mercoledì 8 dicembre 2021

IV DI AVVENTO (ANNO C) 5/12/21

E’ molto intrigante il titolo che la liturgia ambrosiana dà a questa quarta domenica di Avvento: l’ingresso del Messia. Messia è un termine ebraico che in greco si traduce Cristo. Cristo non è il cognome di Gesù. Cristo indica il modo col quale Dio entra, viene, fa il suo ingresso nella storia del 

mondo, dell’umanità e di quella di ciascuno di noi. Gesù noi lo chiamiamo Cristo perché ci ha fatto vedere in che modo Dio è sempre venuto, continua a venire e verrà e, soprattutto, cosa fa Dio quando viene, quando fa il suo ingresso nel mondo. Gesù ci ha fatto vedere che Dio entra nel mondo col suo Spirito che dà vita a tutte le cose, come germogli che devono crescere. “Il germoglio del Signore crescerà in onore e gloria”, diceva il profeta Isaia. Questo germoglio, man mano che crescendo produce il suo frutto, diventa come Dio, gli rassomiglia, diventa figlio. Per questo Gesù chiamava Dio col nome di Padre, perché gli rassomigliava così tanto da essere il suo Cristo, la sua manifestazione, tanto da dire: “chi vede me vede il Padre”. Ma anche noi, man mano che accogliamo lo Spirito santo e lo seguiamo con gli stessi sentimenti e le stesse opere d’amore di Gesù, permettiamo a Dio di entrare dentro di noi, di trasformarci, di diventare figli come Gesù, degli altri cristi, e quindi di diventare come Dio. L’ingresso di Dio nel mondo la notte di Natale con la nascita di Gesù ci ha fatto vedere che Dio vuole prendere carne in ciascuno di noi. L’ingresso del Messia a Gerusalemme raccontato oggi dal vangelo è il preludio della sua passione, morte e risurrezione, e questo ingresso ci ha fatto vedere che il destino di ogni uomo che pian piano si trasforma, come il germoglio, diventando “cristo” come Gesù percorrendo la sua strada, è un destino di onore e gloria, come diceva il profeta. Per questo l’autore della lettera agli Ebrei, lo abbiamo letto, diceva che Dio ha sottomesso a Gesù tutte le cose, perché tutto il mondo possa diventare “cristo”, come Gesù, cioè diventare una cosa sola con Dio, perché tutti, dice la lettera agli Ebrei, veniamo da una stessa origine: per questo Gesù non si vergogna a chiamarci suoi fratelli. Noi viviamo nell’attesa del ritorno di Gesù, della sua venuta nella gloria per giudicare i vivi e i morti, quindi siamo sempre in avvento, perché tutto il mondo e ciascuno di noi vive nell’attesa di questa venuta. E cos’è questa venuta? È appunto quando questa trasformazione sarà completa, e Dio sarà tutto in tutti perché tutto il mondo sarà diventato come Cristo. E cos’è il giudizio? È Dio che con la sua forza spazza via e distrugge tutto ciò che non è amore, che è male, che non ci fa diventare degli altri cristi. Spesso, vedendo il male che gli uomini fanno da sempre, e i disastri di ogni tipo che accadono nel mondo, anche questi da sempre, abbiamo la tentazione di disperare e di esclamare: ma dove andremo a finire? Ecco la risposta impegnativa, ma consolante che ci offre la liturgia di oggi: tutto andrà a finire nelle braccia del Padre che tratterrà solo il bene, per cui tutto passerà, ma anche le più piccole briciole di bene compiute consentiranno, a chi le ha seminate, di non finire mai.