lunedì 27 dicembre 2021

SANTO STEFANO (domenica 16/12/21)

Siamo nel secondo giorno dell’ottava di Natale. Il primo era ieri, Natale, e l’ultimo, l’ottavo, è il 1 gennaio. Come c’è l’ottava di Natale c’è anche l’ottava di Pasqua. L'ottava di una grande festa ha il significato di prolungare la festa stessa, quindi il Natale prosegue fino all’1 gennaio. Perché 8 giorni? 

Perché il numero 8 è il simbolo della risurrezione, dell’eternità. Per questo la domenica per noi cristiani è l’ottavo giorno, quello che non c’è, perché la settimana è fatta di sette giorni: è il giorno in cui, celebrando l’eucaristia, viviamo un anticipo di eternità, il Signore risorto e vivo si rende presente con la sua Parola, nel pane, nel vino, nella sua comunità che si riunisce. Ma il significato dell’ottava di una festa, del fatto che il Natale duri otto giorni, è esistenziale: indica che la nascita di Cristo non è un evento del passato, ma qualcosa che deve concretizzarsi nel corso della nostra esistenza. L’uomo è creato il sesto giorno, muore il settimo e risorge nell’ottavo. Come per dire: i giorni della nostra vita sono 6. In questi sei giorni dobbiamo nascere nuove creature a immagine di Gesù, dobbiamo vivere la nostra umanità come l’ha vissuta Gesù, dobbiamo permettere alla Parola di Dio, al suo Spirito, ai sacramenti di trasformarci, di farci diventare uomini e donne come Gesù. Così facendo, la morte nel settimo giorno sarà solo del corpo, mentre per il nostro spirito diventa un nuovo natale, una nuova nascita che ci conduce nell’ottavo giorno, dove la nostra cristogenesi (mi piace chiamarla così), cioè la nostra trasformazione in Cristo, si sarà completata. E questo dipende da noi, da come usiamo la nostra libertà, da quale modello di uomo ci lasciamo ispirare, quale modello di uomo vogliamo raggiungere, se davvero vogliamo diventare uomini e donne come Cristo oppure no. Non per essere pessimisti, anche perché ognuno deve guardare a sé stesso, ma vedendo come vanno le cose, a me pare che questa cura della vita interiore sia spesso inversamente proporzionale a quella che si ha per tutto il resto. La prova della pandemia lo ha evidenziato molto bene: la paura di morire ha fatto sbarellare un po’ tutti, portando ad occuparci esclusivamente della vita biologica che comunque è destinata prima o poi a finire, dimenticando che in noi è impressa la vita stessa di Dio destinata all’ottavo giorno, altrimenti si vive come zombie. Non basta essere vivi, occorre anche essere vitali, sprigionare vita. Non basta vedere una luce in fondo a questo lungo tunnel, che purtroppo a volte sembra allontanarsi, e sperare di uscirne presto, ma occorre ricordare che Gesù ha detto ai suoi discepoli che siamo noi la luce nelle tenebre. E non potrebbe esserci festa più appropriata di santo Stefano per farcelo capire. Guardate cosa dice l’antifona allo spezzare del pane: “Ieri il Signore è nato sulla terra, perché Stefano nascesse nel cielo. Ieri il nostro re si è degnato di visitare il mondo, perché Stefano entrasse nella gloria”. La vita e la morte di Stefano, come è descritta nella lunga lettura del libro degli Atti degli Apostoli è la dimostrazione di come Stefano, proprio in mezzo alle prove, si sia invece trasformato in un altro Cristo, vivendo come lui e morendo come lui, entrando così nell’ottavo giorno. Che sia così anche per noi.