domenica 24 ottobre 2021

I DOMENICA DOPO LA DEDICAZIONE (ANNO B) 24/10/21

Vorrei suggerirvi alcuni pensieri che sono nati in me dall’ascolto di queste letture, rimandando poi all’incontro del lunedì sera una spiegazione più accurata di questi testi. Parto dal Vangelo. Mi colpisce che Gesù risorto, dopo aver rimproverato i suoi discepoli perchè erano increduli e duri di cuore, 

comanda loro di andare in tutto il mondo a proclamare il Vangelo. È bella questa cosa: anche noi tante volte siamo increduli, diciamo di aver poca fede, e facciamo diventare la nostra inadeguatezza una scusa per tirarci indietro su tante cose, e invece scopriamo che la fede che ha Dio nei nostri confronti è sempre maggiore di quella che noi abbiamo verso di lui e verso noi stessi. Non manda nel mondo ad annunciare il Vangelo persone perfette, quindi siamo in buona compagnia: non scoraggiamoci mai! Annunciare il Vangelo vuol dire proclamare la gioiosa notizia non che Dio è buono, ma è esclusivamente buono, e chiede solo di essere accolto, e va annunciato a tutti perché Dio vuole (come dice san Paolo nella seconda lettura) che tutti gli uomini siano salvati e giungano alla conoscenza della verità, nessuno escluso. Infatti, aggiunge: chi crederà e sarà battezzato sarà salvato, ma chi non crederà sarà condannato. Che non vuol dire che bisogna battezzare tutti gli uomini altrimenti si va all’inferno, ma vuol dire che se non si viene immersi nell’amore di Dio (questo vuol dire battesimo), e non si vive di questo amore riversandolo sugli altri (questo vuol dire credere), non siamo salvi, cioè continuiamo a vivere schiavi dei nostri egoismi che ci portano a fare il male e dalle nostre paure che generano angosce. E’ questo amore di un Dio che non è buono, ma esclusivamente buono e vuole la vita, non la morte, dei suoi figli, che i credenti devono annunciare, non con le parole, ma con le opere, e quali sono queste opere? Scacceranno i demoni. I demoni, a differenza di quello che normalmente si crede, non sono il diavolo o entità da film dell’orrore, ma nel linguaggio evangelico indicano quelle dottrine o ideologie che, quando vengono accolte dagli uomini, li possiedono rendendoli schiavi e ostili all’insegnamento di Gesù, pensiamo all’ideologia del credere che la gioia stia nell’apparire, nel successo, nell’avere, nel possedere, nel guadagnare, nel dominare, questi sono i demoni che i discepoli di Gesù dovrebbero cacciare vivendo i rapporti con gli altri secondo la logica di Gesù secondo cui la gioia sta da tutt’altra parte, nel dono di sé, nel servizio, nel prendersi cura degli altri, e così via. E infatti, prosegue Gesù, i suoi discepoli parleranno lingue nuove, cioè dovranno usare parole capaci di infondere speranza, non depressione, che edifichino, che benedicano, non che maledicano; potranno prendere in mano i serpenti che, col loro veleno, sono simbolo della morte, cioè dovranno annunciare al mondo che la morte non deve fare più paura perché Cristo ha vinto la morte e, con la morte, anche tutte le paure che insidiano e angosciano la nostra vita (questi sono i veleni che, dice Gesù, se venissero bevuti non recheranno danno); e infine dovranno imporre le mani ai malati, non perché, così facendo, questi guariranno (come dice il testo, ma la traduzione è sbagliata), ma perché siano sollevati dall’ansia, possano vivere la malattia con uno spirito nuovo. Questa è la fede che Dio ha in noi: lui crede che queste cose possiamo farle, se crediamo in lui, se accogliamo il suo amore. Un altro esempio concreto che indica la missione della Chiesa ce lo offre la pagina degli Atti degli Apostoli. Il Signore chiede al diacono Filippo di andare su una strada deserta, di mettersi a camminare, perchè qualcosa succederà, e infatti accade l’incontro inaspettato con un uomo. Anche qui non entro nei particolari, sottolineo solo che era uomo che si faceva domande, e Filippo si mette in ascolto e cammina con lui, poi alla fine quest’uomo chiederà il Battesimo. Ed è quello che il Papa sta chiedendo a tutta la Chiesa attraverso i lavori in preparazione al Sinodo universale che ha aperto ufficialmente due settimane fa, il lavoro che il nostro Vescovo vuole sia compiuto dai gruppi Barnaba che hanno ricevuto il mandato domenica scorsa: una Chiesa fatta da uomini e donne capaci di camminare insieme con gli altri uomini, con tutti, compagni dello stesso viaggio della vita, non per condannare, ma per ascoltare e trovare risposte agli affanni, alle angosce, alle speranze che albergano nel cuore di tutti. “Non possiamo tacere ciò che abbiamo visto e ascoltato”. Così dissero Pietro e Giovanni davanti ai capi religiosi di Gerusalemme che volevano impedire loro l’annuncio del Vangelo, e da questa frase il Papa ha preso spunto per il suo messaggio scritto in occasione di questa giornata missionaria mondiale che si celebra come ogni anno nella quarta domenica di ottobre. Alla luce delle letture di oggi, comprendiamo allora come essere missionari non vuol dire andare in giro a voler battezzare tutti, a fare proseliti come i Testimoni di Geova, a convincere i riottosi, a far tornare in chiesa chi non ci viene più. Ma vuol dire portare nel mondo la luce che ci ha avvolto, quello che abbiamo visto e udito. Perché se, al contrario, non dico tutti, ma almeno noi che siamo qui in chiesa non abbiamo visto e udito nulla, cioè non abbiamo fatto esperienza dell’amore del Signore che cambia in meglio la nostra esistenza, resteremo muti, cioè non riusciremo a fare nessuna di tutte queste cose. La missione non è un compito in più che ci è affidato, ma è la conseguenza di un’esperienza che abbiamo fatto e ci ha cambiato.