domenica 28 novembre 2021

III DI AVVENTO (ANNO C) 18/11/21

Quando gli ebrei erano schiavi e in esilio a Babilonia, il profeta Isaia, lo abbiamo ascoltato nella lettura, pensava che Dio avrebbe salvato il suo popolo attraverso Ciro, re dei Persiani. Isaia pensava che Ciro fosse il Cristo mandato da Dio. In effetti, grazie a Ciro e ai persiani, gli ebrei tornarono in patria, 

peccato che poi Israele venne conquistato dai greci e poi, ai tempi di Gesù, dai romani, Gerusalemme fu distrutta e ancora oggi è teatro e ombelico del mondo di tutte le guerre del pianeta. Dunque, non era Ciro il salvatore del mondo, o almeno della patria. Secoli dopo, sotto la dominazione romana, arriva Gesù, e Giovanni Battista aveva scommesso su di lui, indicando a tutti Gesù come il Messia, il Cristo, il rappresentante di Dio che avrebbe rimesso le cose a posto, che avrebbe fatto finalmente giustizia, che avrebbe realizzato le promesse di salvezza di Dio. Il Battista ci vide molto meglio di Isaia, a tal punto che san Paolo, lo abbiamo ascoltato nel brano ai Romani, dice a chiare lettere: tutte le promesse di Dio si sono adempiute con Gesù, e non riesce a darsi pace perché proprio il suo popolo abbia invece rifiutato Gesù, non l’abbia riconosciuto come il Cristo mandato da Dio, a tal punto da dire una cosa molto paradossale: sarei disposto addirittura a separarmi io da Cristo se questo servisse per la conversione di Israele. Anche noi che siamo qui, altrimenti non saremmo qui, crediamo la stessa cosa, ma ci ritroviamo con lo stesso problema che aveva Giovanni Battista e che lo mandò in crisi. Giovanni si accorse che Gesù, invece di fare il giustiziere e di liberarlo dal carcere dove era finito, parlava di mitezza e di perdono, e così andò in crisi, e mandò i suoi discepoli a chiedere a Gesù: ma sei davvero tu colui che viene o dobbiamo aspettarne un altro? E Gesù gli mandò a dire: “Andate e riferite a Giovanni: i ciechi riacquistano la vista, gli zoppi camminano, i lebbrosi sono purificati, i sordi odono, i morti risuscitano, ai poveri è annunciata la buona notizia”. Noi non sappiamo se Giovanni comprese o meno questa risposta. Certamente si sarà detto: mi fa piacere, ma intanto io continuo a restare in carcere, e di lì a poco venne decapitato. Ma anche per noi è la stessa cosa, perché sarà anche vero che Gesù ha guarito ciechi, zoppi, lebbrosi, sordi, fatto risorgere qualche morto ed essersi messo a fianco dei poveri, ma è altrettanto vero che nel corso della storia, e nella nostra storia personale, questi miracoli non li vediamo, i poveri continuano ad essere poveri, i malati spesso non guariscono, i morti per Covid o per altre malattie non risorgono. Nonostante la venuta di Gesù, nulla è cambiato, ci ritroviamo immersi in sempre vecchie e sempre nuove tragedie, continuiamo a soffrire e a morire, e spesso non sappiamo più a quale santo rivolgerci, e così molte volte le preghiere degli uomini si trasformano in bestemmie e nel grido: Signore, guarda giù! Signore, vieni, non tardare!, che poi è la preghiera ricorrente dell’Avvento. E siamo qui anche noi a chiederci, come Giovanni: ma sei tu quello che deve venire o dobbiamo aspettarne un altro? Se Gesù è venuto per adempiere, realizzare tutte le promesse di Dio, come recita infatti il titolo che la liturgia dà a questa terza domenica di Avvento, o non è vero e dobbiamo aspettarne un altro, oppure non dobbiamo smettere di guardare a fondo l’opera e le parole di Cristo per capire chi è davvero Dio, quali sono le sue promesse, cos’è la salvezza. A tutti quelli che dicono di essere atei, di non credere in Dio o di essere in crisi di fede, ma anche a quelli che non lo sono, io dico sempre: ma quando tu parli di Dio cosa intendi, chi è Dio? Perché, vedete, la cosa è molto semplice: se Dio è quello che, come pensavano Isaia e Giovanni Battista, che ci salva dai nostri problemi, dalle malattie, dalle tragedie, dalla morte, che lo invochiamo perché venga a risolverci i problemi o a fare lui quello che non vogliamo fare noi, allora vado in crisi anch’io e divento ateo anch’io, perché questo Dio davvero non c’è o, se c’è, dorme, e di un Dio così non ce ne facciamo niente. In realtà, per Gesù, cieco è chi non vede le cose con gli occhi di Dio; zoppo è chi non cammina nelle sue vie; lebbroso è chi si sente escluso e indegno dell’amore di Dio; sordo è chi non ascolta la sua Parola; morto è chi vive senza il suo Spirito. Gesù ha fatto vedere che Dio realizza le sue promesse, ma non come intendiamo noi. Ha fatto vedere che Dio viene sempre infondendo il suo Spirito in tutti coloro che lo accolgono, Spirito che dona energia, vita, forza; Spirito che dona la capacità di amare e di compiere il bene in mezzo al male; Spirito che infonde pace e speranza di fronte alla malattia o alla morte perché ci ha mostrato che il nostro destino non è il cimitero; Spirito che non ci fa più essere ciechi, zoppi, lebbrosi, sordi e morti. Dio interviene non cambiando le cose che non funzionano o risolvendoci lui i problemi, ma cambiando noi, il nostro modo di vedere e di affrontare le cose. Finchè non si capisce questa cosa, staremo qui tutta la vita ad attendere qualcun altro e ad arrabbiarci inutilmente con un dio che non esiste. L’Avvento dunque è il tempo che la Chiesa ci dona per comprendere chi è davvero il Dio nel quale diciamo di credere e dunque in che modo Dio viene e interviene.