domenica 30 gennaio 2022

30/01/22 FESTA DELLA SANTA FAMIGLIA DI NAZARET

La prima lettura che ci propone la liturgia in questa festa della famiglia parla di Mosè, definendolo un uomo fedele e mansueto a cui Dio fece udire la sua voce. Subito dopo, nel salmo, si dice che l’uomo che teme il Signore è beato, misericordioso, pietoso e giusto, e poi, vista la scelta del vangelo, vediamo 

come queste caratteristiche si possono applicare a Giuseppe, lo sposo di Maria. È molto bella questa cosa: vuol dire che la presenza di Dio, la sua voce, come accade a Giuseppe, la percepisce chi ha il cuore sgombro dal male, e questa presenza, a sua volta, potenzia la capacità di fare il bene e genera pace in mezzo alle avversità e la forza di agire. Quando invece siamo su tutte le furie, agitati, animati da sentimenti di rabbia o di angoscia che ci portano a fare il male, è molto difficile avvertire questa presenza, un po’ come quando il mare è in tempesta e non si riesce a vedere il fondo, un po’ come le nuvole quando nascondono il sole: il sole c’è, solo che non lo vediamo. A fronte delle avversità, siamo soliti dire: passeranno! Intanto però, mentre aspettiamo che passino, viviamo male, perché dimentichiamo che il sole c’è, che Dio non smette di essere presente. Ci può essere un’altra soluzione, e la pagina di vangelo, se la leggiamo in chiave simbolica, ci dà alcuni suggerimenti interessanti. Giuseppe era molto agitato, pieno di paura, perché c’era Erode che voleva uccidere Gesù. Dio gli appare in sogno e gli dice cosa deve fare: prima gli aveva detto di scappare in Egitto, e poi, morto Erode, di tornare in Israele e di andare a Nazaret, portando con sé Maria e Gesù. L’Egitto era il paese in cui gli ebrei erano stati schiavi, gli egiziani erano nemici di Israele, e Nazaret era un paesino insignificante, non era certo la Costa Smeralda. L’Egitto rappresenta le nostre paure e Nazaret la nostra vita quotidiana, fatta di alti e bassi. Vuol dire che per vincere Erode e il nostro Egitto, cioè le nostre paure che ci fanno essere angosciati, rabbiosi e che ci fanno poi vivere male, non dobbiamo rifugiarci con la mente in paradisi che non ci sono, ma rientrare in noi stessi, accogliere le nostre paure e angosce e riuscire a creare quella calma interiore che ci permette di rivedere il sole, di sentire la presenza di Dio che dice anche a noi, come a Giuseppe: “àlzati”, risorgi. Uso il plurale, perché queste cose Giuseppe le fa insieme a Maria e a Gesù, alla sua famiglia, non le fa da solo. Le nostre famiglie, soprattutto in questo tempo di pandemia, sono molto provate, sembra che Dio non parli, appunto perché siamo tutti come un mare in tempesta. Bisogna far calmare questa tempesta. In occasione della Festa della Famiglia, sentite cosa ha detto Papa Francesco: “Dio non ci ha creati per essere condottieri solitari, ma per camminare insieme. Dio ci pensa e ci vuole insieme. Nel Vangelo vediamo che anche nella Santa Famiglia non va tutto bene: ci sono problemi inattesi, angosce, sofferenze. Non esiste la Santa Famiglia delle immaginette. Così anche per noi: ogni giorno, in famiglia, bisogna imparare ad ascoltarsi e capirsi, a camminare insieme, ad affrontare conflitti e difficoltà. È la sfida quotidiana, e si vince con il giusto atteggiamento, con le piccole attenzioni, con gesti semplici, curando i dettagli delle nostre relazioni. È pericoloso quando, invece di ascoltarsi, si rinfacciano gli sbagli; quando, anziché avere gesti di cura per gli altri, ci si fissa solo sui propri bisogni; quando, invece di dialogare, ci si isola con il telefonino – è triste vedere a pranzo una famiglia, ognuno che parla col suo telefonino invece che con i suoi familiari; quando ci si accusa a vicenda, ripetendo sempre le solite frasi, inscenando una commedia già vista dove ognuno vuole aver ragione e alla fine cala un freddo silenzio, altrimenti, il giorno dopo, ci sarà una guerra fredda, pericolosa, fatta di rimproveri e risentimenti che lacerano l’armonia e uccidono una famiglia”. E il Papa suggerisce, come rimedio, quello di non andare mai a dormire senza aver fatto la pace, mettendosi a pregare insieme. Pregare serve per far calmare le acque, per permettere finalmente a Dio di dire la sua. Ognuno preghi come vuole, ma per me la preghiera non è mettersi insieme a dire le preghiere, ma avere il coraggio, se non ogni giorno, certamente nei momenti più difficili, prima che qualcuno in casa esploda, di fermarsi tutti. Ci vuole che almeno un familiare abbia il coraggio di dire: fermi tutti, nessuno dica più nulla, venite tutti qui, lasciate stare compiti, telefonino, computer, pulizie, far da mangiare, e mettiamoci tutti in silenzio e respiriamo con calma, entriamo nel nostro Egitto, nelle nostre paure, nei nostri problemi, buttiamoli fuori, per sentire la presenza di Dio dentro di noi che ci fa rialzare, risorgere. Poi il resto verrà da sé. Altrimenti non saranno il Covid e tutti gli altri problemi a distruggerci, ma l’Erode e l’Egitto che sono dentro di noi. Non servono tranquillanti o terapie, eccitanti o ideologie, ma ci vuole un’altra vita, cantava Battiato in una sua canzone, e voleva dire non che dobbiamo trasferirci su un’isola deserta sperando che le cose vadano meglio, ma che occorre imparare proprio ad affrontare le cose in un modo diverso, e quello di cui ho parlato è un suggerimento secondo me molto valido per tutti, ma bisogna avere il coraggio di farlo. Ne va della qualità della nostra vita familiare, perché essere e restare negativi al Covid è cosa bella e buona, ma non può essere l’unico obiettivo, perché non basta sopravvivere, ma occorre diventare tutti positivi in riferimento al modo di vivere la nostra esistenza.