domenica 3 ottobre 2021

V DOMENICA DOPO IL MARTIRIO (ANNO B) 3/10/21

C’è una parola che compare in tutte le letture di questa domenica, la parola “Legge”. Partiamo dalla prima lettura, presa dal capitolo 6 del libro del Deuteronomio (tra parentesi, “deuteronomio” significa “seconda legge”, perchè questo libro contiene la ripetizione delle leggi già presenti nel libro 

dell’Esodo). Nel brano di oggi c’è Mosè che esorta gli israeliti ad ascoltare e mettere in pratica le leggi del Signore, e spiega anche il perchè: perchè voi siate felici. Che poi è la stessa cosa che dice anche il salmo 118 col quale abbiamo pregato: chi cammina nella legge del Signore è beato. Ma qual è il cuore della legge di Dio, che riassume tutti i suoi comandamenti? Lo dice a chiare lettere un dottore della Legge, cioè uno scriba, un esperto, un teologo, davanti a Gesù, come abbiamo letto nel vangelo, e lo dice citando proprio le parole della prima lettura che sono il “credo” di Israele: “Amerai il Signore tuo Dio con tutto il cuore, l’anima, le forze, la mente”. Però aggiunge un precetto presente nel libro del Levitico: “E amerai il tuo prossimo come te stesso”. E Gesù gli dice: bravo, fai così e avrai la vita eterna, cioè avrai dentro di te la stessa vita di Dio. Dunque, amare Dio e amare il prossimo è il cuore della Legge di Dio. Però, vi faccio notare che questa legge divina prevede che a Dio spetti un amore assoluto (con tutto il cuore, l’anima, le forze, la mente), mentre al prossimo un amore relativo, come se stessi. Che non è poco (come se stessi), ma è di meno, cioè sembra che Dio bisogna amarlo più degli altri, più di tutti. Tanto è vero che, quando uno fa il suo esame di coscienza, di solito pensa quali sono stati i peccati commessi contro Dio e quelli commessi contro il prossimo, e di solito si dà più importanza a quelli contro Dio (ho pregato poco, non sono andato a Messa) che a quelli contro il prossimo (ho fatto del male, ho fatto soffrire qualcuno). Detto questo, imparare ad amare il prossimo come se stessi, ce lo spiegano anche gli psicologi, è un primo passo irrinunciabile per poter amare qualcuno, perché se io non amo me stesso, se non sono in pace con me stesso, poi non riesco nemmeno ad amare il prossimo. Però san Paolo, nel brano della lettera ai Romani, dice che tutta la Legge di Dio non si riassume nell’amare Dio in modo assoluto e il prossimo un po’ di meno, ma solo nell’amare il prossimo come se stessi. E allora come stanno le cose? E’ più importante l’amore verso Dio o verso il prossimo? La risposta possiamo trovarla nel vangelo di oggi. Quando il dottore della Legge chiede a Gesù: chi è il mio prossimo?, Gesù racconta la parabola del samaritano per fargli capire che il prossimo non è la persona che va amata, ma sono io che devo amare qualunque persona abbia davanti a me con la stessa compassione di Dio. Tanto è vero che, nel vangelo di Giovanni, Gesù dirà che i comandamenti, le leggi di Dio, non sono 10, e non si riassumono nell’amare Dio in modo assoluto e il prossimo come se stessi, ma che la legge di Dio è una sola: amatevi gli uni gli altri come io ho amato voi, cioè con lo stesso amore di Dio. In altre parole, con Gesù non c’è più distinzione tra l’amore per Dio e quello per il prossimo, perciò nemmeno i peccati vanno distinti tra quelli contro Dio e quelli contro il prossimo, ma Dio lo si ama solo in un modo, facendosi prossimi agli altri con lo stesso amore di Dio. Dunque, Dio non è più un legislatore a cui obbedire e da amare in modo assoluto, ma è un Padre a cui assomigliare nell’amore. Questa è l’unica legge di Dio. Chi cammina secondo questa legge è beato. Beati noi se riusciamo a capire questa cosa e a viverla ogni giorno.