domenica 2 gennaio 2022

1/01/22 CIRCONCISIONE DEL SIGNORE

L’inizio e la fine del nuovo anno civile coincidono, nella nostra tradizione ambrosiana, con la solennità della circoncisione di Gesù perché, come si legge nel vangelo, Gesù fu circonciso otto giorni dopo la sua nascita, com’era usanza presso gli ebrei, e il 1° gennaio è l’ultimo giorno dell’ottava di Natale. Nel

rito romano, invece, oggi è la solennità della maternità di Maria che noi abbiamo anticipato la domenica prima di Natale. Ma, al di là di queste precisazioni liturgiche, capire il significato della circoncisione di Gesù non è certamente tra i pensieri e i sentimenti prioritari che albergano nei cuori e nelle menti in giornate come queste. L’uomo laico, l’uomo senza Dio, vive questi giorni ripensando all’anno trascorso, guarda tutte le sue brutture, le butta giù dalla finestra, consulta qualche oroscopo, spera, si augura e augura agli altri che le cose vadano meglio, fa qualche proposito di miglioramento, poi c’è chi è particolarmente pessimista o fatalista che preferisce non illudersi, dicendo che, per quanti auguri possiamo fare, poi tutto dipende dalla fortuna o dalla sfortuna. L’uomo religioso, tutto sommato, ragiona allo stesso modo dell’uomo laico, con la differenza che da un lato ringrazia Dio per i benefici ricevuti (ma se non li ha ricevuti invece si arrabbia) e dall’altro lo invoca perché gli dia una mano per andare avanti in meglio, come testimoniano le parole della prima lettura e del salmo che abbiamo ascoltato, dove si prega Dio che faccia risplendere il suo volto concedendo la sua benedizione, la sua custodia, la sua pace. Ma, alla fine, sia l’uomo religioso sia l’uomo laico si ritrovano sulla stessa barca, con gli stessi problemi, spesso pesanti, ed è più facile che sia l’uomo religioso ad andare in crisi quando vede che, nonostante le sue preghiere, Dio non è intervenuto. Quando gli uomini pensano a Dio, lo pensano come onnipotente, quello che può fare tutto quello che vuole, e infatti le persone religiose pregano Dio chiedendogli le cose che noi non abbiamo il potere di fare, o che spesso non abbiamo voglia di fare, usando Dio come un tappabuchi per nascondere il nostro egoismo, come quando all’inizio dell’anno lo si prega per la pace nel mondo e poi uno vive in perenne stato di guerra con parenti, vicini e colleghi di lavoro, oppure, davanti al cotechino e alle lenticchie che portano soldi e fortuna, si chiede al Signore di provvedere lui a dar da mangiare a chi non ha da mangiare. Le persone laiche, vedendo che Dio non fa niente e non interviene, o smettono di credere in lui o più semplicemente ritengono che Dio, se c’è, sia inutile perché non fa il suo lavoro. Il guaio è quando anche il cristiano ragiona come qualunque altro uomo religioso, perché vuol dire che non ha capito che Gesù ci ha fatto vedere che Dio non niente di tutto questo, e se comprendessimo fino in fondo il significato del Natale, il modo di pensare Dio e di rivolgerci a lui, da parte di credenti e non credenti, cambierebbe totalmente, e non staremmo qui a farci auguri formali di buon anno che non sono cristiani, perché ripeterci vicendevolmente speriamo che il prossimo anno sia migliore di quello passato e che Dio ce la mandi buona non è un pensiero cristiano. Se il Natale è solo il ricordo della nascita di Gesù spiegato ai bambini come se fosse il giorno del suo compleanno, il Natale e tutto il cristianesimo serve a niente, perché già il Natale, per non parlare della Pasqua, ci fa vedere che Dio ce l’ha già mandata buona, eccome. Il Natale di Gesù ci dice che Dio si è fatto carne, ha preso la nostra carne umana, con tutte le sue debolezze, non si è fatto un super uomo. Con Gesù, Dio non è più da cercare, è il Dio con noi: chi cerca Dio non lo trova mai, ma cerca l’immagine che ha di Dio, ed è pericoloso, perché chi cerca Dio si separa dagli altri perché è talmente preso dal cercarlo che ignora gli altri. Il Natale ci rivela che Dio è da accogliere, che non si deve vivere per Dio, ma di Dio, e con lui e come lui occorre andare verso gli altri, cioè fare quello che ha fatto Gesù. Tanto più siamo umani, tanto più si manifesta il divino che è in noi. Dio viene non quando eleviamo le mani al cielo, ma quando ci mettiamo a servire i fratelli anche nei servizi più disagevoli, perché Gesù ha rivelato che Dio è Padre, noi siamo figli e gli altri sono nostri fratelli. si rivela. Scrive san Paolo nel brano ai Filippesi che abbiamo ascoltato che, in Gesù, Dio si è svuotato di sé stesso rendendosi presente in modo umano e nella forma di servo, di schiavo. E uno schiavo, fino a prova contraria, è tutto il contrario di quell’immagine di potenza che noi attribuiamo a Dio. Gesù, ce lo ricorda sempre Papa Francesco, non è venuto a portare gli uomini a Dio, perché qualcuno rimarrebbe indietro o escluso, ma è venuto a portare Dio agli uomini, non con una teoria, ma con una carezza, un gesto universale che tutti possano comprendere. Più diventiamo umani, più incarniamo il divino, Dio si incarna in noi e noi diventiamo divini. Gesù è Dio perché è diventato pienamente umano. La sua circoncisione lo dimostra: Gesù era un uomo come tutti, non faceva finta di essere un uomo, era un ebreo del suo tempo, inserito nelle tradizioni del suo popolo. Noi non dobbiamo essere la sua fotocopia, perché ogni uomo e ogni donna vivono in tempi e luoghi molto diversi, altrimenti anche noi cristiani dovremmo essere circoncisi, ma dobbiamo, questo si, lo dice bene sempre san Paolo nel brano di oggi, avere i suoi stessi sentimenti e tradurre il suo amore e la sua compassione là dove ci troviamo. Dobbiamo diventare noi i migliori auguri di buon anno per gli altri, diventando noi carne di Dio nel modo di vivere le nostre relazioni, perché chi ci vede possa vedere l’amore di Dio.