, come quello di Pasqua, non un giorno, ma otto giorni: Natale è iniziato ieri sera e finisce l’1 gennaio. Perché? Perché il numero 8 è il simbolo della risurrezione, dell’eternità. L’uomo è creato il sesto giorno, muore il settimo e risorge nell’ottavo. Come per dire: i giorni della nostra vita che ci servono appunto per nascere nuove creature a immagine di Gesù sono 6, nell’attesa di vivere per sempre con lui l’ottavo giorno. Ecco perché il Natale non può finire stanotte o a santo Stefano che è solo il secondo giorno. Purtroppo esiste anche un sesto Natale. Quello che abbiamo inventato noi, dimenticando tutti gli altri cinque, fatto di Babbi Natale, di addobbi, di regali e feste familiari. Tutte cose bellissime. Siccome però quest’anno, per colpa delle restrizioni a causa della pandemia, delle sofferenze, dei disagi e dei tanti morti che ci sono stati e hanno colpito tantissime persone, tante cose non si possono fare, per chi dimentica gli altri cinque Natali, questo sarà uno dei Natali più brutti della sua vita. E quindi l’augurio che dobbiamo farci quest’oggi è quello di contemplare il settimo Natale, che è il riassunto di tutti gli altri, escluso il sesto. E se impariamo a guardare così il Natale, potremo allora vive l’ottavo Natale. Quello in cui impariamo finalmente a non chiedere al Signore di guardare giù per mettere delle pezze a questo mondo. Lui ha già guardato giù, è il Dio con noi. L’ottavo Natale è quando siamo impariamo noi a guardare su, o meglio, quando noi impariamo a guardare a Gesù e ad accogliere il suo Spirito così permettere al Padre di farci diventare suoi figli, cioè di trasformare il nostro modo di affrontare le tante pene dell’esistenza come Gesù. E proprio questa maledetta pandemia che ha rotto le regole del sesto Natale che ci siamo inventati noi, potrebbe fare diventare quello di quest’anno il primo vero e più importante Natale della nostra vita.