martedì 22 dicembre 2020

VI DOMENICA DI AVVENTO ANNO B

Dopo la modifica della traduzione del Padre nostro, mi piacerebbe che prima o poi venisse modificata anche l’Ave Maria. La prima parte dell’Ave Maria è costituita dalle parole che abbiamo appena letto nel vangelo e che l’angelo rivolge a Maria, mentre le seguenti sono quelle che le vengono rivolte da 

Elisabetta. Tutte da rifare, secondo me. Elisabetta le dirà: benedetta tu fra le donne, e benedetto il frutto del tuo grembo. Noi invece diciamo il frutto del tuo seno, che è un’espressione molto poetica che però molti non capiscono, soprattutto poi se si dice ancora, come fa qualcuno, non il frutto del tuo seno, ma del seno… pausa… tuo Gesù. Io da piccolo non capivo cosa volesse dire frutto del seno e tuo Gesù. Già dire le preghiere è un modo di dire da abbandonare, perché un conto è dire le preghiere, un conto è pregare, sono due cose diverse. Se poi si cerca di pregare dicendo preghiere incomprensibili, la frittata è fatta. Il bello è che queste parole dell’Ave Maria, soprattutto quelle che voglio commentare con voi adesso, quelle che le rivolge l’angelo e che danno il titolo a questa preghiera, pur essendo le parole del vangelo più conosciute e ripetute da tutti moltissime volte, perché tutti sanno l’Ave Maria (poi magari non si rendono conto che sono parole del vangelo) e le ripetono anche 50 volte al giorno se si dice il rosario, purtroppo si dicono senza magari comprenderne l’importanza straordinaria, sono il riassunto di tutto il vangelo. La prima parolina, proprio quella che dà il titolo alla preghiera, Ave, non solo non è corretta, ma anche questa, come seno, è di difficile comprensione. Ave è un saluto antiquato, si salutavano così gli antichi romani, chi si saluta oggi dicendo Ave? Ave vorrebbe dire “ti saluto”, ciao, buon giorno, buona sera. Ma l’angelo non sta salutando Maria augurandole buona giornata, semmai la saluta, si, ma non dicendole “ciao”, ma “rallegrati”. È questo è fantastico perché, non dimenticate che il vangelo non è scritto per parlare di fatti del passato ormai conclusi accaduti in questo caso a Maria, ma si rivolge a noi per dirci che quello che è accaduto a Maria o accade anche a noi, o altrimenti serve a niente, e quindi queste parole, non dobbiamo tanto dirle, quando preghiamo, a Maria, ma insieme a Maria ognuno di noi deve sentirle rivolte a sé. È a me che oggi il Signore continua a dire: rallegrati. Che bello sentirselo ripetere soprattutto quando siamo tristi, stanchi, angosciati, paurosi, come in questo tempo così difficile. Pensate che effetto farebbero quando si ripetono in casa del defunto se, dicendo il rosario, anziché dire per cinquanta volte Ave Maria, ripetessimo: rallegrati Maria e fa che anche noi, in un momento così triste e drammatico, abbiamo a rallegrarci anche noi con te perché sappiamo che Gesù è risorto. Penso che si direbbe il rosario con un altro spirito e vivremmo la vita con un altro spirito. In questo “rallegrati” c’è dentro tutto il vangelo, perché il vangelo è l’annuncio di una notizia gioiosa. Qual è questa notizia? Che tu sei piena di grazia e che il Signore è con te, quindi che anch’io sono pieno di grazia e il Signore è con me. Ma ci pensate che meraviglia? “Rallegrati” è un verbo all’imperativo, non è un invito o un augurio. No. Il Signore ci ordina di rallegrarci. Vuol dire che la sua volontà è questa. Quello che Dio vuole per noi è che siamo felici. Questa cosa ci aiuta a far chiarezza su un’altra frase, questa volta del Padre nostro, compresa malissimo ancora da troppe persone, quella del “sia fatta la tua volontà”, che per molti è la richiesta più difficile, perché si pensa che la volontà di Dio coincida con gli eventi tristi, luttuosi della vita che lui ci manda. Infatti è in quei momenti, cioè quando non ci sono più speranze o alternative, che sospirando, rassegnati, si dice “sia fatta la tua volontà”, perché in realtà nessuno vuol farla. Ecco l’errore. La volontà di Dio è che il suo disegno di amore, di renderci suoi figli come Gesù, di insegnarci la via della gioia, di darci la forza per percorrerla così da avere dentro di noi una vita che non muore mai, si compia, si realizzi, se anche noi, come Maria, accogliamo il dono del suo Spirito capace di generare dentro di noi la vita stessa di Dio, diventando anche noi madre del Signore, perché Gesù dirà: chi fa la mia parola è per me fratello, sorella, cioè diventa come me, e madre, perché mi genera. Ma come si fa ad essere sempre lieti, diciamo noi, giustamente, in mezzo ai mille affanni, problemi, ansie, preoccupazioni e tragedie della vita? Come si fa a stare sempre lieti? Risposta: perché sei piena di grazia, perché tu sei la gioia di Dio, perché a Dio tu piaci così tanto da essere pronto a morire per te, a darti la sua vita immortale che supera anche la morte del tuo corpo e vuol farti diventare come lui, perché il Signore è con te. Ecco insieme il mistero del Natale e della Pasqua. Del Natale, dove celebriamo il Dio con noi perché si è fatto uomo. Della Pasqua, perché Gesù risorto ha promesso: Io sono con voi tutti i giorni fino alla fine del mondo. Un mistero che ogni volta si rinnova nell’eucaristia. Dunque è così che dobbiamo imparare a pregare l’Ave Maria. E’ chiaro che se un giorno si cambiassero le traduzioni dell’Ave Maria occorrerebbe cambiare anche 3000 canzoni alla Madonna, ma questo sarebbe il minore dei problemi, perché, quel che conta, e che poi è il messaggio che in toni un po’ scherzosi e provocatori volevo lanciare, non è tanto il cambiare alcune parole, ma che abbiamo a comprenderne tutta la portata, e che a cambiare, in meglio, si spera, siamo noi. A questo, del resto, serve la preghiera. Non a convincere il Signore per mezzo di Maria a fare qualcosa per noi. Ma ad accogliere la grazia del Signore per dargli la possibilità di essere lui ad agire in noi come accadde a Maria.